Appalti

Nuovo codice/4. Contro l'accoppiata maxiribassi-riserve l'Anac renda «stringente» la verifica delle offerte anomale

di Daniele Spinelli

Il concetto di concorrenza, con i suoi tanti distinguo tra perfetta e imperfetta, è piuttosto sofisticato. Nei mercati pubblici poi, ha una naturale attitudine a confondersi con quello di par condicio, sebbene i due termini non siano affatto sinonimi. La par condicio presidia il carattere trasparente della procedura - ed è ovviamente essenziale in un settore in cui l'amministrazione è contigua a rilevanti interessi privati e perciò continuamente esposta alla loro influenza - mentre la concorrenza si identifica con un risultato, il c.d. «best value for money».

Segue che una procedura ben può essere trasparente e non per questo anche concorrenziale come accade quando un'amministrazione non ha saputo ben giudicare e comparare le diverse offerte. Senonchè, se non si dispone di criteri selettivi davvero affidabili, l'errore nella selezione si renderà evidente solo tardivamente, in fase di esecuzione, quando il formidabile sconto si sarà trasformato in altrettante formidabili "riserve". Esito questo tutt'altro che improbabile per un procedimento valutativo che, appuntandosi per lo più su elementi formali, finisce per opacizzare la realtà trasformandola in un dato essenzialmente documentale.

È proprio quanto accade nel procedimento di verifica di anomalia dell'offerta, dove ribassi a doppia cifra o addirittura vicino al 50% trovano sovente giustificazione in fantasie contabili ed adagiate valutazioni. All'opposto, come in ogni negoziazione economica, la verifica dovrebbe essere ispirata ad una logica «adversial» nella consapevolezza che i diritti economici difficilmente accettano di diventare funzionali ad altri fini se non a quello della loro piena affermazione. Ora, sebbene per una convinzione falsa quanto forte siano gli ambiti sui quali ogni riforma si concentra, non sono certo i requisiti partecipativi che svelano per davvero chi si ha davanti (un'impresa degna del nome o una scatola vuota che vesserà malcapitati sub contraenti) e nemmeno i criteri di aggiudicazione ci dicono tutto quel che serve su ciò che è stato offerto in gara (un numero a caso da consegnare subito agli avvocati o una proposta ponderata per dar corso al contratto).

Le informazioni più preziose al riguardo si attingono nel corso della verifica di anomalia che si presta peraltro a risolvere anche diverse problematiche di gara. Si è molto discusso, ad esempio, in sede di adozione del nuovo Codice, sull'indicazione o meno dei tre subappaltatori o sul persistente tema del contenuto del contratto di avvalimento. Ma, se vogliamo mantenere un minimo di onestà sugli obiettivi che tutti dicono di perseguire, non possiamo nascondere il carattere in larga parte "surreale" del dibattito, spia di molte anomalie nell'approccio al procedimento selettivo.

Queste fondamentali scelte non possono rimanere nel calcolo di convenienze delle imprese per la semplice ragione che, obbligatorio o meno, in sede di anomalia l'amministrazione non può non pretendere di conoscere – e verificare - chi sono i subappaltatori e di valutare in che cosa effettivamente consista la messa a disposizione per l'avvalimento. Ed invece l'esperienza dimostra che nessuno ha un serio interesse a fare di questo decisivo passaggio una "minaccia effettiva" di cui più nessuno può ignorarne la rilevanza: i pubblici funzionari, che già considerano un successo superare indenni l'ingarbugliata fase dell'ammissione alla gara, si guardano bene dal prodursi da soli altre grane come quella di andare a disquisire di spese generali e ammortamenti. Le imprese, a loro volta, sono restie ad intraprendere l'impervia strada del ricorso, attesa la connotazione di discrezionalità tecnica del giudizio sull'anomalia. Non per niente i nostri tribunali amministrativi si sono occupati per più di 1.300 volte dei requisiti generali (!) e solo qualche decina di volte della correttezza o meno dei giudizi sull'anomalia.

Anche nel nuovo Codice il tema non ha conquistato del tutto la scena se non per la previsione dell'utilizzo di un metodo anti-turbativa bassato sul sorteggio. Va tuttavia riconosciuto che le nuove norme si sono molto concentrate sul lato della domanda attraverso la sfida della qualificazione delle Sa e la promozione di una loro centralizzazione. Tutto ciò, almeno nelle intenzioni. dovrebbe creare le premesse di un contesto organizzativo che consenta di pretendere comportamenti più efficacemente selettivi e quindi più concorrenziali. In questo senso anche l'Anac può svolgere un ruolo tutt'altro che trascurabile.

Innanzitutto, ci sia permesso di rilevarlo, scongiurando sotterranei scontri di allocazione di potere pubblico con la magistratura amministrativa che creano solo disorientamento e confusione di ruoli, quindi evitando di essere percepita, in omaggio al suo nome, come una sorta di questura d'Italia che promuove solo misure coercitive come se fossero nient'altro che ciò che tutti desiderano. Nel nuovo Codice l'Anac, con più chiarezza più di prima, è autorità regolativa del mercato e, dunque, garante del suo buon funzionamento. Il che significa che la legittimazione dei suoi atti non può risiedere nella mera attuazione di "regole artificiali" per dare sostanza e intento garantistico a criteri di natura essenzialmente procedurale. Le sue estese capacità di intervento, il suo penetrante potere di «sotf law», hanno senso ed efficacia solo se attingono a quei dati di esperienza e a quelle dinamiche reali che è più difficile ricondurre a criteri regolativi predeterminati e rigidi, per orientarli, teleologicamente e pragmaticamente, verso il «best value for money».

Il che, con riguardo al giudizio di anomalia, concretamente potrebbe anche voler dire:
Oimporre per la valutazione dell'anomalia l'obbligo di una commissione esperta ed indipendente - i cui componenti sono da attingere da appositi liste o uffici all'uopo creati, sotto la supervisione di Anac - che operi le sue verifiche in completa autonomia ed il cui giudizio finale non sia sindacabile dall'amministrazione procedente ma solo dal giudice con ampi poteri di verificazione - di modo anche che i momenti e i luoghi decisionali non siano pericolosamente concentrati;
Oattribuire alla commissione ampi e penetranti poteri istruttori e di verifica compreso quello di esigere - a mezzo di specifiche clausole contrattuali risolutorie - assetti organizzativi o impegni particolari laddove dovessero sorgere dubbi sulla capacità organizzativa dell'impresa;
Oimporre alla commissione di sottoscrivere la dichiarazione di presa visione e di cantierabilità così da rendere dette dichiarazioni, non solo veritiere, ma anche davvero impegnative per le parti;
Orendere i commissari contabilmente responsabili di valutazioni risultate successivamente inappropriate;
Oraddoppiare il contributo unificato delle imprese che con ribassi superiori ad una certa soglia intendono impugnare il provvedimento di esclusione;

Molte ovviamente sono le possibili obiezioni, ma due risulterebbero insincere: così operando si allungherebbero i tempi e si aumenterebbero i costi della procedura. Sarebbe agevole rispondere che i conti di tempi e soldi si fanno alla fine…

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