Appalti

Tar Campania: «soccorso istruttorio» sempre obbligatorio per sanare le irregolarità in gara

di Ilenia Filippetti

Con l'introduzione del nuovo soccorso istruttorio «rafforzato» l'esclusione dalla gara è possibile soltanto nel caso della mancata produzione entro il termine assegnato dalla stazione appaltante della documentazione che non era stata prodotta in gara oppure nel caso di effettiva assenza dei requisiti richiesti dal bando. È questo il principio affermato dal Tar Campania, Napoli, con la sentenza 27 gennaio 2016, n. 456.

Il caso
Un Comune pubblica un bando di gara nel quale si richiede la disponibilità di una sede operativa sul territorio comunale oppure sul territorio di un Comune limitrofo. Uno dei concorrenti, escluso a causa dell'asserita assenza della disponibilità della predetta sede operativa, propone ricorso al Tar Campania: la sentenza in rassegna accoglie il ricorso e, con l'occasione, sottolinea l'ampia portata applicativa del nuovo soccorso istruttorio introdotto dal Legislatore nel 2014.

La tassatività delle cause di esclusione e l'ampia portata del nuovo soccorso istruttorio
Il giudice amministrativo sottolinea, in primo luogo, che già il principio di tassatività delle cause di esclusione disciplinato dal comma 1-bis dell'articolo 46 del Codice appalti era volto a favorire la massima partecipazione alle gare attraverso il divieto di aggravio del relativo procedimento: tale norma, in particolare, mirava a correggere quelle prassi che avevano determinato l'esclusione dalla gara dei concorrenti a causa di violazioni puramente formali (sul punto la sentenza in rassegna richiama la pronuncia resa dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2014).
Ciò in disparte – prosegue il Tar Campania – il soccorso istruttorio previsto dall'articolo 46, ai commi 1 e 1-ter del Codice appalti è attualmente un istituto di portata ampia e generalizzata, che consente di sopperire, con l'integrazione, anche alla totale mancanza di un documento comprovante un requisito essenziale: con tale norma, il Legislatore non ha assegnato alle stazioni appaltanti una mera facoltà o un potere eventuale, ma ha codificato quello che deve costituire l'ordinario modo di procedere, volto a fare valere la sostanza sulla forma, affinché l'azione amministrativa sia orientata alla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica dei concorrenti (cfr. Consiglio di Stato n. 2589/2015).
Ne consegue che, dopo le modifiche apportate al Codice appalti dal Dl 90/2014, l'esclusione dalla gara è possibile unicamente nel caso di omessa produzione, entro il termine assegnato, della documentazione risultata carente, oppure nel caso di effettiva assenza dei requisiti richiesti dalla legge di gara (cfr. Tar Friuli Venezia Giulia n. 571/2015 e Tar Lombardia, Brescia, n. 16/2016).

