Appalti

Riforma Pa/1. Varato il «Foia» atti più trasparenti (anche su appalti e finanziamenti)

di GIanni Trovati

Con il via libera ottenuto ieri in consiglio dei ministri dal decreto sul «Foia», il Freedom of Information Act che supera il nostro vecchio diritto di accesso agli atti pubblici in nome della trasparenza a tutto tondo sul modello anglosassone, arriva la prima approvazione definitiva per un decreto attuativo della riforma della Pubblica amministrazione, che ora attende solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dopo gli ultimi ritocchi al testo.

Oltre che sul piano politico, la riforma arrivata ieri al traguardo promette di avere un forte impatto pratico, sulla base di un cambio di modello: al diritto di accesso tradizionale, che permette a cittadini e imprese di conoscere gli atti pubblici su cui hanno un ««un interesse diretto, concreto e attuale», si affianca la nuova trasparenza, in cui il diritto a conoscere atti e informazioni diventa la regola e la mancata diffusione dei provvedimenti è l’eccezione motivata dalla tutela di interessi precisi, dal segreto di Stato alla privacy passando per le tutele commerciali. Tradotto in pratica, per conoscere le procedure di valutazione utilizzate in un appalto o in un concorso non sarà necessario essere nella platea dei concorrenti, e i cittadini avranno diritto a conoscere i finanziamenti concessi dal Comune, lo stato effettivo di attuazione dei provvedimenti sui servizi pubblici, dalla sanità ai trasporti, i tempi reali per lo smaltimento delle pratiche e così via.

Ma non sempre ci sarà bisogno di chiedere, perché il nuovo provvedimento prova a rilanciare gli obblighi “automatici” di pubblicazione finora sparsi in tante normative: le Pa dovranno mettere online tutti i pagamenti effettuati, in forma puntuale e aggregata, per permettere di tenere davvero sotto controllo il fenomeno dei debiti commerciali nei confronti dei fornitori, e Stato, regioni ed enti locali dovranno pubblicare anche per i titolari di incarichi dirigenziali a qualsiasi titolo i dati che oggi devono fornire per i politici, dalle indennità alla situazione patrimoniale. Pubblici, inoltre, dovranno essere i criteri con cui si formano le liste di attesa nella sanità.

Passare davvero dalle intenzioni alle realizzazioni non è semplice, come dimostra lo stesso cammino che il decreto attuativo di questo capitolo della delega Madia ha compiuto dalla prima approvazione, a gennaio, al via libera finale. Quello licenziato ieri dal consiglio dei ministri è un testo diverso in molti punti rispetto a quello iniziale, e accoglie tante correzioni sollecitate dal Parlamento, dal Consiglio di Stato e da Foia4Italy, il “cartello” delle associazioni che aveva promosso lo sbarco anche in Italia di una regola sulla trasparenza totale, già presente in 90 paesi del mondo, e aveva manifestato la propria delusione per il primo testo.

I correttivi decisi ieri sono sostanziali. Prima di tutto, vengono abbattute le barriere indirette alle iniziative dei cittadini. Come regola generale, si prevede che le Pubbliche amministrazioni rilascino i documenti in forma gratuita, soprattutto quando l’invio è telematico, e possano chiedere ai richiedenti solo il rimborso del costo «effettivamente sostenuto e documentato» per la riproduzione del documento «su supporti materiali». Insieme alla barriera del costo, viene cancellata anche quella del silenzio-rifiuto, paradossalmente spuntata nella versione originale del decreto sulla trasparenza totale: la Pa dovrà rispondere sempre entro 30 giorni e, se vorrà negare le informazioni richieste, dovrà farlo con «provvedimento espresso e motivato». Contro l’eventuale «no» dell’ufficio pubblico, chi fa la richiesta potrà appellarsi al responsabile anti-corruzione o, negli enti locali, al difensore civico, evitando così la via più costosa del ricorso al Tar che era l’unica prospettata dal decreto originale.

Per negare i dati e i documenti richiesti, quindi, la pubblica amministrazione dovrà dimostrare che la risposta pregiudicherebbe in modo «concreto» (altra precisazione del nuovo testo) gli interessi da tutelare, divisi in due gruppi: gli interessi dello Stato, dalla sicurezza nazionale alle questioni militari, dallo svolgimento delle indagini alla «stabilità finanziaria ed economica», e quelli dei privati, cioè i dati personali, la segretezza della corrispondenza e gli interessi economici e commerciali.

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