Appalti

Casa Italia/2. Ecco il primo banco di prova: progetti per 12 miliardi da «mettere a sistema»

di Massimo Frontera e Giuseppe Latour

Vale circa 12 miliardi il banco di prova del piano Casa Italia, sul quale già martedì ci sarà un primo incontro a Palazzo Chigi con il neonominato project manager, Giovanni Azzone, e il coordinamento del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti. Incontro al quale sono stati invitati solo soggetti istituzionali e del mondo scientifico e accademico. Casa Italia, come ha spiegato ieri su questo giornale Giovanni Azzone, è limitato a quattro ambiti prioritari. Questo significa che il lavoro del rettore del Politecnico e della sua squadra partirà dalle risorse già confluite su quatto ambiti: dissesto idrogeologico (5 miliardi), scuole (5 miliardi), cultura (un miliardo) e periferie (700 milioni). Un budget consistente - che include tutti gli stanziamenti ereditati dal passato, a diversi livelli di attuazione, e nuovi investimenti non ancora effettivamente spesi. Un programma in divenire, il cui ultimo risultato si registra sul fronte del dissesto idrogeologico, con lo sblocco di un fondo di 100 milioni per progettare gli interventi gestiti dalla struttura di Palazzo Chigi guidata da Mauro Grassi. In questo conto, manca la prevenzione sismica, sulla quale il governo ha confermato la volontà di investire risorse consistenti e in modo continuativo. Peraltro, all'indomani del terremoto che ha raso al suolo alcuni centri sull'Appennino, questo giornale ha chiesto di investire risorse importanti in un grande piano di sicurezza e tutela del territorio: almeno 4 miliardi all'anno per vent'anni.Una valutazione sul budget necessario alla sola messa in sicurezza statica dei casi più urgenti - senza però lasciare da parte l'esigenza non meno importante di proseguire sulla strada dell'efficientamento energetico - potrà arrivare solo nei prossimi giorni. Il lavoro da fare - non poco complesso - è di incrociare i dati sul numero degli edifici esistenti (utilizzando il nuovo metodo di classificazione allo studio del Mit), sull'età del patrimonio e sulla localizzazione in base al rischio sismico. Un contributo importante è arrivato dall'Ance, che ha raffinato alcuni numeri, a corredo delle proposte su Casa Italia. Il punto centrale è l'entità dello sgravio e il livello di sicurezza antisismica dell'edificio dopo l'intervento, in rapporto alla classe di rischio. Lo sgravio del 65% per l'adeguamento antisismico andrà radicalmente ristrutturato perché - come ha sempre ricordato il presidente della Commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci, sponsor della prima ora dell'allargamento del bonus alla sicurezza statica - la detrazione fiscale è rimasta di fatto inutilizzata.

Sgravi fiscali per la prevenzione sismica
L'ultima legge di Stabilità ha allargato il bonus del 65% anche alla prevenzione nelle zone sismiche 1 e 2. Questa iniziativa, fortemente voluta dal presidente della commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci che, non a caso, ora chiede un allargamento dello sconto, ha però avuto più valore simbolico che impatto sostanziale. Il Governo, allora, sta lavorando a una rimodulazione, che partirà certamente dalla classificazione sismica degli edifici, attualmente allo studio del Mit: i fabbricati saranno divisi in sei classi in base alla sicurezza e, probabilmente, solo chi riuscirà a ottenere un passaggio a una classe superiore potrà accedere alla defiscalizzazione. Sul punto va registrata la proposta dell'Ance, che ipotizza una detrazione fiscale al 100% per il costo della diagnosi statica, rendendola obbligatoria nelle zone a rischio maggiore. E un "sismabonus" del 65% per singoli e condomini, potenziato da un sostegno che aiuti ad affrontare l'esborso iniziale; e poi da un periodo di recupero della detrazione inferiore agli attuali dieci anni. In zona 1, per l'Ance, ci sono circa 900mila edifici ad uso abitativo: il lavoro dovrà partire da questi. Anche se vanno considerate due variabili: una volta completata la classificazione, sarà possibile capire quali fabbricati sono in condizioni peggiori. Inoltre, anche la zona 2 non andrà trascurata: il sisma del 2012 in Emilia ha coinvolto territori con questo grado di rischio.

Dissesto idrogeologico
Su questo fronte il Governo ha mosso molti passi, a partire dalla costituzione di un gruppo di lavoro specifico, l'unità di missione "Italia sicura", attualmente guidata da Mauro Grassi. Insieme al ministero dell'Ambiente e alle Regioni, sono stati già messi in moto diversi finanziamenti. L'ultimo risultato è l'attivazione, in seguito alla registrazione della Corte dei conti, di un fondo da 100 milioni che sarà dedicato a portare al livello di progettazione esecutiva tutti gli interventi più urgenti, in modo da mandarli in gara: vale cento milioni e potrà mettere in moto lavori per circa un miliardo. Oltre alla spesa di stanziamenti precedenti al 2010 (sono stati aperti cantieri per 1,5 miliardi su 2,7 miliardi di disponibilità), il Governo ha messo sul piatto 1,3 miliardi nel quadro del piano stralcio per le aree metropolitane (800 stanziati e 500 ancora da coprire). A questi vanno aggiunti i fondi dei Patti per il Sud, tramite i quali al dissesto arriveranno circa 1,5 miliardi. Infine, nei prossimi mesi si lavorerà a un prestito Bei, per indirizzare denaro soprattutto al Centro Nord che, in prospettiva, risulta essere l'area con un fabbisogno maggiore: da qui potrebbero arrivare circa 1,8 miliardi. A grandi linee, ci sono già sul piatto circa 5 miliardi che, con i fondi Bei, potrebbero portare ai 7 miliardi per il maxi piano nazionale di messa in sicurezza, da condurre fino al 2020, più volte evocato negli ultimi mesi.

