Appalti

Anche se il ribasso è consistente spetta alla stazione appaltante valutare la congruità dell'offerta

di Giovanni La Banca

Quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, le stazioni appaltanti valutano la congruità delle offerte ai sensi dell'articolo 86, comma 1 ma tale norma non trova applicazione quando il numero delle offerte ammesse sia inferiore a cinque.
In tal caso le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base a elementi specifici, appaia anormalmente bassa.
Dunque, se nelle gare da aggiudicare col criterio del prezzo più basso il numero delle offerte ammesse sia inferiore a cinque, la stazione appaltante ha solo la facoltà, e non già l'obbligo, di valutare l'offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa (Tar Sicilia, sezione 1, sentenza 11 febbraio 2016, n. 390).

La discrezionalità della Pa nella verifica dell'anomalia
Il procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando piuttosto ad accertare in concreto che l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto.
Esso ha come obiettivo peculiare quello di garantire e tutelare l'interesse pubblico concretamente perseguito dall'Amministrazione attraverso la procedura di gara per l'effettiva scelta del miglior contraente possibile ai fini dell'esecuzione dell'appalto, così che l'esclusione dalla gara dell'offerente per l'anomalia della sua offerta è l'effetto della valutazione (operata dall'Amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere.
La valutazione di anomalia dell'offerta va fatta considerando tutte le circostanze del caso concreto.
Invero, essa ha natura globale e sintetica, vertendo sull'attendibilità della medesima nel suo insieme e, quindi, sulla sua idoneità a fondare un serio affidamento sulla corretta esecuzione dell'appalto, onde il relativo giudizio non ha per oggetto la ricerca di singole inesattezze dell'offerta economica. L'attendibilità della offerta va, cioè, valutata nel suo complesso, e non con riferimento alle singole voci di prezzo ritenute incongrue, avulse dall'incidenza che potrebbero avere sull'offerta economica nel suo insieme.
Emblematico è il riferimento all'utile di un'impresa, in quanto qualora questo risulti, all'apparenza, modesto potrebbe comunque comportare un vantaggio significativo sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa (il mancato utilizzo dei propri fattori produttivi è comunque un costo), sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e dall'aver portato a termine un appalto pubblico.
In tale ottica, quindi, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulta pari a zero.
Così come, allo stesso tempo, la commissione preposta deve tener conto solo delle giustificazioni attinenti a situazioni esistenti al momento della presentazione dell'offerta o, al più, al momento della verifica in contraddittorio instaurata dall'Amministrazione nel momento successivo a tale presentazione.
Pertanto, il giudizio di giustificabilità dell'offerta non può essere ancorato alla ricorrenza di elementi futuri e/o ipotetici, anche se probabili (come le future assunzioni), pena la violazione del principio di serietà ed affidabilità dell'offerta e di par condicio fra i concorrenti.

La facoltà di valutare l'offerta
Ciò premesso sul procedimento di verifica, l'articolo 86 del Codice degli appalti statuisce che, anche al di fuori dei casi contemplati dalla norma, alla stazione appaltante non può essere precluso di attendere alla verifica di congruità dell'offerta.
Si tratta di previsione facoltizzante, volta a riconoscere la sussistenza del potere della stazione appaltante, anche al di là dei casi di anomalia legislativamente predeterminati.
Il legislatore, anzi, nel riconoscere tale facoltà, ha inteso evitare arbitrii delle stazioni appaltanti, laddove, anche per ragioni di economia dei mezzi giuridici, dispone che, perché si possa attivare la verifica di anomalia facoltativa, occorre che vi sia un fumus, un sospetto di anomalia, sulla base di «elementi specifici».
La potestà (e non l'obbligo) di valutare l'offerta può essere esercitata motivando in ordine alle ragioni e agli elementi di fatto sulla base dei quali essa si sia risolta nel senso della verifica facoltativa, mentre alcuna motivazione è richiesta quando l'amministrazione ritiene di non dover far uso di tale facoltà.
Rilievo peculiare potrebbe avere il carattere particolarmente elevato del ribasso, con la conseguente formulazione di un prezzo offerto tale da non coprire - asseritamente - neppure il costo della retribuzione del personale dipendente e quelli derivanti dagli obblighi previdenziali.
Tuttavia, pur essendo indubbio che l'offerta in argomento poggia su un ribasso considerevole, è da escludere, per un verso, che esso possa costituire ex se causa di inaffidabilità e, quindi, di (sospetta) anomalia dell'offerta.
Allo stesso tempo, deve escludersi che l'ipotetico scostamento della tariffa oraria del personale da impiegare, rilevato senza tener conto delle dimensioni e dell'organizzazione della società offerente, non costituisce elemento specifico idoneo a far ritenere irragionevole la scelta della commissione di non attivare il procedimento di verifica facoltativa.
In ogni caso, sia la facoltà di verifica dell'anomalia dell'offerta, sia il giudizio conseguente all'esercizio di tale facoltà, sono espressione di discrezionalità di natura «tecnica» di competenza dell'amministrazione, non sindacabile dal giudice amministrativo se non in presenza di palese illogicità o irragionevolezza.
Nello specifico, l'autorità giudiziaria non può operare autonomamente la stessa verifica o statuire la necessità di procedere (o non procedere all'esercizio di tale potere) senza con ciò stesso invadere la sfera propria della discrezionalità della Pubblica amministrazione.
Invero, lo stesso giudice non può procedere ad una verifica delle singole voci dell'offerta, sovrapponendo così la sua idea tecnica al giudizio - non erroneo né illogico - formulato dall'organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto, poiché, così facendo, invaderebbe una sfera propria della Pa, in quanto l'esame delle giustificazioni presentate dal soggetto che è tenuto a dimostrare la non anomalia dell'offerta è vicenda che rientra nella discrezionalità tecnica dell'Amministrazione.

