Appalti

Lavori all'estero, il fatturato sale a 12 miliardi (+14,5%): «Forti nei paesi forti»

di Alessandro Arona

In undici anni, dal 2004 al 2015, il fatturato all'estero delle imprese di costruzione italiane si è moltiplicato per quattro, da 3,1 a 12 miliardi di euro. Nel frattempo i ricavi in Italia sono scesi di un quarto (-24%), da 6,8 a 5,1 miliardi. La quota estera è dunque salita dal 31 al 70% del totale.

E il trend ha subito un'accelerazione nel 2015: +14,5% il fatturato estero (la crescita più forte dal 2007) e -12,2% quello in Italia (calo record del decennio).

I dati emergono dal Rapporto Ance 2016 sulla presenza delle imprese italiane di costruzione nel mondo (su dati 2015), presentato ieri a Roma, alla Farnesina, alla presenza del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e degli ambasciatori in Italia di paesi di tutto il mondo. Il rapporto non fotografa tutto l'universo delle imprese di costruzione in Italia, ma solo il campione "al top" delle 38 imprese più attive sui mercati esteri. «È chiaro – spiega Giandomenico Ghella, presidente del Comitato lavori all’estero dell’Ance – che i numeri li fanno soprattutto le maggiori imprese; ma sono moltissime anche quelle medie e piccole che hanno imboccato la via dell'internazionalizzazione, e lo vedremo ancora di più nei prossimi anni».

Alla fine del 2015 le imprese italiane di costruzione erano titolari di 627 contratti per un valore di oltre 87 miliardi di euro (+13 miliardi rispetto al 2014) e un portafoglio lavori di 46,5 miliardi. Sempre nel 2015, sono state 231 le nuove commesse, per un importo di 17,2 miliardi di euro.

In questi nuovi contratti il 55% del valore si colloca nell'Europa Ue (24%), Europea extra Ue (24%) e Nord America (7,6%), accelerando un riposizionamento geografico dai Paesi in via di sviluppo, nei quali fino a dieci anni si concentrava la presenza italiana, verso paesi dell'Ocse. Contratti importanti, nel 2015, in Francia (2,3 miliardi), Norvegia (1,3), Russia (1,3), Polonia (910 milioni), Georgia (512), oltre ai 3,1 miliardi in Qatar, dove la concorrenza internazionale è fortissima. «Questo dimostra - commenta l'Ance - l'aumento della competitività e della solidità delle imprese italiane».

«Uno degli elementi - ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni - che fa apprezzare le nostre imprese di costruzione all'estero è che non si presentano con pacchetti "chiavi in mano" e poi scompaiono, ma al contrario sanno valorizzare il personale e le imprese locali, facendo crescere così anche il loro know how, lasciando traccia dopo che il lavoro è finito».

Nonostante questo, comunque (il “far lavorare i locali”), secondo una ricerca Cresme il contributo dell'attività estera delle costruzioni sul Pil italiano è significativo: nel 2014, i 10,94 miliardi fatturati all'estero dalle imprese italiane hanno generato un impatto diretto sul nostro prodotto nazionale di 3,8 miliardi; la ricaduta complessiva, invece, oscillerebbe intorno allo 0,7-0,8%.

«L'Africa - ha aggiunto Gentiloni - sarà sempre più la priorità dell'Italia in politica estera, e in Africa c'è una domanda di infrastrutture "spettacolare"».

Un'ulteriore spinta ai lavori dei grandi costruttori all'estero potrebbe venire dal piano industriale 2017-2026 delle ferrovie. L'Ad Renato Mazzoncini, nei giorni scorsi, ha spiegato che sempre più, dopo il caso Iran, Fs (insieme ad Anas) punterà ad incarichi di general contractor per progettare e realizzare grandi opere, affidando poi a imprese italiane i lavori.

A guidare la lista dei "campioni dei lavori all'estero" è Salini Impregilo, con 4.028 milioni di fatturato fuori confine nel 2015 (l'85% del totale), seguito da Astaldi (2.357 milioni, 82,5%), Condotte (772 mln, 58%), Bonatti (729,7 mln, 78%), Cmc Ravenna (612,2 mln, 52%), Rizzani (546,3 mln, 82%), Trevi (536,7 mln, 89%), Ghella (474 mln, 66%), Sicim (327,3 mln, 99%), Icm (294,2 mln, 61%).

Il rapporto Ance 2016 sulle imprese di costruzione italiane nel mondo

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