Appalti

Pubblica amministrazione, segnalazione Anac per correggere le regole del Foia

di Giuseppe Latour

Prevedere la scrittura di una guida pratica per le amministrazioni. Introdurre una fase transitoria. Rivedere il sistema di sanzioni. Dettagliare meglio la definizione di interesse giuridicamente rilevante. E ritoccare l'obbligo per i cittadini di rendersi disponibili a rimborsare i costi sostenuti dalla Pa. L'Anac ha appena pubblicato il primo atto di segnalazione a Parlamento e Governo del 2016. Sotto esame c'è il decreto attuativo della riforma della Pa sul Freedom of information act (Foia): le nuove regole che rendono pienamente accessibili tutti gli atti della pubblica amministrazione ai cittadini, indipendentemente dal fatto che abbiano un diritto specifico da far valere. Il provvedimento, prima dell'approvazione finale, andrebbe corretto in alcuni punti.

La segnalazione ricorda, anzitutto, che il decreto sul "Foia" costituisce attuazione dell'articolo 7 della legge delega n. 124 del 2015. La sua novità più significativa consiste nel riconoscimento della «libertà di informazione attraverso il diritto di accesso, anche per via telematica, di chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni». Il sistema costituisce un doppio binario e si affianca agli obblighi di pubblicità delle amministrazioni, fissati dal decreto n. 33 del 2013. «La trasparenza – spiega l'Anac - assume i contorni di un nuovo diritto di cittadinanza: l'accessibilità totale e gli open data costituiscono la moderna frontiera della democrazia partecipativa».

Detto questo, però, il meccanismo varato dal Governo andrebbe limato in qualche punto. «Al fine di migliorare le performance delle pubbliche amministrazioni sull'adempimento alle richieste di Foia sarebbe auspicabile attribuire all'Autorità nazionale anticorruzione, d'intesa con il Garante dei dati personali, un potere di "moral suasion", da rendere effettivo con la formulazione di apposite linee guida predisposte allo scopo di fornire alle amministrazioni orientamenti per l'adozione di criteri omogenei». In altre parole, bisogna dare alle Pa una linea applicativa su come adempiere ai nuovi obblighi.

Ma non solo. Il provvedimento prevede che alcuni interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti possano limitare l'accesso a dati e documenti. Questi, però, andrebbero individuati «in termini meno generici in modo da facilitare l'amministrazione detentrice dei dati nel compiere il bilanciamento tra diritto di accesso ai dati pubblici e la tutela della riservatezza, pubblica e privata». Sulla falsariga delle esperienze straniere, poi, sembra necessario prevedere un periodo di adeguamento, «per consentire una adeguata formazione del personale preposto alle richieste di accesso generalizzato, prima che il meccanismo del Freedom entri a pieno regime in tutti i pubblici uffici». Servirebbe, cioè, una moratoria di almeno un anno, prima dell'entrata in vigore del diritto di accesso generalizzato. «Occorre, infatti, dare un tempo minimo sufficiente alle amministrazioni per adeguare la propria organizzazione ai nuovi compiti (in connessione con le modifiche introdotte in materia di obblighi) e alle autorità coinvolte (Anac e Garante privacy), per adottare la disciplina regolatoria necessaria». In Gran Bretagna, ad esempio, il Foia è stato approvato nel 2000 ed è entrato in vigore nel 2005.

Una correzione andrebbe portata sul criterio del rimborso dei costi sostenuti. Al momento la regola è che il cittadino debba dichiararsi disponibile a ripagare l'amministrazione. «In altri ordinamenti (vedi, ad esempio, il Foia britannico) si è adottato un limite di costo che può essere posto a carico dell'amministrazione, al di sopra del quale l'accesso può essere negato o in parte posto a carico del richiedente». In questa chiave mancano criteri per evitare richieste vessatorie e ripetitive, anch'essi previsti nella disciplina del Foia britannico.
Anche l'impianto sanzionatorio potrebbe essere ripensato. Al momento, resta unicamente la responsabilità disciplinare dei dirigenti. «Questa soluzione appare in contrasto con il riconoscimento in capo all'Autorità di un potere di ordine generale», spiega l'Anac. Bisognerebbe, invece, imporre di procedere, al di là della sanzione disciplinare, alla pubblicazione dei dati e, in caso contrario, far scattare le sanzioni. In questo modo si otterrebbe una tutela più efficace dei diritti tutelati dal decreto.

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