Appalti

Nuovo codice/1. Anche senza legge obiettivo resta centrale il ruolo del Cipe: ok al Dpp e assegnazione dei fondi

di Alessandro Arona

Il nuovo Codice appalti (Dlgs 50 /2016) riassegna senza dubbio centralità al Ministero delle Infrastrutture nella programmazione "unitaria" delle infrastrutture statali, nel "documento pluriennale di programmazione" (Dpp) di cui all'articolo 201 comma 3. E sottolinea, al fine di questa programmazione, il ruolo dell'analisi costi benefici nella scelta dei progetti prioritari.
Ma nell'ultima versione del Codice, quella pubblicata in Gazzetta il 19 aprile, vengono rafforzati i poteri del Cipe, stabiliendo in modo chiaro che l'assegnazione delle risorse del "Fondo per la realizzazione" delle infrastrutture (articolo 202 comma 1 lettera b), «istituiti nello stato di previsione del Ministero delle Infrastrutture», «sono assegnate dal Cipe ai diversi interventi, su proposta del ministro delle Infrastrutture».
Nella prima versione del Codice, quella del 3 marzo, si prevedeva (articolo 202 comma 5) che le risorse del fondo fossero assegnate ai singoli interventi con decreti del Ministro delle Infrastrutture, di concerto con il ministro dell'Economia.
Ora invece, allo stesso comma, si prevede che le risorse vengano assegnate dal Cipe, e poi il Dm Mit-Mef serva semplicemente a trasferire materialmente la cassa al soggetto beneficiario.

Il programma degli interventi, il Dpp, come anche il programma strategico dei trasporti (Pgtl, articolo 201 coma 2), sono approvati dal Cipe, su proposta del Mit, ed era così anche nella versione iniziale del Codice. Nel testo del 3 marzo si dava però autonomia attuativa al Ministero nella decisione importante di cosa far marciare prima dotandolo dei finanziamenti. Nello staff del Ministro Delrio era chiaro il timore, nelle settimane precedenti l'approvazione finale, che Palazzo Chigi (forse lo stesso premier Renzi) avrebbero tentato di riportare questa fondamentale funzione al comitato dei ministri. E così è stato nel testo finale.

Il Cipe, fra l'altro, anche nel testo iniziale, con una norma poco chiara e nascosta all'articolo 214 comma 2 lettera f) (Ministero delle Infrastrutture e struttura tecnica , di missione), conservava il potere di approvazione dei progetti delle infrastrutture statali. Una norma da una parte in potenziale contraddizione con l'articolo 27, che in conseguenza del superamento della legge obiettivo stabilsce che tutti i lavori pubblici si approvano in conferenza di servizi in base alla legge 241/1990 (modificata dal decreto Madia, in arrivo), e dunque la competenza a gestirlo è istituzionalmente del Mit. La norma aveva d'altra parte preoccupato Palazzo Chigi, il Dipe, per il rischio che "tutte" le opere statali dovessero passare al Cipe per l'approvazione.
Nel testo finale del Codice (art. 214 c. 2 lettera f) si stabilisce un quadro più coerente, e cioè che l'approvazione dei progetti debba essere del Cipe solo «in caso di infrastrutture e insediamenti prioritari per lo sviluppo del paese di cui alla Parte V» del codice («Infrastrutture e insediamenti prioritari»). E cioè in sostanza gli interventi "immaginati" dal Pgtl e indicati in dettaglio nel Dpp.

Si torna dunque a una logica simile a quella della legge obiettivo: indicazione delle infrastrutture prioritarie (o strategiche) in un documento (prima il Pis, ora il Dpp), approvato sempre dal Cipe, i cui progetti devono essere successivamente approvati dal Cipe su istruttoria del Mit (come con la legge obiettivo). Spetta al Cipe - novità dell'ultim'ora, come abbiamo detto - anche la scelta e la decisione di assegnare i finanziamenti (il quanto e il quando), con propria deliberazione su proposta del Mit (anche qui, come con la legge obiettivo).
La differenza, rispetto alla legge obiettivo, sono le procedure ordinarie: l'inserimento di un'opera statale nell'elenco di quelle prioritarie non fa scattare procedure speciali (commissione Via speciale, conferenza di servizi e Via solo consultive): le regole per arrivare al Cipe sono la conferenza di servizi approvativa della legge 241/1990, come per tutte le altre opere pubbliche (rafforzata dal decreto Madia, dunque tempi dimezzati e silenzio-assenso anche sulla Via).

Tuttavia anche qua la novità del "ritorno all'ordinario" potrebbe non essere totale. Il regolamento Madia "Sblocca-opere", in approvazione definitiva, prevede infatti - come noto - super-poteri al presidente del Consiglio, con la possibilità di inserire opere o insediamenti produttivi in un elenco una volta l'anno (con Dpcm) di super-priorità, al quale applicare tempi procedurali ridotti fino a metà rispetto alle leggi, e poi la possibilità di approvare con poteri sostitutivi del premier le autorizzazioni o via libera che non arrivano nei tempi (dimezzati) previsti.
Una sorta di legge obiettivo "alla bisogna", di fatto nella completa disponibilità del premier.

L'assetto sostanziale di questo equilibrio di poteri tra Palazzo Chigi e il Mit, tra procedure ordinarie e speciali, si vedrà solo dalla sua applicazione concreta.

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