Appalti

La 'Ndrangheta negli appalti Tav, 40 indagati e sequestri di beni per 40 milioni

di Roberto Galullo

Erano disposti anche a sostenere i movimenti “SìTav” pur di avere una chance in più e non farsi sfuggire i sub appalti liguri della linea ferroviaria “Terzo valico dei Giovi” attualmente in fase di costruzione.

C’è anche questo nell’indagine Alchemia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria che ieri ha indagato, a vario titolo, 40 persone per i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e intestazione fittizia di beni e società. Al centro dell’indagine – condotta dalle Squadre mobili di Genova, Reggio Calabria, Savona, dallo Sco di Roma e dalla Dia di Genova e che ha portato anche al sequestro di beni mobili, immobili, società e depositi bancari per 40 milioni – le ramificazioni nell’economia ligure delle cosche Raso-Gullace-Albanese originarie di Cittanova (Rc) e Parrello-Gagliostro di Palmi (Rc), storicamente attive nell’edilizia e nel movimento terra. Intensi i rapporti accertati tra le imprese della cosca Raso-Gullace-Albanese e gli amministratori di alcuni comuni liguri, il cui operato è stato condizionato, anche mediante la sollecitazione al pagamento indebito di somme di denaro, con specifico riferimento alla fornitura di servizi in materiale ambientale.

Le imprese edili e di movimento terra riferibili alla cosca Raso-Gullace-Albanese hanno acquisito, secondo la Procura, anche appalti dalla cooperativa Coopsette, attraverso la corruzione di dipendenti infedeli che assegnavano le commesse a seguito dell’approvazione di preventivi appositamente gonfiati, consentendo così un maggior guadagno alle imprese mafiose.

Tra le persone indagate il senatore Antonio Caridi (Gal) per il quale la scorsa settimana la Dda aveva già richiesto al Parlamento l’arresto per associazione mafiosa, il deputato Giuseppe Galati (Ala), per il quale il Gip ha negato la richiesta di arresto e il vice presidente del consiglio regionale della Calabria Francesco D’Agostino (eletto nel 2014 con la lista “Oliverio Presidente”). Nei confronti dell’imprenditore D’Agostino viene ipotizzato il reato di intestazione fittizia di beni, aggravata dall’avere agevolato la ’ndrangheta.

Ma c’è molto altro in questa indagine. Per la prima volta fa capolino la tendenza della ’ndrangheta a investire capitali illeciti nella produzione e commercializzazione di lampade a led. Rituali, invece, gli investimenti all’estero. Questa volta nel settore immobiliare mediante una serie di operazioni realizzate in Costa Azzurra, Canarie e Brasile, attraverso il riciclaggio di capitali di provenienza illecita e la contestuale acquisizione di disponibilità finanziarie in quei Paesi grazie a rapporti instaurati con fiduciari locali.

Le investigazioni hanno svelato anche il grande interesse della ’ndrangheta per l’import-export di prodotti alimentari, gestione di sale giochi e piattaforme di scommesse online, lavorazione dei marmi, autotrasporti, smaltimento e trasporto di rifiuti speciali. Documentati gli stretti rapporti e la sussistenza di interessi economici comuni tra la cosca Raso-Gullace-Albanese e quella dei Parrello-Gagliostro, i cui affiliati gestiscono numerose società intestate a prestanome che, grazie a compiacenti imprenditori e manager genovesi e romani, avevano acquisito, tra gli altri, il sub-appalto per i servizi di igiene civile e industriale di Poste italiane spa e Alleanza assicurazioni spa in provincia di Reggio Calabria.

In altre parole: non c’è un’attività in cui la ’ndrangheta non sia presente e da questo punto di vista emerge il paragone con un’altra indagine, sempre di ieri, ma questa volta della Procura di Catanzaro, sulla cosca Muto, che monopolizza da decenni il settore ittico e il mercato della droga nella fascia tirrenica calabrese. Il capo della Procura Nicola Gratteri ha affermato che la cosca Muto controlla anche il respiro a Cetraro (Cosenza), dove ha la sua base logistica, ma il controllo del territorio è ormai, da molti anni, una silenziosa e strisciante caratteristica delle “locali” (cellule strutturate di ’ndrangheta con almeno 49 affiliati) presenti in Liguria.

L’indagine reggina ha anche documentato – in un rimpallo continuo tra evoluzione mafiosa e ancoraggio alla sacra tribalità dei riti attraverso i quali vengono trasmesse le regole – la rituale affiliazione di figli di ’ndraghetisti al compimento dei 18 anni.

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