Appalti

Grandi opere, via ai poteri sostitutivi del Governo: varato il decreto taglia-tempi

di Gianni Trovati

Calendario dimezzato per completare i bolli agli atti che danno il via libera alla realizzazione di infrastrutture, insediamenti produttivi e attività imprenditoriali in grado di dare una spinta alle economie territoriali. È questo l’obiettivo del regolamento “taglia-tempi” che ieri ha ottenuto l’approvazione definitiva in consiglio dei ministri, e che dal prossimo anno promette di aprire una corsia preferenziale agli interventi giudicati “strategici” con la possibilità per Palazzo Chigi di sostituirsi alle amministrazioni territoriali inadempienti.

La novità che distingue il testo finale approvato ieri da quello varato in prima lettura a gennaio nasce proprio dal tira e molla con le Regioni sulle competenze, ma di fatto non snaturano l’impianto iniziale. Per partire davvero occorrerà un altro decreto, da scrivere entro 60 giorni passando attraverso la Conferenza unificata, per fissare i criteri in base ai quali saranno individuati gli interventi strategici da accelerare. Si tratta di un passaggio in più, una tantum, ma punta a sminare il campo dalle resistenze territoriali che hanno allungato i tempi di approvazione del nuovo decreto, e che rischierebbero poi di alimentare il contenzioso sulle singole opere. L’intesa preventiva sui criteri, nelle intenzioni del correttivo che era stato caldeggiato anche dal Consiglio di Stato, serve a facilitare il funzionamento di una macchina che ha bisogno dell’accordo con Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni per non imballarsi.

Proprio gli enti territoriali, del resto, sono chiamati per primi ad alimentare il censimento annuale delle opere da accelerare, in cui ovviamente anche Palazzo Chigi potrà inserire i propri interventi, anche su segnalazione dei privati promotori che non riescono a trovare ascolto presso le Regioni e gli enti locali interessati. Su questa linea «ad alta velocità» potranno salire come accennato le infrastrutture considerate più importanti, ma anche nuove fabbriche o più in generale le «attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull’economia o sull’occupazione»: un’etichetta, quest’ultima, che si adatta a ben vedere a tutte le nuove iniziative.

Ogni anno, a fine marzo, un decreto di Palazzo Chigi metterà in fila le autorizzazioni da accelerare: il termine di riferimento è quello dei 30 giorni, ampliabili a 90 in una serie di casi, fissato dall’ultima versione della più volte aggiornata legge sul procedimento amministrativo (articolo 2 della legge 241/1990). In generale, quindi, nei casi «accelerati» le scadenze di riferimento potranno scendere fino a 15 e 45 giorni, ma nonostante le molte semplificazioni tentate negli anni la giungla dei termini per le varie autorizzazioni rimane articolata, e quindi occorrerà vedere caso per caso gli effetti della riduzione.

Quando le amministrazioni territoriali non riusciranno a rispettare le nuove scadenze interverrà il potere sostitutivo di Palazzo Chigi, che andrà comunque deliberato dal Consiglio dei ministri (altra novità del testo finale, che sana un’incertezza procedurale della prima versione) in coordinamento con gli enti territoriali titolari delle competenze in gioco.

Fin qui il meccanismo, che nella fase di effettiva applicazione dovrà fare i conti anche con le ristrettezze del bilancio pubblico e con gli obblighi di «provvedere nell’ambito delle risorse disponibili». Per questa ragione le strutture tecniche e amministrative chiamate a sostituire gli enti territoriali nelle opere più importanti andranno composte con dipendenti «di elevate competenze», assicurando la presenza di «personale posto in posizione di elevata responsabilità», ma senza la possibilità di appesantire la busta paga degli interessati e nemmeno di alleggerire il loro carico di lavoro negli uffici di appartenenza: un vincolo, quest’ultimo, che non sarà facile da gestire

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