Appalti

Infrastrutture, un fondo ad hoc per finanziare le opere pubbliche per il potenziamento dei porti

di Raoul de Forcade

Il fondo per le infrastrutture (all’interno del nuovo codice degli appalti) avrà una sezione dedicata specificamente ai porti, dal quale saranno tratte le risorse statali per le nuove Autorità di sistema portuale (Adsp), da indirizzare alle opere pubbliche negli scali italiani. Il Governo intende così circoscrivere a un unico strumento dedicato i fondi da versare ai porti nazionali, operando una programmazione definita a livello centrale. Un sistema che, secondo i tecnici del ministero, permetterà di ovviare alla stortura che, negli ultimi anni, ha portato lo Stato a versare 1,94 miliardi in conto capitale agli scali italiani, distribuendoli in modo poco ponderato e senza correlarli alle reali capacità di traffico dei porti che li richiedevano.

A mettere in evidenza che quei trasferimenti pubblici sono stati «erogati “a pioggia”», secondo logiche «che poco hanno a che fare con un disegno strategico di lungo termine», è uno studio compilato da Francesco Parola, docente di economia e gestione delle imprese marittime e portuali e delle imprese di trasporto, presso l'università di Genova. I dati definitivi si riferiscono al periodo 2007-2013 ma il sistema è poi proseguito anche negli anni successivi che portano al periodo attuale.

Nel periodo considerato, emerge dallo studio, i porti italiani hanno ricevuto una media di trasferimenti pari a «0,59 euro/tonnellata». Peraltro, tra 2007 e 2013, «ben 12 porti sono stati finanziati secondo un rapporto euro/tonnellate superiore alla media nazionale». E fra questi non figura ad esempio Genova, il principale scalo gate d’Italia. Inoltre tra i porti che hanno beneficiato di una più cospicua distribuzione di risorse solo quattro mostrano una crescita di traffici tra 2007 e 2013: Civitavecchia, Salerno, Gioia Tauro e Olbia. Insomma questi fondi, utilizzati per dragaggi,manutenzioni e così via, sono stati spesso frutto di «baratti elettorali», anziché di un piano ben definito, nota Parola.

Una situazione che conoscono bene anche i membri della struttura tecnica di missione del ministero dei Trasporti, che stanno lavorando proprio per ovviare al fatto che, negli anni (complice l’eliminazione del ministero della marina mercantile), le risorse per i porti sono arrivate da differenti dicasteri, dalla presidenza del Consiglio, da fondi Ue (nel Sud) ma mai in conseguenza di un disegno definito della portualità italiana. Ora l’obiettivo del Governo è di ridurre i centri di finanziamento (grazie al fondo), e distribuire le risorse dopo che i progetti dei vari porti sono stati approvati dalla struttura tecnica di missione del Mit con la condivisione del tavolo di coordinamento nazionale dei porti, del quale fanno parte le Adsp. Tavolo che sarà costituito non appena la riforma sulla governance portuale avrà l’approvazione finale del Consiglio dei ministri (che arriverà dopo i pareri delle commissioni, attesi entro il 15 luglio). Ma il meccanismo è già partito: oggi la struttura tecnica del Mit iniziaa esaminare il progetto di piattaforma offshore di Venezia.

Anche secondo il presidente di Assoporti, Pasqualino Monti, «da quando gli scali italiani non sono stati più finanziati con leggi di settore è partito un meccanismo per far approvare stanziamenti da vari ministeri in maniera sconnessa e molte risorse andate negli anni ai porti hanno avuto scarsi ritorni in termini di aumenti di merci. Ma la nuova legge, che centralizza l’erogazione di risorse e dà un indirizzo strategico in capo al ministero, va nella giusta direzione»

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