Edilizia scolastica
Il contatore delle risorse messe a disposizione per gli interventi di miglioramento strutturale delle scuole segna una cifra di cinque miliardi. A questa cifra (che non include i fondi, pure significativi per la micro- manutenzione, inclusi nel piano "scuole belle") si arriva mettendo insieme 13 linee di azione, che viaggiano in modo separato e che finora non è stato possibile razionalizzare oltre un certo limite. Un primo passo importante verso la semplificazione si è avuto con l'approvazione, da parte del Miur nel 2015, della graduatoria unica nazionale per tutti nuovi interventi di edilizia scolastica. Questo risultato, che è arrivato al termine di un impegnativo lavoro di coordinamento regionale, consente finalmente di avere un unico "parco progetti" da cui attingere, sia pure in presenza di un mosaico di fondi di finanziamento. Sulla maggior parte delle risorse (4,166 miliardi) vigilano, con compiti diversi, il ministero dell'Istruzione e la struttura di missione per l'edilizia scolastica di Palazzo Chigi, guidata da Laura Galimberti. In altri casi i fondi arrivano da altre amministrazioni, come i 350 milioni per l'efficienza energetica nelle scuole, gestiti dall'Ambiente. In alcuni casi le risorse arrivano da soggetti formalmente privati, come l'Inail, che è disponibile a investire fino a 350 milioni in 52 nuove strutture scolastiche da realizzare in tutte le Regioni, da selezionare con un bando lanciato dal Miur che scade nei primi giorni di ottobre.

Beni culturali
La cura del patrimonio storico e architettonico è una priorità del governo, che - anche grazie all'attivismo del ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini - è arrivata alla maturazione con il "piano stralcio" per la cultura che vale un miliardo di euro; e che si proietta su un arco temporale di ampio respiro (fino al 2022). Il piano stralcio è stato approvato a maggio dal Cipe ed è diventato operativo solo da pochi giorni, con la pubblicazione in «Gazzetta» (si veda servizio sul «Sole-24 Ore del 30 agosto scorso). Saranno finanziati restauri, manutenzioni e messa in sicurezza di musei, siti archeologici e monumenti del patrimonio nazionale, ma anche azioni per il consolidamento di sistemi territoriali turistici e culturali.Il piano è finanziato dal Fondo Sviluppo e Coesione (Fsc) 2014-20 e prevede di realizzare 33 interventi già individuati, cui si aggiungeranno almeno un'altra decina di opere da indicare con apposito Dpcm e che il Governo ha intenzione di scegliere, in buona parte, attraverso le segnalazioni ricevute direttamente dai cittadini. Il giro di boa ci sarà nel 2019, anno in cui verranno impiegati 237 milioni di euro, raggiungendo, in termini cumulativi, quasi il 60% delle risorse totali da impiegare (587 milioni su 1 miliardo). Il resto verrà speso, a decrescere, negli ultimi tre anni del piano: rispettivamente, 194, 125 e 94 milioni per ciascuna delle annualità del triennio 2020-22, in cui è previsto il completamento del programma.

Periferie e aree degradate
Il recupero delle periferie può contare su 700 milioni statali, la cui attuazione è affidata agli enti locali. Lo stanziamento più consistente, e recente, è quello di 500 milioni, messi a disposizione con un bando per finanziare progetti di riqualificazione sociale e urbanistica nelle periferie di capoluoghi e città metropolitane. Il bando, scaduto il 30 agosto, ha fatto il pieno di domande, ora in fase di istruttoria da parte della presidenza del Consiglio. La partecipazione è stata amplissima e i fondi richiesti hanno superato la disponibilità. Questo significa che c'è un nuovo "parco progetti" da mettere a sistema con Casa Italia. Quest'ultimo bando va ad aggiungersi a un precedente bando da 200 milioni lanciato quasi un anno fa, di cui si attende ancora la graduatoria. È dunque di 700 milioni il budget finora dedicato alle periferie, i cui progetti però non sono ancora partiti. È importante evitare gli errori del passato, fatti con il Piano città, lanciato nel governo nel 2012. Un piano deludente e sostanzialmente fallito, sia perché i progetti approvati - e finanziati con 318 milioni statali - sono rimasti al palo, sia perché non è stato centrato l'obiettivo strategico: usare le opere pubbliche per attrarre investimenti privati diffusi sul territorio. Con l'idea del "rammendo", l'architetto e senatore a vita Renzo Piano, ha più recentemente indicato una strada diversa: più attenta alle varie componenti della realtà sociale e territoriale dei luoghi degradati, e meno affidata alla sola l eva finanziaria.

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