Appalti

Project financing/2. Il tetto del 30% al contributo pubblico affosserà i Pf sanitari

di Veronica Vecchi (Sda Bocconi)

Il nuovo Codice dei contratti, all'art. 180 comma 6 (e 165 comma 2, ndr), introduce un elemento che può ostacolare in modo significativo lo sviluppo di nuovi investimenti in Ppp, specie nel settore sanitario. Esso, infatti, prevede che il valore massimo di contributo a fondo perduto non superi il 30% del valore dell'investimento comprensivo degli oneri di finanziamento (capitalizzati).
Si legge: «In ogni caso, l'eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al trenta per cento del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari».

Innanzitutto, il codice opera una sovrapposizione fuorviante tra modalità contrattuali per la realizzazione di investimenti pubblici (il Ppp) e norme di contabilità.
Certamente il Ppp dovrebbe essere una modalità da utilizzare anche con l'obiettivo di realizzare investimenti senza incidere sul debito pubblico (beneficio macroeconomico). Tuttavia, sarebbe opportuno che in Italia si diffondesse maggiormente il ricorso al Ppp anche per i suoi benefici microeconomici, ovvero la possibilità di realizzare investimenti secondo logiche di maggior efficienza ed efficacia. Anche perché si ricorda che la contabilizzazione off-balance non dipende solo dall'ammontare del contributo, ma anche e soprattutto dall'allocazione dei rischi alla controparte privata e principalmente di quello di costruzione e disponibilità, visto che sempre di più il rischio di domanda è difficilmente accettato dal mercato, non solo in Italia ma sempre di più anche a livello internazionale (Vecchi et al. 2015; Hellowell et al. 2015).

Peraltro, Ragioneria Generale dello Stato e Istat hanno elaborato un testo di convenzione standard per assicurare che le amministrazioni stipulino contratti di PPP secondo una adeguata allocazione dei rischi al fine di assicurarsi un trattamento off-balance.

Le operazioni di PPP quando il principale pagatore è la Pubblica amministrazione, come nel caso di investimenti sanitari in cui l'azienda sanitaria paga alla controparte privata un canone di disponibilità, sono disciplinate da un punto di vista contabile dal Manuale Eurostat sul Debito e Deficit Pubblico (8° edizione, marzo 2016), che prevede che il contributo a fondo perduto massimo e altre forme di garanzia non superino il 50% del valore dell'investimento se si intende contabilizzare questi investimento off-balance, ovvero se si intende contabilizzare il canone di disponibilità come spesa corrente senza incidere sui livelli di debito pubblico.

Il manuale Eurostat prevede una diversa percentuale solo nei casi in cui la "garanzia" pubblica comporti un rischio maggiore per l'amministrazione. Il Manuale fa, infatti, riferimento ai casi in cui la garanzia assuma la forma di un credito, anche subordinato oppure, eventualmente, di una partecipazione al capitale sociale. In questo caso, infatti, l'assunzione di rischio è maggiore e potrebbe non essere limitata al solo importo nominale, come nel caso di contributo a fondo perduto.

Il Ppp nel settore sanitario ha consentito nel corso degli ultimi 10 anni di realizzare un matching funding tra risorse pubbliche e private che ha reso possibile la realizzazione di quasi 5 miliardi di investimenti in nuovi ospedali e significative ristrutturazioni, con un contributo pubblico medio (in buona parte derivante dall'art. 20 della legge 67 del 1988) pari a circa il 50% dell'investimento (Rapporto Oasi – Bocconi 2014). In particolare il PPP ha consentito di conseguire un altro importante risultato: il rispetto dei tempi di realizzazione degli investimenti, elemento molto critico specie in sanità per la complessità degli interventi.

Il 5 luglio scorso il ministero della Salute ha approvato alcuni importanti investimenti, in particolare la Città della Salute di Torino e il nuovo Ospedale di Novara, per un importo di circa 800 milioni di euro, con un contributo pubblico pari al 50% del valore dell'investimento, senza considerare il valore degli oneri finanziari capitalizzati (e quindi con una incidenza inferiore al 50%). La riduzione del contributo al 30% inficerebbe la sostenibilità del Ppp sui bilanci delle aziende sanitarie (e della Regione), ostacolando la realizzazione di questi investimenti e di altri in fase di approvazione.

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