Appalti

Ricostruzione «modello Anac», trasparenza su lavori e fondi

di Giorgio Santilli

Stavolta - forse perché questa è stata un'emergenza vera ed è mancato anche il tempo per pensare - non c'è stata la telefonata con cui Matteo Renzi preavvertiva in genere Raffaele Cantone dell'arrivo di una nuova delicatissima missione, come fu in occasione dell'Expo o degli arbitrati bancari. Tuttavia, il rapporto di fiducia è tale che il premier non dubita della risposta immediata e di grande impegno che arriverà dall'Autorità nazionale anticorruzione se nella conferenza stampa di giovedì, dopo il Consiglio dei ministri, si è spinto a parlare di "modello Anac" per la ricostruzione dei comuni disastrati. E infatti l'Anac - che ormai per il premier è una sorta di marchio di garanzia sulle operazioni più difficili - è già al lavoro e mercoledì prossimo, con il primo Consiglio del dopo-pausa, sarà in grado già di prendere le prime decisioni. Ovviamente, il "modello Anac" per la ricostruzione del Centro Italia è tutto da mettere a punto (e questa è la prima parte dell'impegno richiesto) perché qui non stiamo parlando - come nel caso battistrada dell'Expo - di controllare soltanto un certo numero limitato di appalti pubblici per evitare corruzione o infiltrazioni criminali.

Qui stiamo parlando sì di controllare un po' di appalti pubblici per ricostruire le infrastrutture pubbliche ma soprattutto stiamo parlando - con il termine ampio di "ricostruzione" - di mandare a buon fine migliaia di interventi, per lo più micro interventi privati, che saranno finanziati dallo Stato secondo un modello tutto da costruire. Non solo un'Anac che fa rispettare il rigore delle regole pubbliche di trasparenza e buona amministrazione, ma anche una sorta di arbitro a tutela dei cittadini che hanno diritto a vedere arrivare i fondi nei tempi giusti e completare i lavori in fretta. Come sempre, Cantone ritiene che la risposta sulle due sponde, quella pubblica e quella dei cittadini interessati alle opere, stia nel rispetto delle regole formali e al tempo stesso nella creazione delle condizioni perché i lavori si svolgano nei tempi e nei costi previsti. Perché questo è chiaro: per quanto si sia tentato di far tesoro del meglio delle esperienze precedenti, ogni operazione di ricostruzione post-terremoto, dal Friuli all'Irpinia, dall'Umbria all'Aquila, ha battuto proprie strade originali (e spesso tutt'altro che efficienti) su modalità di finanziamento pubblico, perimetrazione urbanistica, rapporto Stato-enti locali nella guida di pianificazione ed esecuzione, grado di vincoli pubblici sui cittadini privati, regole pubbliche da seguire per l'appalto e l'esecuzione dei lavori. L'esercizio chiesto all'Anac è dunque assai ampio.Fatte le dovute distinzioni fra gli interventi, punto di partenza per l'Anac resta, però, il "modello Expo" e soprattutto il perno di quella esperienza, la "vigilanza collaborativa", che in effetti da lì è partita ed è poi diventata uno dei pilastri dell'intera azione dell'Autorità guidata da Raffaele Cantone.

«Non c'è dubbio - spiega il consigliere Anac Michele Corradino, uomo di strettissima fiducia di Cantone - che quando si parla di "modello Anac" si fa riferimento anzitutto all'Expo e alla vigilanza collaborativa: insieme sono diventati un punto di riferimento anche per l'Ocse che li ha ricompresi fra le best practice del settore. Il nostro regolamento sulla vigilanza collaborativa, all'articolo 4, prevede l'utilizzo di questo strumento anche in caso di catastrofi naturali. Ovviamente dovremo adattarlo alla situazione specifica e penso alla relazione annuale del presidente Cantone al Parlamento che già aveva posto la questione di allargare la vigilanza collaborativa oltre lo stretto ambito della fase dell'affidamento in cui la relega il codice degli appalti per essere estesa alla fase di esecuzione».Ma cosa è la vigilanza collaborativa che l'Anac ha poi allargato dall'Expo milanese agli appalti di decine di enti pubblici, anche quelli considerati a rischio, come, per fare un esempio, Roma Capitale? L'Autorità stipula un protocollo con un ente pubblico che mette a disposizione preventivamente la documentazione relativa ai suoi appalti come bandi di gara, procedure di affidamento, capitolati. L'Anac verifica se ci sono anomalie e, se non ce ne sono, dà il via libera alla gara. Oppure, come nel caso di Roma e delle sue partecipate, fa un monitoraggio a tutto campo del sistema degli appalti per individuare eventuali patologie (nel caso in questione sono risultati, per esempio, troppi affidamenti senza gara) e propone misure per correggerle.

In questo modo l'Anac viene messo in condizione di vigilare con modalità collaborativa e al tempo stesso mette un bollino sugli appalti vigilati in modo che possano procedere più speditamente. È il successo straordinario conseguito con l'Expo, concluso nei tempi previsti, il miracolo di cui Renzi è riconoscente a Cantone.Ma quali sono gli adattamenti, non pochi, da fare al caso specifico della ricostruzione post-terremoto? «La parte dell'affidamento dell'appalto - dice Corradino - resta delicata per gli interventi pubblici, penso a scuole, ospedali e infrastrutture in primis, dove l'azione di vigilanza collaborativa sugli appalti sarà più tradizionale, secondo il modello sperimentato all'Expo e per i lavori del Giubileo, per esempio. Ma noi potremmo avere altri due compiti innovativi, decisivi ai fini della buona riuscita della ricostruzione: evitare infiltrazioni e distorsioni nei migliaia di piccoli lavori privati, semplificando comunque e rendendo spedite al massimo le procedure per progettare e affidare i lavori; controllare che i lavori siano effettivamente eseguiti in tempi accettabili e, quindi, per esempio, che a monte arrivino nei tempi previsti i finanziamenti promessi dallo Stato».

Quasi un arbitro, quindi, che agisca non solo per far rispettare le regole pubbliche di trasparenza e contro la corruzione, ma anche a tutela dei cittadini perché arrivino tutti i fondi programmati. Un'evoluzione assai interessante, se questa sarà la strada che il Governo prenderà presumibilmente con un decreto legge, del ruolo dell'Anac. Non si può ignorare, infatti, che molte delle criticità delle precedenti ricostruzioni riguardano proprio questo aspetto dei finanziamenti a singhiozzo e che nessuna Autorità "terza" è mai potuta intervenire a garantire un flusso continuo e adeguato. Se poi questo si aggiungerà al rispetto della qualità delle progettazioni (qui un ruolo ce lo potranno avere i professionisti) e a quella selezione di imprese con il curriculum giusto che già il nuovo codice degli appalti prevede con l'introduzione dei rating, questo intervento potrebbe diventare davvero un modello di ricostruzione.Per Cantone e i suoi collaboratori, c'è poi una sfida in più. A dispetto di quelli che già reclamano una sospensione del nuovo codice degli appalti per i lavori di ricostruzione, il dopo-terremoto del Centro Italia può diventare invece la prima applicazione sperimentale di un codice su cui Cantone ha scommesso molto proprio per la sua capacità di semplificare l'attuale sistema e al tempo stesso garantire lavori completati correttamente e in tempi e costi certi.

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