La più recente giurisprudenza sul soccorso istruttorio
Sul tema, in effetti, la recente giurisprudenza amministrativa ha concordemente rilevato che la finalità della norma che ha istituzionalizzato il soccorso istruttorio è quella – così come rilevato anche dall'Anac con la determinazione n. 1/2015 – di evitare l'esclusione dalla gara per mere carenze documentali, ivi compresa la mancanza assoluta delle dichiarazioni, imponendo così alla stazione appaltante di procedere a un'istruttoria volta ad acquisire la completezza delle dichiarazioni, prima di procedere alla valutazione dell'ammissibilità dell'offerta o della domanda.
La sanzione dell'esclusione dalla gara, pertanto, potrà essere adottata solo quale conseguenza dell'inosservanza, da parte dell'impresa concorrente, all'obbligo di procedere all'integrazione documentale entro il termine perentorio a tal fine accordato dalla stazione appaltante oppure nel caso di comprovata assenza dei requisiti di partecipazione (Tar Lazio, Roma, n. 798/2016).
Diversi orientamenti giurisprudenziali sono sorti, invece, in merito all'omessa dichiarazione di una delle cause di esclusione disciplinate dall'articolo 38 del Codice appalti.
È stato affermato, infatti, che il nuovo soccorso istruttorio trova applicazione anche con riferimento all'omessa indicazione – ma non per la falsa dichiarazione – di sentenze di condanna, non essendovi alcuna ragione per escludere le omesse dichiarazioni dall'ambito di operatività del nuovo soccorso istruttorio (Tar Lazio, Roma, n. 798/2016).
Per converso, in altre occasioni la giurisprudenza ha affermato che l'omessa dichiarazione di una precedente risoluzione contrattuale determina comunque la falsità della dichiarazione e legittima, di per sé sola, l'esclusione dalla gara: secondo tale ricostruzione, infatti, in tal caso non vi sarebbe spazio per l'applicazione del soccorso istruttorio poiché tale istituto può essere invocato solo in caso di dichiarazione incompleta, irregolare o addirittura mancante, ma non nell'ipotesi – totalmente diversa – di una dichiarazione esistente ma scientemente difforme rispetto alla realtà (Tar Toscana n. 11/2016, n. 1133/2015 e n. 1990/2014).
Per quanto concerne l'assenza della sottoscrizione dell'offerta, la giurisprudenza – in aperto contrasto con quanto ritenuto da Anac nella determinazione n. 1/2015 – ha sottolineato che la sottoscrizione serve a rendere nota la paternità e a vincolare l'autore al contenuto del documento, assolvendo alla funzione indefettibile di assicurare provenienza, serietà, affidabilità e insostituibilità dell'offerta: in tale luce, pertanto, la sottoscrizione costituisce un elemento essenziale per l'ammissibilità dell'offerta, con la conseguenza che la sua assenza, pregiudicando un interesse sostanziale pubblicistico, comporta necessariamente l'esclusione dell'offerta dalla gara (Tar Lazio, Roma n. 14451/2015).
È pacifico, invece, che la presentazione di un documento d'identità scaduto sia suscettibile di regolarizzazione mediante la produzione di un documento in corso di validità: in tal caso, infatti, non si determina alcuna violazione della par condicio, posto che le irregolarità afferenti a tale documento non incidono sulla sussistenza dei requisiti o sulla regolarità dell'offerta e non fanno venir meno l'imputabilità della dichiarazione al soggetto che l'ha sottoscritta (Tar Campania, Salerno, n. 254/2016).
Da ultimo, è utile ricordare che la giurisprudenza ha sottolineato che l'eventuale genericità delle referenze bancarie non può condurre all'esclusione dalla gara ma comporta l'applicazione del soccorso istruttorio, trattandosi di istituto applicabile sia ai documenti formati dal concorrente, sia ai documenti precostituiti che provengano da soggetti diversi rispetto al partecipante alla gara (Consiglio di Stato n. 193/2016 e n. 5704/2015).

LE ULTIME DECISIONI PUBBLICATE SU PROBLEMI ATTUALI
APPALTI

Solo i servizi ultimati e attestati forniscono la garanzia del concorrente
Ai sensi dell'articolo 263, comma 2 del Dpr 207/2010, i servizi di cui all'articolo 252 del Dpr 207/2010 (attinenti all'architettura e all'ingegneria), valutabili ai fini dell'integrazione dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi, devono essere iniziati, ultimati e approvati nel decennio o nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando. La prescrizione dell'ultimazione dei servizi nel periodo di riferimento risponde alla ratio che solo i servizi ultimati – sebbene relativi ad appalti di lavori ancora in corso – e attestati nelle forme di legge danno la garanzia dell'idoneità e dell'affidabilità tecnico-organizzativa e professionale del concorrente, mentre le prestazioni professionali non ultimate (da non confondere con i lavori ancora in corso cui le prestazioni di ingegneria o architettura si riferiscono) potrebbero risultare svolte in modo irregolare o non conforme alle regole d'arte o alle condizioni contrattuali. (Amb.Dir.)
Consiglio di stato, sezione 6, sentenza 28 gennaio 2016, n. 340

