Appalti

Appalti, la rivoluzione Bim è già cominciata: nel 2015 pubblicate in Italia gare per un miliardo

di Mauro Salerno

Il nuovo codice non lo rende ancora obbligatorio, ma la rivoluzione del Bim negli appalti, sottotraccia, è già cominciata. E ha l'apparenza di un fenomeno partito in sordina ma dagli effetti inarrestabili. In un dossier di prossima pubblicazione, la società di consulenza Anafyo valuta in circa un miliardo gli appalti, promossi in Italia nel 2015, con una clausola che obbligava i concorrenti a gestire progetto e cantiere con la tecnologia della modellazione parametrica. Un metodo che, semplificando al massimo, consente di risolvere le interferenze tra i vari vari piani progettuali (architettura, strutture, impianti, ecc.) riducendo il peso degli imprevisti durante la fase di realizzazione.

La quantità di progetti Bim è destinata ad aumentare quest'anno. Lo si è capito al forum internazionale sul Bim organizzato ieri dall'Oice, l'associazione delle società di architettura e ingegneria a Milano, dove esperti del settore italiani e stranieri hanno fatto il punto sull'applicazione della tecnologia in Italia.

«Abbiamo apprezzato la scelta fatta nel nuovo codice di non rendere obbligatorio subito l'utilizzo del Bim – ha rimarcato Gabriele Scicolone, presidente dell'Oice -. Il sistema degli appalti deve avere il tempo di prepararsi. Penso non tanto alle società di engineering, ma alle amministrazioni dove c'è bisogno di uno sforzo di investimenti e di formazione».

Il codice conferma all'articolo 23, comma 13 una scelta improntata al doppio binario. Le stazioni appaltanti con le spalle più larghe potranno bandire da subito gare con la richiesta di progettazione o gestione del cantiere con Bim. Si deve però trattare di progetti complessi. Mentre le stazioni appaltanti devono dimostrare di poter contare su personale adeguatamente formato. L'introduzione dell'obbligo è invece demandata a un decreto del ministero delle Infrastrutture, che dovrà definire tempi e modi dell'applicazione, anche con l'aiuto di una commissione varata ad hoc. Il decreto dovrà tenere conto del "grado di digitalizzazione" dimostrato dalla Pa. Senza aspettare troppo. Il codice prevede che il provvedimento debba essere varato nel giro di tre mesi, entro il 31 luglio 2016.

Tempi abbastanza stretti, se si pensa che, come ha segnalato Bernd Kordes, Ceo del big tedesco Lahmeyer nonché presidente della Fidic - in Germania l'obbligo di progettare le infrastrutture in Bim scatterà solo nel 2020. Anche in Germania non tutti però aspetteranno questa data per passare al Bim. I progetti "parametrici" sono per esempio già obbligatori nelle gare bandite dalle ferrovie tedesche (Deutsche Bahn) o per realizzare le nuove stazioni.
Le ferrovie fanno da apripista anche in Italia. Italferr, società di ingegneria del gruppo Fs ha già diversi progetti all'attivo realizzati con il Bim.

«Abbiamo cominciato con alcuni progetti chiesti da Trenitalia e Rfi – ha spiegato l'amministratore delegato della società Matteo Triglia – ora gestiamo in Bim anche un maxi progetto per 7 stazioni e 13 km di rete in galleria a Doha per Qatar Rail». In Bim sarà realizzato anche il progetto del collegamento con l'aeroporto Marco Polo di Venezia. «È qui – dice Triglia – è immaginabile che anche la gara per i lavori richieda poi l'uso obbligatorio del Bim».

Semi di innovazione che altrove innervano già piani milionari. In Gran Bretagna sarà gestito con il Bim tutto il secondo programma di progettazione, realizzazione e gestione dell'alta velocità ferroviaria. Un piano da 55 milioni di sterline ("High speed two", circa 70 milioni di euro) da sviluppare in meno di 20 anni. «Il ricorso al Bim è ormai un imperativo – ha detto Andrew McNaughton, direttore tecnico del progetto -. Noi contiamo di risparmiare almeno cinque milioni di sterline (poco meno del 10% del costo totale del programma, ndr) grazie al processo di efficientamento nella gestione di tutti i soggetti coinvolti che ne deriverà».

Molto facile cadere nell'errore di dipingere un quadro tutto positivo. Gli avvertimenti a non trascurare gli aspetti problematici però non mancano. Cristophe Castaing, direttore del gruppo di lavoro sul Bim della Federazione delle associazioni di ingegneria europee (Efca) - ha per esempio rimarcato che nonostante i proclami «non tutti sarebbero in grado di rispondere davvero al vincolo di gestire con un Bim di secondo livello un progetto ferroviario, come richiesto in Inghilterra».

Mentre Michele Corradino, consigliere Anac che guida la commissione incaricata di elaborare le linee guida di attuazione al nuovo codice, ha messo in guardia da due rischi. Primo: «Il Bim non deve diventare requisito di partecipazione suscettibile di ridurre la concorrenza». Secondo: attenzione al rischio di "banalizzazione" del Bim come fosse un semplice upgrade informatico: dal 2D al 3D. «Così – ha concluso - si finisce per trasformarlo nell'ennesimo onere burocratico, che tradotto significa un costo aggiuntivo, per le imprese».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©