Appalti

Appalti/2. Rischio operativo al privato e domanda di mercato per la concessione di servizi

di Paolo Piacenza (*)

(*) avvocato, esperto Ppp e Pf al Dipe, Presidenza del Consiglio dei Ministri (i contenuti dell'articolo riflettono esclusivamente le opinioni dell'autore, senza impegnare la responsabilità dell'Istituzione di appartenenza)

LA CONCESSIONE DI SERVIZI NELL'ATTUALE ASSETTO NORMATIVO
La concessione di servizi ricopre un ruolo di primo piano nel mercato italiano risultando lo strumento di partenariato pubblico-privato (PPP) più utilizzato da parte delle pubbliche amministrazioni con ben 13.047 gare bandite negli ultimi 7 anni, delle quali 3.305 aggiudicate, rispetto alle 3.353 gare di lavori bandite nello stesso periodo, delle quali 1.435 arrivate ad aggiudicazione (Fonte DIPE 2015).
In coerenza con quanto previsto dal Libro Verde relativo ai partenariati pubblico-privati del 30 aprile 2004, è lo stesso D.Lgs. n. 163/2006 ad inserire la concessione di servizi tra i contratti di PPP definendola come il contratto che presenta «le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo».

La distinzione rispetto all'appalto di servizi, non sempre agevole, come chiarito dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, è basata sulla fonte della remunerazione e dal rischio di gestione: vi è concessione laddove l'ente affidatario assume il rischio della gestione e ottiene il corrispettivo dall'utente per il servizio prestato mentre vi è appalto nei casi in cui l'ente affidante corrisponde all'affidatario, per l'espletamento del servizio, una remunerazione. Affinché possa parlarsi di concessione, il servizio deve essere reso in favore della collettività, pur essendo ammissibile, a determinate condizioni, una contribuzione dell'Amministrazione ai ricavi del concessionario, in caso contrario si tratterà di appalto.
Fino ad oggi la concessione di servizi è stata caratterizzata da una disciplina "minimale" che esclude le relative procedure di aggiudicazione dal campo di applicazione delle disposizioni contenute nell'attuale Codice dei contratti pubblici. Tale disciplina, in particolare, si sostanzia in una norma di chiusura contenuta nell'art. 30 del Codice secondo la quale, salva l'applicazione di discipline specifiche che prevedono forme più ampie di tutela della concorrenza, la scelta del concessionario deve avvenire soltanto nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici (trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, ecc.) mediante l'indizione di una "gara informale" a cui sono invitati almeno 5 concorrenti. Proprio detto articolo precisa che le disposizioni del Codice non si applicano alle concessioni di servizi, eccezion fatta per quelle contenute nella Parte IV e, in quanto compatibili, nel comma 7 dell'art. 143.

CONCESSIONE DI SERVIZI E FINANZA DI PROGETTO TRA CODICE E REGOLAMENTO
Detta esclusione, tuttavia, non ha impedito di utilizzare il project financing anche per l'affidamento di tali contratti. Ciò è stato possibile grazie all'adozione dell'art. 278 del Regolamento di esecuzione dei contratti pubblici il quale, nell'attuare la previsione contenuta al comma 3, dell'art. 152 del Codice ("Le disposizioni del presente Capo si applicano, in quanto compatibili, anche ai servizi, con le modalità fissate nel regolamento"), ha espressamente disciplinato la finanza di progetto nei servizi.
Anche in questo caso, tuttavia, diversamente da quanto avviene per i lavori, il legislatore ha dedicato all'argomento una disciplina succinta. In particolare, dopo aver definito il contenuto della proposta, la norma si limita ad individuare i profili di cui l'amministrazione deve tener conto per accertare la fattibilità (tecnica e giuridico-economica) della stessa e dichiararla di pubblico interesse, nonché a stabilire l'applicabilità della procedura di cui all'art. 30 nel caso vi siano da valutare comparativamente una pluralità di proposte.
È prevista infine, «per tutto quanto non espressamente regolato», l'applicazione delle disposizioni del Codice e del Regolamento in quanto compatibili, a cominciare dall'art. 153 del Codice stesso, sebbene il raccordo tra le due disposizioni non risulti sempre agevole.

