Appalti

Project financing/2. Tutti rischi della rinegoziazione dei contratti di Ppp, per la Pa e per i privati

di Veronica Vecchi (docente di Public management, Sda Bocconi)

L'elemento cruciale di un contratto di PPP è l'allocazione dei rischi, da cui ne derivano i suoi benefici microeconomici (on time, on budget, on quality) e macroeconomici (la possibilità di contabilizzare off-balance sheet gli investimenti).
Tuttavia l'ottimale allocazione dei rischi è elemento difficile da calibrare in quanto il PPP è caratterizzato da una relazione principale – agente, ovvero da una relazione tra soggetti con differenti obiettivi - in un contesto di asimmetria informativa.

L'allocazione dei rischi e quindi i meccanismi di incentivo di un contratto di PPP possono essere indeboliti dalla rinegoziazione del contratto, dovuta alla modifica delle convenienze reciproche, pubbliche e private.
La rinegoziazione è situazione molto frequente, non solo in Italia ma anche nel resto del mondo, per le seguenti ragioni:
• Rigidità dei contratti e lunghi orizzonti temporali dei contratti;
• Comportamenti opportunistici da parte del mercato: low balling strategy (gergo aulico per esprimere strategie di massimo ribasso), winner's curse (quando l'aggiudicatario non esprime la miglior offerta), optimism bias (ottimismo) nella previsione di costi e ricavi;
• Cambiamenti istituzionali e delle priorità politiche;
• Corruzione, in quanto mercato con elevate barriere all'ingresso e con procedure che richiedono più flessibilità.

Se le prime due ragioni (di tipo fisiologico, soprattutto in fase di start-up d una policy) sono diffuse anche a livello internazionale, le due successive assumono connotati più forti in Italia, dove peraltro il PPP è stato applicato secondo un approccio residuale, senza alcuna politica di riferimento, come mera alternativa finanziaria alla carenza di risorse pubbliche e ai vincoli di bilancio.

In questo contesto, ma non solo per questo, alcuni contratti in Italia, anche molto rilevanti, sono stati stipulati senza prestare particolarmente attenzione ai requisiti di convenienza (Value for Money) e sostenibilità, le cui criticità sono state messe in evidenza come conseguenza delle mutate priorità politiche (per esempio il focus non solo sul debito ma anche sulla spesa corrente) e di nuovi assetti politico-istituzionali.

Uno di questi contratti è il PPP dell'Ospedale di Mestre. Si tratta di uno dei primi contratti stipulati in Italia, elemento che non può essere trascurato nelle valutazioni, in un contesto di scarsissima competizione, in cui la remunerazione dell'investimento è legata ai margini di alcuni servizi non sanitari, in particolare del laboratorio analisi.
Oggi, con un progetto in gestione, una guida politica regionale e un management aziendale mutati e una maggior attenzione al contenimento dei costi, le debolezze di questo progetto stanno emergendo. In particolare: la rigidità del contratto rispetto alle mutate priorità aziendali e agli orientamenti strategici regionali; la debole capacità incentivante del sistema delle penali; l'onerosità della gestione dei servizi rispetto all'andamento dei prezzi medi di mercato, pur considerando che essi contengono la quota finalizzata alla remunerazione del capitale investito.
Di fronte a questa situazione, appare naturale domandarsi se sia opportuno o no rimettere mano a questo progetto, riducendo soprattutto il numero dei servizi non core in gestione e inserendo un canone di disponibilità finalizzato a coprire l'investimento e a remunerare i capitali investiti.

Nel Regno Unito, queste ragioni hanno spinto l'ospedale di Hexham a risolvere il contratto. Tuttavia, questo non è avvenuto a costo zero e il risparmio è stato di circa 14 milioni di sterline rispetto ai 67 attesi, su una vita residua del contratto di circa 18 anni. Ovvero 1 milione di euro all'anno che potrebbero annullarsi in considerazione del fatto che la gestione, soprattutto, delle strutture ritorna di responsabilità dell'ospedale.
In questo contesto appare quindi cruciale comprendere il fenomeno della "rinegoziazione" dei contratti di PPP, perchè non è un "free lunch!" e può avere effetti distorsivi sul mercato.

