Appalti

Acquisti della Pa, nel 2015 risparmi a quota 3,2 miliardi

di Marco Rogari

Oltre 3,2 miliardi di risparmi da convenzioni e accordi quadro per gli acquisti della Pa. Con una crescita, secondo stime prudenziali, del 3% rispetto al 2014. Un vero e proprio boom del Mepa, il mercato elettronico della Pa che fa registrare un valore di acquisti sotto soglia comunitaria superiore ai 2 miliardi di euro con un incremento del 39 per cento. Una spesa “presidiata” con il dispositivo della centralizzazione degli acquisti destinata a superare i 50 miliardi entro il 2018 e già salita lo scorso anno a quota 40,1 miliardi (quasi la metà degli 87 miliardi di uscite per forniture effettivamente aggredibili su oltre 130 miliardi di costi complessivi per beni e servizi): oltre 2 miliardi in più dei 38 miliardi “aggrediti” nel 2014 con una lievitazione del 5 per cento. E un “intermediato”, ovvero gli acquisti gestiti con gli strumenti Consip, superiore ai 6,6 miliardi di euro (+11% sul 2014), equivalente al 17% della spesa “aggredita” (come dire che su 6 euro di uscite per forniture 1 euro viene acquistato direttamente dalla società del Mef). Sono questi i numeri salienti dall’azione svolta dalla Consip nel 2015 per contenere i costi delle forniture sostenuti dalla pubblica amministrazione.

Una fetta non trascurabile di spending review destinata a diventare sempre più ampia per effetto delle misure contenute nell’ultima legge di stabilità e, soprattutto, del nuovo meccanismo di centralizzazione degli acquisti articolato su sole 33 stazioni appaltanti, secondo lo schema studiato dal commissario Yoram Gutgeld, che sta andando proprio in queste settimane a pieno regime. Ma è la stessa società controllata dal ministero dell’Economia a porsi traguardi ambiziosi. «Il nostro obiettivo è aumentare sia l’intermediato che la spesa presidiata», sostiene Luigi Marroni, ad di Consip. Che aggiunge: «Contiamo di far salire la spesa presidiata a una quota superiore ai 50 miliardi entro il 2018». Un obiettivo indicato nel piano industriale elaborato per il prossimo triennio.

Marroni punta a ritoccare la fisionomia della società dotandola di una nuova capacità di ascolto e in qualche modo di consulenza ai soggetti interessati a Consip, come le Pmi e, soprattutto, i Comuni che rappresentano uno degli snodi chiave della nuova fase di “spending”. «Dobbiamo cambiare un po’ pelle», afferma Marroni. Che aggiunge: «Dobbiamo essere più proattivi verso i nostri clienti. Io ho dato un obiettivo del 10% anno su anno di customer satisfaction. Consip deve essere vista come un soggetto che risolve i problemi non come uno che ne crea».

La rotta è chiara: cercare di innalzare il livello di “appeal” della centralizzazione degli acquisti convincendo ad utilizzare gli strumenti disponibili anche gli enti e le strutture pubbliche, e non solo, che oggi non sono obbligate a farlo o quelle che eludono gli acquisti centralizzati. Anche in quest’ottica Consip sta valutando, nell’ambito del nuovo piano industriale, la possibilità di arricchire i prodotti che già vende con servizi a valore aggiunto (ad esempio soluzioni finanziarie per l’acquisto). Non solo. «Occorre passare dalle cose che costano meno a cose che fanno spendere meno», dice l’ad di Consip. Il tutto sempre all’insegna della trasparenza facendo leva nei prossimi mesi, oltre che sul rigore delle procedure, sulla creazione del nuovo sito istituzionale di Consip e, in tempi un po’ più lunghi, della nuova piattaforma tecnologica per gli acquisti. Consip guarda anche agli altri modelli europei. «Possiamo sostenere che il public procurement è anche una leva di sviluppo industriale», osserva Marroni pensando ad esempio a gare per le importanti “soluzioni/infrastrutture” Ict del Paese: «Noi possiamo essere una sorta di braccio operativo nel rispetto delle leggi».

In ogni caso il “core business” di Consip resta il risparmio realizzabile sul versante degli acquisti Pa. Nel 2015 i risparmi diretti (quelli effettivamente ottenuti rispetto ai prezzi medi Pa da chi ha utilizzato convenzioni e accordi quadro Consip) sono stati pari a 622 milioni (+7% sul 2014), quasi un quinto dei risparmi totali (3,2 miliardi). A questi andrebbero aggiunti risparmi per altre centinaia di milioni legati al Mepa e quelli connessi alla digitalizzazione degli approvvigionamenti (dematerializzazione del processo di acquisto, riduzione dei tempi relativi a procedure e contenzioso). Quanto al dispositivo con sole 33 stazioni appaltanti, che con le prime gare in corso (in primis quella su aghi e siringhe) punta soprattutto sulla sanità, per Marroni il nuovo sistema non comporta rischi di condizionamento «ma sicuramente un’opportunità perché, pur rimanendo noi l’elemento che fa il benchmark, ci consente di lavorare sinergicamente insieme ad altri enti che fanno il nostro lavoro»

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