Appalti

Riforma Madia/2. Via libera alla Camera al decreto «taglia-tempi» sulle infrastrutture strategiche

di Gianni Trovati

Con il via libera ottenuto ieri in commissione Affari costituzionali alla Camera si completa il percorso parlamentare del decreto «taglia-tempi», il tassello della riforma Madia che punta a dimezzare il calendario per le autorizzazioni delle opere considerate strategiche e a commissariare le amministrazioni territoriali che non si adeguano. L’obiettivo è di tagliare da 180 a 90 giorni i tempi massimi per per gli assensi locali ai progetti.

A questo punto al decreto, che mercoledì ha passato anche l’esame del Senato, manca solo l’ultimo passaggio in consiglio dei ministri. Potrebbe arrivare la prossima settimana, e sul tavolo del governo è attesa per il via libera definitivo anche la riforma delle partecipate, mentre anche i decreti su autorità portuali e accorpamento della Forestale nei Carabinieri.

Sull’accoglimento da parte del governo delle «condizioni» che sia alla Camera sia al Senato hanno accompagnato i pareri favorevoli non ci dovrebbero essere troppi problemi, perché le richieste parlamentari collimano con i contenuti dell’intesa già raggiunta con gli enti territoriali in conferenza unificata (si veda Il Sole 24 Ore del 13 maggio). Il punto fondamentale è legato alla richiesta di un altro provvedimento attuativo, da sbrigare entro due mesi attraverso un decreto nel quale governo e regioni si accordino, sempre in conferenza unificata, sui «criteri per selezionare i progetti» a cui applicare i tempi accelerati «in relazione alla rilevanza strategica degli interventi per il sistema Paese». Questo passaggio serve a disinnescare i rischi di conflitto costituzionale, evocati anche dal Consiglio di Stato quando ha esaminato il provvedimento, perché, allo stato attuale, le regioni potrebbero invocare l’intervento della Consulta sulle “invasioni di campo” da parte del governo.

In pratica, il decreto anticipa nei fatti gli obiettivi alla base della riforma del Titolo V della Costituzione, e prova a togliere i poteri di veto locale sui progetti più importanti (possono essere infrastrutture, ma anche insediamenti produttivi); per quelli considerati «di preminente interesse nazionale», il testo approvato in prima lettura prevedeva la possibilità di un commissariamento unilaterale, senza cercare l’accordo con gli enti territoriali. Il decreto sui criteri, da approvare d’intesa con regioni ed enti locali, rappresenterebbe quindi un accordo preventivo per consentire a Palazzo Chigi, o alla struttura da lui delegata, di esercitare i poteri sostitutivi. Sull’individuazione puntuale degli interventi da spingere, invece, il Parlamento chiede di introdurre solo un’informativa alle regioni e agli enti locali.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©