Innanzitutto, il termine "rinegoziazione" è generico e cela dietro di sè modalità, presupposti e conseguenze differenti. Diverso è ripristinare l'equilibrio economico-finanziario di un progetto piuttosto che risolvere un contratto.
In generale modificare un contratto dopo la stipula riduce l'effetto competitivo della gara e quindi la trasparenza del processo, mette in discussione la validità del modello PPP e compromette il Value for Money. Se in alcuni casi la modifica può essere necessaria, molto spesso è guidata da opportunismo e incrementa la sfiducia nel sistema Paese, generando "crowding out" nel mercato - ovvero si allontanano le competenze e i capitali migliori. Inoltre, l'asimmetria informativa e la mancanza o difficoltà di attivazione delle necessarie competenze erode il potere negoziale della PA, rendendo ancora più critico il processo di revisione e rinegoziazione.

In generale deve valere il principio che i contratti non si modificano e che ognuno si assume le proprie responsabilità così come definite dal contratto.
Purtroppo, in Italia, il codice dei contratti introduce come obbligo la rinegoziazione del contratto quando vengono meno i presupposti di equilibrio economico-finaziario per motivazioni non riconducibili alla PA. Si tratta evidentemente di un elemento di tutela della bancabilità del progetto. Tuttavia, in un contesto di forte asimmetria informativa e di contratti imperfetti, questa previsione può trasformarsi in un boomerang, riducendo gli incentivi per gli operatori economici di pretendere che il PPP sia applicato laddove ha senso e che i contratti siano ben definiti, impegnandosi conseguentemente in una efficiente ed efficace gestione. Ovvero, questa previsione normativa annulla nei fatti uno dei benefici del PPP, ovvero la capacità degli operatori economici di scremare i progetti ed evitare i cosiddetti "white elephant" (i progetti senza senso).

Diversa è invece la situazione di contratti come quello di Mestre o di Hexham in UK, perché mettono in evidenza la pericolosità di questi contratti per l'interesse pubblico e il controllo dei costi pubblici.
Ma probabilmente le cause (patologiche) di contratti così sbilanciato non sono ritracciabili nelle dinamiche del PPP, ma in altro. E allora la soluzione a queste situazioni specifiche dovrebbe essere rintracciata al di fuori delle dinamiche del PPP. Solo in questo modo possiamo essere certi che ciò che accade a un progetto specifico non infici il giudizio complessivo su uno strumento, di cui questo Paese ha estremo bisogno, ma la cui complessità richiede un importante investimento ecosistema e competenze.
La soluzione alle cause che portano alla rinegoziazione del PPP, quelle soprattutto fisiologiche e non patologiche, va ricercata su due livelli. Da un lato serve una policy per il PPP che definisca un ecosistema di regole chiare; dall'altro, contratti "enforced" che siano basati su un adeguato trade – off dei rischi tra pubblico e privato.
E' necessario, infatti, capire che il PPP non è solo una soluzione finanziaria, ma un modello di gestione della complessità. Tuttavia, non è pensabile trasferire tutti i rischi o tutta la complessità all'operatore economico. Cruciale è la comprensione di quali rischi trasferire e soprattutto i premi e le penalità per la loro gestione, che devono essere veri, soprattutto le penalità, in modo da creare i giusti incentivi per strutturare e implementare PPP convenienti e sostenibili. A tal proposito sicuramente contratti standard possono aiutare a definire un minimo comune denominatore. Ma poi serve la capacità di sartorializzare il contratto sulla base delle specifiche esigenze. Perché se la standardizzazione aiuta ad attirare i capitali, non sempre essa ha dimostrato di essere la risposta efficiente ed efficace alla complessità.

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