Appalti

Focus estate. Il punto sulla riforma appalti. Dieci decreti in arrivo dal Mit. Le linee Anac

di Mauro Salerno e Giuseppe Latour

Dieci decreti per dare il via alla fase due della riforma degli appalti. Ruota attorno a questi numeri il lavoro che, in queste settimane estive, gli uffici tecnici del ministero delle Infrastrutture stanno conducendo, con l’obiettivo di piazzare una robusta accelerazione nella tabella di marcia del Dlgs 50/2016.

Lo sprint è iniziato a luglio, quando il Mit ha iniziato a chiudere le prime bozze. Da allora è scattato il valzer dei pareri, dei concerti degli altri dicasteri, degli invii al Consiglio di Stato o alla Conferenza Stato-Regioni, a seconda delle diverse procedure. La sostanza, tecnicalità a parte, è che il ministero sta per assestare una riforma diluita in diverse puntate, ma dall’impatto comunque notevole.

Idealmente, il Mit ha raccolto il testimone dell’attuazione dall’Anac che, dopo avere varato le sue prime sette linee guida, ha optato per una pausa di riflessione: i tre provvedimenti che restano da approvare, già passati dalla consultazione (Ppp, motivi di esclusione e rating di impresa), arriveranno al traguardo dopo la pausa estiva.

Il dicastero di Porta Pia, guardando ai compiti che gli attribuisce il codice, ha invece già mandato in Gazzetta, a fine luglio, il nuovo decreto sui parametri da porre a base delle gare di progettazione: servirà a definire i compensi per tutti i servizi di ingegneria affidati con una procedura pubblica. E non sarà l’ultimo provvedimento dedicato a questo tema.

La novità pesante di questa fase due della riforma è però la qualificazione delle stazioni appaltanti. Un provvedimento molto atteso dalle amministrazioni e su cui si gioca la possibilità degli enti di poter continuare a gestire in autonomia i propri acquisti. L’iscrizione all’albo sarà necessaria per gestire i lavori di importo superiore a 150mila euro e forniture e servizi oltre i 40mila euro. Il sistema sarà articolato in quattro livelli sulla base del valore degli appalti che le Pa potranno gestire in base al grado di competenza e organizzazione dimostrata. Il primo gradino (il “livello minimo”) permetterà di gestire gare di manutenzione fino a un massimo di un milione di euro. All’ultimo piano (il “livello alto”) si attesteranno le stazioni appaltanti di maggiori dimensioni in grado di seguire interventi superiori ai 20 milioni.

Oltre ai requisiti di organico - con personale tecnico dedicato, in possesso di laurea e abilitazione - le stazioni appaltanti dovranno dimostrare il possesso di diversi altri requisiti per accedere al sistema. Tra questi la formazione obbligatoria del personale per un minimo di 30 ore annuali. Ma saranno valutati anche il grado di soccombenza nei contenziosi, il rispetto dei tempi di pagamento e di esecuzione delle opere oltre che l’eventuale aumento dei costi: la percentuale di scostamento tra il prezzo finale e il valore fissato al momento dell’aggiudicazione della gara non potrà superare il 30 per cento. Una volta ottenuta, la qualificazione durerà cinque anni. Ma il nuovo sistema non entrerà in vigore da subito. Per rendere operativo l’albo serve infatti un provvedimento attuativo dell’Autorità anticorruzione, che poi gestirà materialmente l’inter sistema. 

Si è invece insediata a fine luglio la commissione del ministero che lavorerà all’introduzione del Bim (Building information modeling): si tratta di una particolare modalità di progettazione che consente, tramite l’ausilio di software, di anticipare già in fase di redazione degli elaborati tutto lo sviluppo dell’opera in cantiere, calcolando ogni dettaglio dei lavori, come le quantità di materiali o i loro prezzi. La commissione è presieduta da Pietro Baratono, provveditore per la Lombardia e l’Emilia-Romagna, e ha il compito di definire una “road map” che porti all’utilizzo di questo strumento su larga scala nelle stazioni appaltanti italiane.

A completare il pacchetto dedicato a questo tema arriveranno, poi, il decreto sui tre livelli di progettazione e quello sui requisiti per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria. In questo provvedimento, in particolare, sarà finalmente sciolto il nodo del contributo integrativo delle società di ingegneria: una partita che, per il solo bilancio di Inarcassa, vale circa 50 milioni di euro all’anno. In base a una formulazione infelice del codice appalti, infatti, questa parte della contribuzione rischiava di saltare. Così, l’articolo 9 del nuovo decreto dedica un passaggio alla regolarità contributiva. E spiega che alle società tra professionisti e alle società di ingegneria «si applica il contributo integrativo qualora previsto dalle norme legislative che regolano la cassa di previdenza di categoria cui ciascun firmatario del progetto fa riferimento in forza della iscrizione obbligatoria al relativo albo professionale».

Del pacchetto di provvedimenti necessari a far entrare nel vivo la fase di attuazione della riforma fanno parte anche la circolare sul Documento di gara unico europeo (vedi articolo in basso) e il decreto destinato a chiarire i confini in cui potranno muoversi in cantiere le imprese abilitate a eseguire le opere super-specialistiche.

A chiudere il cerchio, infine, arriverà la costituzione della cabina di regia, la struttura che sarà istituita presso Palazzo Chigi e che servirà, di fatto, ad equilibrare le competenze dell’Autorità anticorruzione, coinvolgendo anche la Presidenza del Consiglio nella regolazione dei contratti pubblici. A guidarla sarà il capo dell’ufficio legislativo della Palazzo Chigi, Antonella Manzione, mentre Elisa Grande, capo del legislativo del Mit, le farà da vice. Alla “cabina” sarà affidata, soprattutto, una competenza chiave: il monitoraggio della situazione del mercato, per individuare su quali passaggi sono necessarie correzioni e modifiche, in vista del correttivo del 2017.

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