LA DISCIPLINA CONTENUTA NELLA DIRETTIVA CONCESSIONI
Novità rilevanti in materia sono state introdotte dalla Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, relativa all'aggiudicazione dei contratti di concessione. Per la prima volta, infatti, viene eliminata la dicotomia tra l'affidamento delle concessioni di lavori, disciplinata sino ad oggi dalla Direttiva 2004/18/CE, e la procedura di affidamento delle concessioni di servizi sottoposta unicamente, come visto, ai principi del Trattato. Dal combinato disposto degli articoli 1 e 5 della Direttiva si evince chiaramente come il legislatore comunitario abbia inteso applicare la disciplina ivi contenuta sia alla concessione di lavori sia a quella di servizi, della quale viene fornita una definizione che non si differenzia sostanzialmente da quella ad oggi vigente.
La Direttiva Concessioni chiarisce inoltre che anche per la concessione di servizi costituisce elemento fondamentale il trasferimento in capo al partner privato, in modo effettivo e sostanziale, del rischio operativo.
Viene infatti specificato che anche la concessione di servizi comporta il trasferimento «al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell'offerta, o di entrambi».
Il concessionario deve quindi essere contrattualmente esposto al rischio di «non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per la realizzare i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore» (diciottesimo considerando).

IL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI E DEI CONTRATTI DI CONCESSIONE
Anche il nuovo Codice approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 3 marzo scorso accoglie la sistematica introdotta dalla Direttiva Concessioni dedicando un'intera Parte ai "Contratti di concessione" in generale e chiarendo, al riguardo, che le procedure di aggiudicazione dei contratti di concessione di lavori trovano applicazione anche nei confronti delle concessioni di servizi. L'individuazione di una disciplina comune sia per le concessioni di lavori sia per quelle di servizi, unitamente alle conseguenze che da questa discendono, rappresenta indubbiamente la novità più rilevante dell'istituto di cui trattasi.
La nuova definizione di concessione di servizi riprende quella fornita dalla Direttiva Concessioni individuando la stessa come il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale vengono affidati a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo.
Per la prima volta, tuttavia, anche con riferimento ai servizi viene chiarito che «la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato» e che tali contratti comportano il trasferimento in capo a quest'ultimo del rischio operativo «riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ricavi oggetto della concessione incidano sull'equilibrio del piano economico finanziario».

TRASFERIMENTO DEL RISCHIO E SERVIZI RESI AL MERCATO
La formulazione utilizzata nel testo approvato dal Governo, come recentemente evidenziato anche nell'articolo su Concessione e PPP di Marasco-Tranquilli (Edilizia e Territorio del 17 marzo u.s.), individua correttamente una stretta connessione tra il trasferimento del rischio operativo e l'equilibrio del PEF il quale, anche con riferimento ai servizi, assume il ruolo di presupposto fondamentale per una corretta valutazione e allocazione dei rischi tra le parti.

Affinché vi sia un effettivo trasferimento del rischio, il concessionario deve essere concretamente esposto all'eventualità di non recuperare gli investimenti e i costi di gestione e ciò può avvenire soltanto in presenza di un PEF adeguatamente costruito.
La specificazione contenuta nel testo conferma poi quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza secondo la quale, come detto, ciò che distingue la concessione di servizi dall'appalto è la circostanza che, nel primo caso, la controprestazione in favore del concessionario consiste nel diritto di gestire il servizio, dovendo l'operatore assumere il rischio legato alla gestione rivalendosi necessariamente (almeno per una quota preponderante) sull'utenza.
I servizi oggetto del contratto devono dunque essere caratterizzati da una chiara matrice imprenditoriale ed essere rivolti ad un mercato composto da una pluralità di utenti e il rischio assunto dal concessionario deve valutarsi proprio interno alla aleatorietà della domanda di prestazioni, poiché l'errore circa l'analisi della domanda e dei ricavi attesi condiziona la remuneratività dell'investimento e identifica la validità imprenditoriale dell'iniziativa.

In tal senso, ove il rischio non sia giuridicamente trasferito al concessionario, si configurerà comunque un contratto di appalto anche nel caso in cui il servizio sia goduto direttamente dall'utenza e quest'ultima sia tenuta a pagare all'amministrazione una tariffa per la relativa fruizione.
Le pubbliche Amministrazioni dovranno dunque porre maggiore attenzione nell'individuare correttamente l'istituto giuridico al quale ricorrere e, in caso di concessione, dovranno assicurare mediante una corretta impostazione contrattuale e dei documenti economico-finanziari l'effettivo trasferimento del rischio operativo sul partner privato.

