Regolamento taglia-tempi: poteri sostitutivi e commissari per superare la «cultura del no»
Tornano i commissari e i poteri sostitutivi per superare i veti sulle infrastrutture. Sulla decisione del governo ha pesato la buona riuscita della Napoli-Bari che nei giorni scorsi ha sbloccato lavori per 800 milioni dopo anni di attesa. Continua?pagina?7
Continua da pagina 1 Il decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri per accelerare i tempi di realizzazione delle opere pubbliche è un provvedimento emblematico della guerra di poteri incrociati che si combatte in Italia nel campo delle infrastrutture, non da oggi: emblematico delle soluzioni possibili (e positive) per smuovere inerzie radicate da decenni e dei compromessi (o «punti di caduta») cui il sistema attuale necessariamente è costretto.
Sono i fondamentali dell'attuale sistema – soprattutto il titolo V della Costituzione – che portano sempre a "chiudere" al ribasso la versione definitiva di un decreto sblocca-opere rispetto al punto di partenza. È una storia che si ripete. Da oltre 15 anni – fin dalla legge obiettivo del 2001 – si prova ad accelerare i tempi di realizzazione delle opere grandi e piccole e, nonostante qualche progresso, il problema resta sempre una delle grandi criticità italiane. Ci vogliono 12 anni mediamente per realizzare una grande opera, dicono i dati ufficiali.
Il copione è, più o meno sempre lo stesso. Il governo prova, le Regioni – forti dei poteri concorrenti dati dal Titolo V – resistono e alla fine spuntano un compromesso.
Questo è successo, limitatamente, anche con il decreto approvato ieri. Le Regioni hanno circoscritto l'applicazione della "corsia preferenziale", delle procedure taglia-tempi e dei poteri sostitutivi del Presidente del consiglio a un listino di opere chiuso approvato sulla base di criteri concordati in conferenza stato-regioni. Nonostante questo compromesso, che ha portato a soprannominare il decreto «le opere del Presidente», l'impianto regge e soprattutto i poteri sostitutivi sono forti.
Cosa fa pensare che oggi questo provvedimento possa funzionare?
Due cose. La prima è che Renzi ha dimostrato in questi mesi di voler utilizzare tutti i poteri in suo possesso per semplificare e accelerare. Qui gli strumenti a disposizione di Palazzo Chigi crescono e se si vinceranno certe paure consociative che molto funzionavano nella Prima (e anche nella Seconda) Repubblica, la possibilità di procedere più velocemente diventerà reale. Il commissario sulla ferrovia Napoli-Bari ha fatto, in questo senso, da battistrada di una nuova generazione di interventi sostitutivi. La seconda ragione è che la riforma costituzionale - se confermata dal referendum dei prossimi mesi – rimuove quella "roccaforte" della resistenza che è oggi il Titolo V della Costituzione, facendo rientrare nei poteri legislativi dello Stato quelli sulle opere infrastrutturali strategiche.
Due passi avanti importanti. Poi, a guardare bene, quello che davvero risolverebbe molti problemi italiani sul fronte degli investimenti e le criticità sul fronte della crescita debole, sarebbe un nuovo atteggiamento culturale per cui – quando si parla di opere prioritarie – si marcia tutti insieme nella stessa direzione senza lucrare su posizioni di rendita, poteri di veto e procedure frenanti. Anche a questo potrebbe servire il "listino" di opere del Presidente sottoposte a corsia preferenziale: individuare davvero un certo numero di opere su cui, da domani, si lavora tutti insieme per crescere.
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