Commissione di gara: l'esperienza “nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto del contratto”
Nelle gare da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la Commissione di gara deve essere composta da esperti nell'area di attività in cui ricade l'oggetto del contratto, ma non necessariamente in tutte e in ciascuna delle materie tecniche e scientifiche o addirittura nelle tematiche alle quali attengono i singoli e specifici aspetti presi in considerazione dalla lex specialis di gara ai fini valutativi . Inoltre, come il requisito dell'esperienza «nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto del contratto» deve essere inteso in modo coerente con la poliedricità delle competenze spesso richieste in relazione alla complessiva prestazione da affidare, non solo tenendo conto, secondo un approccio formale e atomistico, delle strette professionalità tecnico-settoriale implicate dagli specifici criteri di valutazione, la cui applicazione sia prevista dalla lex specialis, ma considerando, secondo un approccio di natura sistematica e contestualizzata, anche le professionalità occorrenti a valutare sia le esigenze dell'Amministrazione, cui quei criteri siano funzionalmente preordinati, sia i concreti aspetti gestionali e organizzativi sui quali gli stessi siano destinati ad incidere. Sotto tale aspetto, non è, in particolare, necessario che l'esperienza professionale di ciascun componente copra tutti gli aspetti oggetto della gara, potendosi le professionalità dei vari membri integrare reciprocamente, in modo da completare e arricchire il patrimonio di cognizioni della commissione, purché idoneo, nel suo insieme, a esprimere le necessarie valutazioni di natura complessa, composita ed eterogenea. (Amb.Dir.)
Tar Campania, Napoli, Sezione 4, sentenza 25 gennaio 2016, n. 380

Errore professionale compiuto nei rapporti con una diversa stazione appaltante
L'articolo 38, lettera f) del Dlgs 163/2006 demanda alla stazione appaltante la valutazione circa il rilievo dell'errore professionale compiuto dall'impresa che aspira alla stipula del contratto, in modo da accertarne l'affidabilità professionale mediante un apprezzamento necessariamente discrezionale. Da tale premessa consegue (cfr. Cons. Stato, sezione 5, sentenza n. 2289/2014) che l'Amministrazione, per poter esercitare il proprio potere, deve essere posta a conoscenza degli avvenimenti rilevanti a tale scopo: l'impresa partecipante alla gara deve presentare una dichiarazione esauriente, che permetta alla stazione sppaltante una valutazione informata sulla sua affidabilità (cfr. Tar Lazio, Roma, sezione 2-bis sent. n. 690/2015). Proprio lo spazio lasciato all'apprezzamento dell'Amministrazione, e quindi alla necessità che la stessa abbia contezza di come siano stati svolti i pregressi rapporti contrattuali del partecipante alla gara al fine di poter compiutamente esprimere il suo voto, rende ragione dell'ampiezza con cui deve essere inteso l'obbligo di informazione in capo all'impresa: si tratta di dichiarazione/prescrizione essenziale che prescinde dalla circostanza che l'errore si sia manifestato nei rapporti con una diversa Stazione Appaltante, perché attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono agli appalti e ai rapporti con la stazione stessa. (Amb.Dir.)
Tar Puglia, Bari, sezione 1, sentenza 22 gennaio 2016, n. 58

EDILIZIA E URBANISTICA
Abusi commessi da persona diversa dal proprietario dell'immobile
In materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario la posizione di quest'ultimo può ritenersi neutra rispetto alle sanzioni previste dal Dpr 380/2001 e, segnatamente, rispetto all'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene, quando risulti, in modo inequivocabile, l'estraneità del proprietario stesso rispetto al compimento dell'opera abusiva ovvero risulti che, essendone venuto a conoscenza, il proprietario si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento (sul punto ex multis: Consiglio di Stato, sezione 6, sentenza 4 maggio 2015, n. 2211; id., 30 marzo 2015, n. 1650). (Amb.Dir.)
Consiglio di stato, sezione 6, sentenza 29 gennaio 2016, n. 358

Elementi e presupposti della natura precaria di un manufatto
In materia edilizia, la natura precaria di un manufatto non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione dell'opera come attribuitale dal costruttore, ma deve risultare dalla intrinseca destinazione materiale della stessa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non risultando peraltro sufficiente la sua rimovibilità o il mancato ancoraggio al suolo. (Amb.Dir.)
Corte di cassazione penale, sezione 3, sentenza 22 dicembre 2015, n. 50215

