Appalti

Consiglio di Stato/2. Gare di servizi, per dimostrare i requisiti non basta esibire le vecchie fatture

di Francesco Clemente

In caso di appalti di servizi e forniture, i requisiti di capacità tecnica ed economica non possono essere dimostrati con le fatture dei servizi svolti in passato , ma occorre presentare le certificazioni di avvenuta esecuzione che le stazioni appaltanti inseriscono direttamente nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici, a maggior ragione se è espressamente richiesto dal bando di gara. Il Consiglio di Stato – sentenza n. 3859/2016, Quinta sezione, 13 settembre – afferma l’inderogabilità del Dl 5/2012 di “semplificazione” degli appalti pubblici, quindi il divieto per gli operatori economici di utilizzare le sole fatture di esecuzione dei servizi prestati per le pubbliche amministrazioni anche dopo il 1° luglio 2014 - data di entrata in vigore della banca dati (comma 1, articolo 6-bis, Dlgs 163/2006) -, come concesso in via transitoria dall’allora Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (determina 111/2012).

In questo caso i giudici amministrativi hanno bocciato il ricorso di un Comune che, in una gara per l’affidamento quadriennale di un servizio di assistenza su scuolabus, aveva ritenuto legittimo concedere ad un’impresa, poi risultata aggiudicataria, la possibilità di presentare una documentazione alternativa nella fase di controllo sul possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa - articolo 48, Codice appalti – nonostante nel bando di gara (dicembre 2015) avesse ammesso soltanto l’uso delle certificazioni.

Il collegio, in linea con l’Adunanza plenaria (sentenza n. 9/2014), ha ribadito che «non è consentito all’amministrazione disapplicare le norme del bando di gara», cioè un «vincolo» che essa stessa si è data per gli affidamenti, e che per la stessa ragione «nemmeno la concorrente può sottrarsi alle norme di lex specialis, quand’anche richiesta in tal senso dalla stazione appaltante, perché l’effetto disapplicativo di norme regolanti la procedura di gara si realizzerebbe comunque».

I citati indirizzi dell’Autorità nazionale anticorruzione, spiega la sentenza, avevano in realtà riconosciuto agli operatori solo una «facoltà…in via transitoria» per la fase di avvio del sistema informatico “Avcpass”, per cui, anche in questo caso, il Comune avrebbe dovuto attenersi alla «prescrizione puntuale» fissata nel bando e «senza consentire alternative»: i concorrenti sorteggiati in fase di controllo avrebbero dovuto cioè fornire – entro i 10 giorni imposti dalla normativa – esclusivamente la richiesta «certificazione rilasciata dai committenti con indicazione di periodi ed importi di svolgimento dei servizi».

La sentenza precisa che quando, come accaduto nel caso in esame, la prova di questi requisiti non è data con «l’unico mezzo per essi previsto», l’esclusione dell’impresa - con incasso della cauzione provvisoria e segnalazione all’Anac – è «l'unica conseguenza applicabile» poiché l’ormai riconosciuta perentorietà del termine concesso per rispondere alla richiesta della stazione appaltante non ammette “sanatorie”. Al contrario, infatti, la prova tardiva violerebbe «il canone generale della par condicio tra i concorrenti».

La sentenza del Consiglio di Stato

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©