Appalti

Nuovo codice/3. Rischio di mercato o di disponibilità, ecco la differenza tra concessioni e Ppp

di Remo Dalla Longa (*)

(*) Membro del tavolo tecnico di scrittura del nuovo Codice dei contratti. Professore all'Università Bocconi/SDA, coordinatore scientifico dell'Osservatorio PREM – Public Real Estate Management di SDA Bocconi e coordinatore di GePROPI – Gestione dei Processi Realizzativi di Opere Pubbliche ed Infrastrutture.

I commenti che sino ad ora hanno riguardato l'applicazione del nuovo codice dei contratti (D.lgs 50 del 2016) hanno trascurato il tema del Partenariato Pubblico e Privato (PPP). Ciò appare stridente in quanto il tema è stato centrale nell'impostazione del nuovo Codice.

La centralità del PPP è riconducibile ad alcune considerazioni strutturali:
a) Nel nostro paese nel prossimo decennio gli investimenti in crescita per infrastrutture ed opere pubbliche potranno provenire solo dal PPP. Il fiscal compact (azione correttiva sul debito pubblico) obbligherà l'Italia a una riduzione dei propri investimenti pubblici. I dati programmatori del MEF certificano tale tendenza. Se si vuole ammodernare, crescere e rimanere in linea con gli altri paesi comunitari che non hanno il nostro problema con il fiscal compact non rimarrà, quindi, che fare leva sul capitale privato che si integri con quello pubblico.

b) La concessione è una componente del PPP, rappresenta la forma più nota di tipo contrattuale, istituzionale, procedurale e di aggiudicazione e, con la direttiva 2014/23, è anche parte strutturale del diritto comunitario. La concessione per la sua caratteristica costitutiva, quella per intenderci del trasferimento del rischio operativo e del dover rispondere alla fluttuazione del mercato tra domanda ed offerta e alla possibilità di non recupero dell'investimento effettuato da parte dell'operatore economico, non potrà avere uno sviluppo superiore al passato in termini di assorbimento di risorse, al contrario vi potrà essere una riduzione degli investimenti dedicati. Comunque sia il riferimento è a infrastrutture economiche avente un rapporto diretto con l'utenza e il cui ricavo deriva da entrate tariffarie dirette o indirette (es. shadow tolls) avente sempre e comunque l'utente finale come utilizzatore dell'infrastruttura.

c) Per il sistema Italia rimane quindi la necessità di favorire il PPP in tutte le sue forme se non si vuole far cadere gli investimenti in infrastrutture, opere ed ammodernamento del paese.

Questa è una delle motivazioni, non la sola, per cui il Codice dei contratti in Italia ha una "partizione" sul PPP. Nessuna delle principali nazioni ha attivato il recepimento delle direttive e le ha sviluppate in un'unica normativa integrata creando oltre alla partizione appalti e concessione una riferita al PPP (parte IV del nostro codice). Solo la Francia ha sviluppato una partizione del PPP dentro gli appalti. E' un elemento questo interessante che meriterebbe un approfondimento specifico ed una comparazione più attenta con altre realtà europee.

Si tratta ora di capire quale ‘forma' ha il nostro PPP ed eventualmente quali sono i limiti riscontrabili. Gli articoli innovativi sono il 180, 181 e 182, novità sono anche presenti in altri articoli (es.189, 190 e 191) ma sono di minore entità. Il Consiglio di Stato riferendosi ai primi tre articoli li definisce come un "archetipo generale del PPP" in cui vi si aggiunge la ‘c' di contrattuale (PPPc) e sempre il Consiglio di Stato in riferimento agli articoli 180, 181 e 182 utilizza anche il «si introduce una disciplina quadro nuova» .
La simbologia di (c ) o (i) è importante nella classificazione del PPP. Nel 2007 la Comunità europea (C, 2007-6661) con l'inserimento della (i) ha sancito in modo definitivo il concetto di PPPi (istituzionalizzato) adottando il PPP alla creazione di società miste. La (i) finale è servita per contraddistinguere la formula istituzionalizzato da altri PPP. Lo stesso può dirsi di quanto indicato dal Consiglio di Stato per la (c) di contrattuale .

Cosa vi è di nuovo con la partizione IV sul PPP rispetto al D.lgs. 163 del 2006? Nella fase pre D.lgs. 50 del 2016 l'unico riferimento al PPP era riconducibile all'art. 3 comma 15-ter in cui vi era un elenco sintetico, e sovrapposto di ciò che rientrava in un PPP. Gli articoli 143 e 153 del vecchio codice degli appalti non scioglievano le ambiguità delle sovrapposizioni tra diverse forme di PPP; tutti gli interventi con capitale privato (principalmente in finanza di progetto) venivano organizzati come se si trattasse di concessione (infrastrutture economiche), a prescindere che i ricavi fossero frutto di un canone pubblico o di una tariffa, che vi fosse l'utente o la pubblica amministrazione a dover alimentare i ricavi e coprire i costi, gli oneri finanziari e le altre variabili di un business plan.

