Appalti

Comuni, a rischio il boom di investimenti. Ance: difficile centrare i 4 miliardi di spesa aggiuntiva nel 2016

di Alessandro Arona

Per la prima volta dal 2008, lo scorso anno la spesa in conto capitale dei Comuni (gli investimenti) ha ricominciato a crescere, +15% da 11 a 12,6 miliardi di euro. Una crescita che rischia però di essere una tantum, trainata dall'obbligo di spesa dei fondi europei 2007-2013, e che dai primi segnali sui bandi di gara rischia di non rafforzarsi quest'anno, vanificando parte della "clausola di flessibilità sugli investimenti", uno dei pilastri della legge di Stabilità 2016.

I dati e l'allarme arrivano dall'Ance (l'associazione nazionale costruttori edili), in un dossier consegnato in questi giorni anche al Ministero dell'Economia. «Il Mef condivide la nostra preoccupazione» spiegano all'Ance.

«I Comuni - proseguono - non sembrano aver capito le potenzialità dell'abolizione del Patto si Stabilità, decisa dalla legge di Stabilità 2016. La scadenza per approvare i bilanci è stata anticipata al 30 aprile, bisogna inserire qui le nuove opere, e se i Comuni non si svegliano, la previsione di 4 miliardi di euro in più investimenti rischia di non essere raggiunta neanche per metà».

Le contorte regole del Patto di Stabilità degli enti locali - come noto - hanno finito in questi anni per aumentare la spesa corrente dei Comuni e dimezzare gli investimenti. Le spese di funzionamento dei Comuni (elaborazioni Ance su dati Siope) sono infatti cresciute dai 47,88 miliardi di euro del 2008 ai 56,2 miliardi del 2014 (-+17,4%, mentre quelle in conto capitale sono crollate da 20,864 a 10,961 miliardi dal 2008 al 2014 (-48%).

Solo nel 2015 la prima inversione di tendenza: -6% le spese correnti, a 52,7 miliardi, e +10% gli investimenti, da 10,961 a 12,618 miliardi. Tuttavia dal dossier dell'Ance emerge che tutta la crescita della spesa in conto capitale 2015 si è concentrata al Sud (+59%, pari a 2,1 miliardi di euro in più), mentre al Nord la spesa è scesa del 7% (-375 milioni di euro) e al Centro del 4% (-76 milioni).

Il fattore chiave è stato secondo l'Ance l'accelerazione (obbligata) della spesa dei fondi strutturali 2007-2013 (+31% tra 2014 e 2015), spesa concentrata in gran parte al Sud. Marginale invece l'effetto traino di Sblocca Italia, edilizia scolastica e opere idrogeologiche. Trascurabile è stato soprattutto l'effetto della mini-riforma del Patto di Stabiltà (Dl 78/2015), che esentava dalla contabilizzazione alcune spese. Da quei l'allarme dell'Ance, che si rafforza con il calo dei bandi a inizio 2016.

L'Ance apprezza la clausola di flessibilità sugli investimenti: «È una grande opportunità per il Paese, elemento centrale per la ripresa degli investimenti pubblici». L'obiettivo fissato dal governo è decontabilizzare 5,1 miliardi di euro, pari allo 0,3% del Pil. Per farlo bisogna spendere nel 2016 5,1 miliardi di co-finanziamenti europei (fondi strutturali, reti Ten-T, piano Juncker), per una spesa effettiva di 11,3 miliardi; e in più aumentare la spesa complessiva per investimenti pubblici di 5,1 miliardi rispetto al 2015.

Obiettivo non facile, quest'ultimo, per conseguire il quale il governo - secondo l'Ance - «ha posto tutte le basi giuste», in particolare l'aumento dei fondi statali alle infrastrutture (+4,5% reali nel 2016, con forti iniezioni pluriennali ad Anas e ferrovie) e l'abolizione del Patto di stabilità degli enti locali.

La Corte dei Conti ha previsto 4 miliardi di euro di investimenti in più dei Comuni nel 2016: «Già la metà sarebbe un bel risultato - commenta l'Ance - ma è forte la preoccupazione che la capacità di reazione degli enti locali non sia all'altezza della sfida». In una lettera dei giorni scorsi il presidente Claudio De Albertis ha chiesto a tutte le sedi territoriali Ance di mobilitarsi per fare da pungolo, e anche al governo si chiede «un'azione incisiva di stimolo e monitoraggio».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©