MAGGIORI VINCOLI PER LA DISCIPLINA CONTRATTUALE
La nuova sistematica offerta dal legislatore impone di applicare alle concessioni di servizi le norme generalmente applicabili alle concessioni di lavori, ivi comprese quelle che individuano le modalità per il calcolo del valore della concessione, le garanzie procedurali, il subappalto e gli affidamenti a terzi. Troverà altresì applicazione la disciplina dedicata alla durata della concessione che, coerentemente con quanto disposto dalla Direttiva, pone maggiore enfasi sull'adeguata limitazione della stessa rispetto al raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario dell'operazione: «la durata massima non può essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario».
La tecnica legislativa utilizzata al riguardo, che a differenza della Direttiva non fa espresso riferimento alle concessioni ultraquinquennali né al principio secondo il quale la pubblica amministrazione dovrebbe sempre poter aggiudicare una concessione per un periodo più breve di quello necessario per recuperare gli investimenti, appare apprezzabile soprattutto se si considera che i dati empirici dimostrano come la durata rappresenti un elemento fondamentale per il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario delle operazioni.

Trovano poi applicazione, in quanto compatibili, anche le norme che disciplinano il regime delle cd. sopravvenienze e l'interruzione anticipata del rapporto concessorio che, soprattutto per i lavori, assumono assoluto rilievo sia per il corretto trasferimento del rischio operativo sia, d'altra parte, ai fini della cd. bancabilità dell'operazione. In particolare, il nuovo Codice individua ipotesi "tipizzate" di revisione contrattuale ponendo, altresì, una distinzione tra situazioni in cui vengono apportate modifiche sostanziali alla concessione iniziale e circostanze che implicano modifiche di minor impatto dalla quale viene fatta discendere la possibilità di procedere ad una revisione del PEF ovvero la necessità di ricorrere ad una nuova procedura di aggiudicazione. Al verificarsi di sopravvenienze incidenti sull'equilibrio del PEF dovrebbe poi essere espressamente garantita, almeno contrattualmente, la revisione a favore del concedente nel caso di variazioni più favorevoli delle precedenti per il concessionario.
Lo stesso contratto dovrebbe altresì disciplinare le procedure e le modalità di revisione del rapporto contrattuale tra le quali, tuttavia, pare essere esclusa la proroga della durata della concessione.

«FINANZA DI PROGETTO» NEI SERVIZI
Il nuovo Codice conferma la "Finanza di progetto" quale procedura per l'affidamento delle concessioni di lavori pur eliminando la procedura a cd. doppia gara, disciplinata dal comma 15 dell'art. 153 del D.Lgs. n. 163/2006 e quella disciplinata dai commi 16-18, attivabile da parte degli operatori economici in caso di inerzia della pubblica amministrazione rispetto ad investimenti inseriti nell'elenco annuale. Viene invece mantenuta la procedura che negli ultimi anni ha maggiormente aumentato il proprio raggio d'azione che ammette l'iniziativa del privato, in caso di mancato inserimento degli interventi negli strumenti di programmazione, attribuendo allo stesso il diritto di prelazione nella successiva fase ad evidenza pubblica.
Con riferimento alla concessione di servizi, invece, occorre chiedersi se esista ancora la finanza di progetto anche in considerazione dell'abrogazione del Regolamento. Al riguardo, se è vero che nel disciplinare il project financing il testo approvato si limita a citare espressamente i lavori, in virtù dei richiami che individuano la "disciplina comune applicabile" al Titolo dedicato al PPP e della precisazione che le relative disposizioni, in quanto compatibili, si applicano "anche ai servizi", pare potersi concludere per l'ammissibilità di tale strumento anche con riferimento a questi ultimi. Ciò, a maggior ragione, se si considera che tale compatibilità non è più espressamente subordinata ad alcuna previsione regolamentare. Tale considerazione appare altresì avvalorata dalla nuova struttura normativa che disciplina unitamente la concessione di lavori e quella di servizi, dall'espresso richiamo fatto nel comma 16 dell'art. 183 - ove è specificato che la procedura ad iniziativa privata può riguardare anche "la locazione finanziaria", e ciò "in alternativa alla concessione" in generale - nonché dal fatto che, eliminata la precedente distinzione tra studio di fattibilità e progetto preliminare, la disciplina ivi contenuta pare ricalcare perfettamente quella prevista dall'art. 287 del Regolamento.
La nuova disciplina normativa, peraltro, prevede nuovi doveri di programmazione anche in tema di servizi imponendo alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori l'obbligo di adozione del programma biennale degli acquisti di beni e servizi. L'introduzione di tale obbligo, in sostituzione della mera facoltà prevista dall'attuale art. 271 del d.P.R. 207/2010, pare confermare l'applicabilità della finanza di progetto ad iniziativa privata anche con riferimento ai servizi considerato, tra l'altro, che "nell'ambito del programma le amministrazioni individuano i bisogni che possono essere soddisfatti con capitali privati". Al riguardo, dunque, sarà piuttosto opportuno verificare se con l'entrata in vigore del nuovo codice possa effettivamente aprirsi, anche con riferimento ai servizi, una nuova pagina per il project financing ad iniziativa pubblica.

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