LE ULTIME DECISIONI PUBBLICATE SU PROBLEMI ATTUALI

APPALTI

Si a requisiti più restrittivi ma nel rispetto di quelli legali
L'amministrazione è legittimata a introdurre, nella lex specialis della gara d'appalto che intende indire, disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tutte le volte in cui tale scelta non sia eccessivamente quanto irragionevolmente limitativa della concorrenza. Invero, nel bando di gara, l'amministrazione appaltante può autolimitare il proprio potere discrezionale di apprezzamento mediante apposite clausole, rientrando nella sua discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione auna gara d'appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo il limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito (cfr. Cons. Stato, sezione 6, 23 luglio 2008, n. 3655; 15 dicembre 2005, n. 7139). (Amb.Dir.)
Tar Friuli Venezia Giulia, sezione 1, sentenza 17 febbraio 2016, n. 51

Per l'onorabilità rileva l'effettiva cessazione dalla carica
L'articolo 38 del Codice appalti indica come dies a quo dell'anno rilevante ai sensi e per gli effetti del possesso del requisito dell'onorabilità (e del relativo obbligo dichiarativo) il giorno della effettiva «cessazione dalla carica», non della successiva formale annotazione nel Registro delle Imprese; tale conclusione, del resto, oltre che in linea con il tessuto letterale della norma è, altresì, conforme alla ratio della stessa, ictu oculi volta a consentire alla stazione appaltante lo scrutinio di onorabilità anche in relazione a soggetti che, pur estranei alla società al momento della formulazione della domanda di partecipazione alla gara, ne siano comunque stati componenti in tempi recenti (in termini, da ultimo, Consiglio di Stato, sezione 5, sentenza 22 gennaio 2015, n. 257). (Amb.Dir.)
Tar Sicilia, Palermo, sezione 1, sentenza 11 febbraio 2016, n. 397

Piena discrezionalità della Pa nella revoca dell'aggiudicazione provvisoria
Nelle gare pubbliche d'appalto l'aggiudicazione provvisoria è atto endoprocedimentale che determina una scelta non ancora definitiva del soggetto aggiudicatario, con la conseguenza che la possibilità che a un'aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli articoli 11 comma 11, 12 e 48 comma 2 del Dlgs 12 aprile 2006, n. 163, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile e obbligo risarcitorio, qualora non sussista nessuna illegittimità nell'operato dell'Amministrazione, a prescindere dall'inserimento nel bando di apposita clausola che preveda l'eventualità di non dare luogo alla gara o di revocarla (Consiglio di Stato, sezione 3, sentenza 28 febbraio 2014, n. 942; 26 settembre 2013, n. 4809); la natura giuridica di atto provvisorio a effetti instabili tipica dell'aggiudicazione provvisoria non consente, quindi, di applicare nei suoi riguardi la disciplina dettata dagli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241/1990 in tema di revoca e annullamento d'ufficio (Consiglio di Stato, sezione 5, sentenza 20 agosto 2013, n. 4183): la revoca dell'aggiudicazione provvisoria non è, difatti, qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, sì da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato; fino a quando non sia intervenuta l'aggiudicazione definitiva rientra, dunque, nel potere discrezionale dell'Amministrazione disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara (Consiglio di stato, sentenza 6 maggio 2013, n. 2418). (Amb.Dir.)
Tar Calabria, Reggio Calabria, sezione 1, sentenza 10 febbraio 2016, n. 171

