Nuovo codice/7. Bankitalia: per centrali di committenza e soggetti aggregatori la sfida dell'efficienza
Le nuove regole sugli appalti fanno fare all'Italia un passo in avanti verso l'Europa, ma la strada è ancora lunga, con sfide e rischi. «E, anche dopo la riforma, il vero banco di prova resterà costituito dall'assunzione piena di responsabilità per i risultati da parte delle stazioni appaltanti e da una maggiore apertura a livello internazionale». È quanto si legge nello studio "La riforma delle stazioni appaltanti. Ricerca della qualità e disciplina europea", a cura di Luigi Donato, dell'ufficio Consulenza legale della Banca d'Italia.
Lo studio - di 174 pagine - è centrato sul nuovo ruolo della Pa dopo la legge delega, anche in confronto con i sistemi di altri Paesi europei. La sfida maggiore, secondo i curatori dello studio, è quella a carico dei «nuovi attori che si affacciano sulla scena: le grandi centrali di committenza e i soggetti aggregatori, che dovranno dimostrare di avere le capacità richieste e di essere all'altezza dei compiti loro assegnati, anche nell'ambito di una rinnovata discrezionalità». Alle stazioni appaltanti si chiedono obiettivi di qualità e di autodisciplina che passano per una organizzazione mirata al risultato.
Su questa strada non mancheranno ostacoli e resistenze: l'evoluzione verso l'efficienza «troverà maggiori resistenze proprio tra gli operatori meno virtuosi»: «nel sistema italiano ha finora prevalso la diffidenza nei confronti delle amministrazioni», rileva lo studio e «i vincoli formali hanno rappresentato uno schermo dietro il quale celare comportamenti opportunistici o infedeli».
In prospettiva, lo studio vede anche un problema di strumenti e risorse per la crescita della Pa: «Non tutte le stazioni appaltanti sono (e saranno mai) uguali, in termini non solo di dimensioni ma anche di competenze giuridiche e tecniche»; e «non tutte le amministrazioni sono oggettivamente in grado di investire nel potenziamento delle competenze e degli strumenti di acquisto». «La strada da percorrere è ancora lunga - conclude lo studio - e in Italia il trade-off tra regole ed efficienza è difficile da fissare. Però - segnala lo studio - il clima è cambiato; l'opportunità offerta dal ruolo pragmatico dell'Anac e l'occasione del recepimento delle direttive costituiscono le premesse per indirizzare anche il sistema italiano verso il buon funzionamento del procurement pubblico».
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di Enrico Maria D’Onofrio e Barbara Massara