Quali novità quindi? L'art. 180 scompone la concessione da altre forme di PPPc. Vale sempre, per tutti i contratti di PPP, il trasferimento del rischio: operativo per la concessione, meno specificato per gli altri per non arrivare a confonderlo con quello della concessione. Per tutte le tipologie di opere ed infrastrutture e per le diverse tecniche di finanziamento vale il principio sancito da EUROSTAT che il rischio trasferito deve rimanervi per tutto il ciclo di vita del progetto.
Nel caso della concessione il riferimento rimane il rischio di mercato, nel caso di un PPPc non di concessione e non di mercato, il rischio trasferito si configura principalmente con quello di disponibilità. Vi è anche il rischio di costruzione, ma l'elemento principale coincide con la disponibilità del servizio all'atto del pagamento del canone (pubblico).
La disponibilità del servizio somma la costruzione (rischio di costruzione) con la quantità e qualità di quanto viene offerto sotto forma di disponibilità. L'operatore pubblico deve essere in grado di scomporre quello che riceve in elementi di quantità e qualità e attribuendogli un valore (costo) e remunerare l'operatore privato in merito a ciò. Il rischio di disponibilità prevede che la domanda formalizzata dalla stazione appaltante sia ben organizzata nella fase di programmazione; se si dimostra errata, poco ponderata ed imperfetta, la responsabilità dell'approssimazione rimane in capo all'operatore pubblico.

Sono questi sul PPP due approcci distinti tra rischio operativo legato alla domanda dell'utenza, proprio della concessione, tipica di un'infrastruttura economica e quello del rischio legato all'offerta di disponibilità.

Quanto sopra indicato è solo una delle possibili componenti del PPPc lo stesso Consiglio di Stato indica la disciplina quadro valevole oltre che per le "figure tipizzate, anche per figure atipiche" prendendo a pretesto il riferimento del comma 8 dell'art. 180 in cui si estende il PPP a "qualunque altra procedura di realizzazione di partenariato in materia di opere o servizi che presentino le caratteristiche indicate nell'art. 180 del codice". Altre forme di PPP potrebbero riguardare il Real Estate e il patrimonio immobiliare pubblico in cui si ritrovano elementi nuovi nell'articolo 191 nel modo di anticipare un asset pubblico e farlo cambiare di proprietà e renderlo disponibile all'interno di un PPP nella realizzazione di opere pubbliche ed infrastrutture. Non più dopo il collaudo di un'opera pubblica ma in fase di realizzazione. Un elemento questo che sembrerebbe secondario ma non lo è affatto.
Attraverso la parte IV del codice, con il PPP si scompongono diverse tipologie di contratto di un PPPc, per tutte vale il principio di trasferimento del rischio dal pubblico all'operatore privato e fare in modo che questo trasferimento permanga nel tempo.

Sino ad ora ci si è riferiti a categorie, procedure, considerazioni terminologiche che potrebbero trovare insensibile uno dei principali attori di un PPP, vale a dire l'operatore economico e il finanziatore, senza tale componente il PPP finirebbe per divenire una disputa di teoria o di metodo con conseguenze sterili sul versante applicativo.
Il PPP ha un grado di complessità nello svilupparsi e questo, nel nostro paese, rimane ad oggi il vero elemento critico che può ritardarne il decollo, diviene utile descriverne le caratteristiche, ma subito dopo è necessario pensare a come implementarlo. Vi sono conoscenze e discipline diverse che si intersecano nello sviluppo ed applicazione di un PPP. Vi è il diritto comunitario e nazionale, la contabilità comunitaria e pubblica, il management e il montaggio di un PPP, la ‘governance' e la capacità di controllo e verifica. Tali diverse competenze devono essere conosciute e messe in circolo.

Il PPP in valori assoluti ha un costo maggiore rispetto ad un intervento tradizionale con solo capitale pubblico (è la composizione del debito che è diversa, vi è anche il capitale di rischio – equity - che ha rendimenti elevati), che però vedrebbe l'investimento iscrivibile nel debito pubblico con i contraccolpi sul fiscal compact. Per poter iscrivere nel debito privato il capitale di investimento a carico dell'operatore economico ed assorbirlo gradualmente da parte della Pubblica amministrazione è necessario che venga trasferito il rischio dal pubblico al privato e che vi permanga altrimenti l'istituzione EUROSTAT finisce per classificare il capitale privato all'interno del debito pubblico con un duplice danno per la finanza pubblica e per il debito italiano.

Tutto questo comporta che deve nascere una nuova generazione di PPP in cui sia chiaro:
a) cosa sia il rischio in un montaggio ed erogazione del servizio;
b) cos'è il rischio trasferito e come lo si stabilizza;
c) cosa del rischio è trasferibile;
d) come si deve organizzare un PPP;
e) che salto di qualità è richiesto alla pubblica amministrazione, all'operatore economico e al operatore finanziario per gestire le nuove formule;
g) come deve essere garantita equità ed economicità alla pubblica amministrazione e stabilità operativa all'operatore economico e finanziatore pur dentro il rischio da gestire, ma questo è l'essenza dell'impresa.

Più in generale il quesito è: vi è la necessità di sviluppare rapidamente una nuova regia pubblica e privata all'altezza? Ancora: possiamo creare una nuova classe dirigente che sappia sviluppare e gestire un PPP?
La risposta ad entrambi i quesiti è sì.
Quanto il sì risponde a retorica e quanto il si riuscirà a renderlo operativo dipenderà da come verrà affrontato il post approvazione del D.lgs. 50 del 18 aprile e la capacità di coniugare categorie di tipo giuridico con quelle del management.

La cabina di Regia del governo, il MIT e l'ANAC dovrebbero considerare pienamente questa esigenza.

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