I certificati di collaudo nella dimostrazione della capacità tecnica
I certificati di collaudo dei lavori per i quali è stata resa una prestazione professionale non sono richiesti, laddove, ai fini della dimostrazione della capacità tecnica, si utilizzino servizi resi a favore di committenti pubblici. In tale ipotesi, infatti, l'articolo 42, comma 1, lettera a), del Dlgs 163/2006 prevede che costituisca prova utile ai suddetti fini anche il certificato rilasciato e vistato dall'Amministrazione appaltante. Di contro, il certificato di collaudo, così come quello di buona e regolare esecuzione del contratto, è richiesto, ai sensi dell'articolo 263, comma 2, del Dpr 207/2010, per provare il possesso dei requisiti di qualificazione solamente nel caso in cui questi derivino dall'esecuzione di servizi per conto di committenti privati. Il che, del resto, ben si spiega se si considera che, mentre per i committenti privati la prestazione professionale costituisce titolo di qualificazione nelle gare pubbliche solamente se l'opera progettata è anche eseguita, per i committenti pubblici è sufficiente lo svolgimento dell'incarico di progettazione, perché il committente pubblico assicura un livello di controllo sulla prestazione d'opera intellettuale che nel caso di contratti privati si raggiunge solamente con la realizzazione dell'opera (Consiglio di Stato, sezione 5, sentenza n. 2567/2015). (Amb.Dir.)
Tar Friuli Venezia Giulia, sezione 1, sentenza 10 febbraio 2016, n. 36

EDILIZIA E URBANISTICA
Nessuna inibizione per le costruzione in aderenza

La costruzione in aderenza attiene una sorta di risposta al proprietario frontista che ha precedentemente costruito a confine, senza che quest'ultimo poi possa inibire tale «risposta» edilizia per qualsiasi eccedenza in altezza rispetto alla iniziativa assunta in prevenzione (invocando ex se la mancata conformazione all'altezza a suo tempo decisa), poiché diversamente si lascerebbe al proprietario che per primo ha inteso affacciarsi sul terreno altrui, derogando a qualsiasi distanza, di dettare regole unilaterali di edificazione a confine, valevoli anche per l'altrui proprietà, profittando della sua intraprendenza nell'occupare per primo gli spazi ordinariamente destinati al rispetto delle prescritte distanze. (Amb.Dir.)
Tar Abruzzo, L'Aquila, sezione 1, sentenza 11 febbraio 2016, n. 58

Lottizzazione in presenza di plurimi vincoli gravanti sul terreno
Nell'ipotesi di reato avente il carattere della contravvenzione, l'elemento soggettivo sufficiente ai fini della colpevolezza della condotta è già quello della mera colpa, condizione soggettiva che per espresso dettato legislativo è riscontrabile laddove l'evento proprio del reato per cui si procede si sia verificato a cagione, oltre che della imprudenza e negligenza (nella specie elementi questi ultimi autonomamente riscontrabili nell'avere i ricorrenti provveduto nel senso della lottizzazione pur in presenza dei plurimi vincoli gravanti sul terreno interessato dalle opere), della inosservanza da parte dell'agente di disposizioni legislative (inosservanza nel caso di specie ravvisabile, quanto meno ai fini della ritenuta legittimità del provvedimento cautelare, nella realizzazione delle imponenti opere contestate in assenza dei validi titoli abilitativi). (Amb.Dir.)
Corte di cassazione penale, sezione 3, sentenza 14 gennaio 2016, n. 1151

Il silenzio assenso è escluso in assenza della dichiarazione asseverata
Non si forma il silenzio assenso su una domanda di rilascio di un permesso di costruire, ai sensi dell'articolo 20, comma 1, del Dpr 380/2001, nel caso di assenza della dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici e alle norme di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico – sanitarie nel caso in cui la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico – discrezionali, alle norme relative all'efficienza energetica (Tar Campania Napoli, sezione 2, sentenza 9 luglio 2015, n. 3650). (Amb.Dir.)
Tar Campania, Salerno, sezione 1, sentenza 4 febbraio 2016, n. 316

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©