I l comproprietario del muro portante può richiedere il permesso di costruire
L'articolo 11 del Dpr 380/2001 detta una norma sull'esistenza, non sui limiti della legittimazione a richiedere il permesso per costruire, che, in definitiva, coincide, tramite un rinvio alle norme civilistiche, con il potere titolato di trasformare il bene oggetto dell'intervento edilizio. È dunque certamente legittimato a richiedere il permesso per costruire il comproprietario del muro portante alle condizioni stabilite dall'articolo 1102 del Codice civile, perché corrisponde a un suo diritto fare uso della cosa comune se non ne muta la destinazione, né impedisce all'altro comproprietario l'esercizio di analoghe facoltà. (Amb.Dir.)
Tar Puglia, Bari, sezione 3, sentenza 14 gennaio 2016, n. 35

Il principio di predeterminazione dei criteri selettivi nei servizi
La concessione di servizi viene definita dalla direttiva 2004/18/CE, nonché dal Codice dei contratti pubblici (articolo 3, comma 12) come «il contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, a eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo». Più specificamente, l'articolo 30 del medesimo Codice al comma 2 afferma che nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio. La distinzione attiene alla struttura del rapporto, che nell'appalto di servizi intercorre tra due soggetti (la prestazione è a favore dell'amministrazione), mentre nella concessione di servizi pubblici intercorre tra tre soggetti, nel senso che la prestazione è diretta al pubblico o agli utenti (cfr. Consiglio di stato, adunanza plenaria n. 13/2013). Sebbene le direttive appalti abbiano tendenzialmente escluso dal proprio ambito di applicazione le concessioni di servizi, l'affidamento delle stesse, secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale, non può essere sottratto ai principi espressi dal Trattato in tema di concorrenza, tra i cui corollari si apprezza proprio quello della predeterminazione dei criteri selettivi, strumento indispensabile per assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità. Anche se l'articolo 30 del Dlgs 163/2006, nell'individuare il regime giuridico delle assegnazioni delle concessioni di servizi, disegna un sistema particolare, rendendolo in gran parte libero e comunque avulso dalle disposizioni che regolano i contratti di appalto, lo stesso non si pone (né avrebbe potuto farlo) contro i principi generali che regolano i procedimenti di affidamento dei servizi pubblici, per cui sia che si tratti di appalto che di concessioni, i principi generali che regolano il modo di essere delle pubbliche amministrazioni sono i medesimi (cfr. Consiglio di Stato, sezione 5, sentenza 23 maggio 2011, n. 3086; Adunanza plenaria n. 13/2013).
Tar Campania, Napoli, sezione 4, sentenza 25 gennaio 2016, n. 380

La necessità del permesso di costruire nel cambio di destinazione d'uso
Solo il cambio di destinazione d'uso fra categorie edilizie omogenee non necessita di permesso di costruire (in quanto non incide sul carico urbanistico), mentre, allorché lo stesso intervenga tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee, si integra in questa ipotesi una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire, e ciò, indipendentemente dall'esecuzione di opere (da ultimo Tar Lazio, Roma, sezione 1-quater, sentenza 28 agosto 2015, n. 10957). Peraltro, anche un cambio di destinazione d'uso che intervenga all'interno della medesima categoria funzionale è urbanisticamente rilevante ogni qual volta esso abbia comportato un aumento o un aggravamento del carico urbanistico insistente sull'area (Consiglio Stato, sezione 5, sentenza 29 gennaio 2009, n. 498). Secondo tali principi il mutamento di destinazione d'uso, anche senza opere edilizie, non può costituire una operazione edilizia o urbanistica per così dire «neutra», da definirsi esclusivamente attraverso il pagamento di una sanzione pecuniaria, dovendo l'Amministrazione verificare se il cambio d'uso non abbia inciso anche sul carico urbanistico della zona (Consiglio di Stato, sezione 4, sentenza 13 luglio 2010, n. 4546; Consiglio di Stato, sezione 4, sentenza 14 ottobre 2011, n. 5539). Tali conclusioni risultano ancor più valide a seguito della modificazione normativa (articolo 23-ter del Dpr 380/2001, introdotto dall'articolo 17, comma 1, lettera n) della legge 164/2014) che ha certificato la rilevanza dei mutamenti di destinazione d'uso. (Amb.Dir.)
Tar Campania, Napoli, sezione 8, sentenza 19 gennaio 2016, n. 246

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