Appalti

Riforma appalti, giorno decisivo al Senato: ultimi nodi della commissione Bilancio e via libera finale

di Giuseppe Latour e Mauro Salerno

Giorno decisivo per la riforma appalti al Senato. A più di un anno dalla presentazione del primo testo in Parlamento oggi («o al massimo domani mattina», conferma il relatore Stefano Esposito) da Palazzo Madama arriverà l'approvazione definitiva del provvedimento che delega il governo a riformare il sistema dei contratti pubblici, recependo le nuove direttive europee e mandando in pensione il vecchio codice appalti (più di 600 articoli e qualche migliaio di commi tra il decreto varato nel 2006 e il regolamento attuativo approvato quattro anni dopo).

L'ultimo ostacolo sulla strada della legge delega è rappresentato dalla commissione Bilancio: si riunirà oggi pomeriggio alle 15, per licenziare il suo attesissimo parere. E non si tratterà di una formalità. Il relatore del provvedimento, Vittorio Fravezzi (Gruppo Autonomie) prima della pausa natalizia ha messo in fila un pacchetto di otto passaggi da verificare, perché non hanno convinto lui e i tecnici di Palazzo Madama. Il primo riguarda la lettera m) sui contratti segretati da sottoporre al controllo della Corte dei conti: i chiarimenti servono ad accertare «l'eventuale necessità di maggiori risorse umane o materiali al fine di gestire le informazioni riservate presso la Corte». Ci sono, poi, da dettagliare meglio le sanzioni Anac sulle varianti, dal momento che potrebbero colpire enti pubblici e comportare un peso per le casse dello Stato.

Ancora, la lettera ll) aumenta i compiti di verifica della stazione appaltante in fase di esecuzione, ma potrebbe «determinare maggior fabbisogno di personale». La lettera mm) «prevede un maggior ricorso al personale dipendente delle pubbliche amministrazioni per i collaudi». Il quinto passaggio nel mirino è la lettera rr): servono chiarimenti sulla riforma del 2%, precisando che non ci sarà un appesantimento per le casse dello Stato. Alla lettera aaa) c'è la revisione del ricorso all'arbitrato. Questa »va meglio circostanziata, per comprendere se l'eventuale incremento delle procedure arbitrali, ancorché amministrate, possa ingenerare maggiori costi rispetto all'utilizzo delle vie giudiziarie ordinarie». Siamo al settimo punto, la lettera ddd): qui si prevede che le imprese tutelino la continuità occupazionale, un principio che potrebbe portare «maggiori oneri finanziari». Infine, c'è nel mirino la garanzia globale di esecuzione, per la quale andranno verificate le conseguenze finanziarie.

La patata bollente è stata girata dalla commissione Bilancio alla Ragioneria generale dello Stato: ai tecnici del Mef è stata chiesta una relazione sugli otto punti, prima di emanare il parere definitivo. «Al momento – dice Fravezzi – la relazione non ci è ancora arrivata. Comunque, contiamo di riceverla subito prima della seduta di commissione». Nel merito, quindi, ancora non ci sono indicazioni. La volontà politica del Senato, al di là delle questioni tecniche, è però già da adesso molto chiara. Conclude Fravezzi: «Il mio auspicio è che oggi si possa chiudere la questione, emanando il parere definitivo. Si tratta di un provvedimento molto atteso da maggioranza e Governo, che può dare una spinta importante alla crescita economica del paese e che, per giunta, è già calendarizzato per l'Aula». Quindi, salvo improbabili colpi di scena, la commissione dirà di sì, senza chiedere modifiche al testo, nonostante qualche dubbio.

A guidare la riforma saranno i 73 criteri direttivi messi a punto in un anno di lavoro dal Parlamento. Al centro della riforma c'è il ruolo-chiave che il disegno di legge affida all'Anac di Raffaele Cantone. Dalla proposte delle linee guida chiamate a sostituire il vecchio regolamento appalti alla definizione di bandi di tipo e indirizzi vincolanti per amministrazioni e imprese, fino alla possibilità di emanare provvedimenti cautelari per garantire la correttezza delle procedure.

Molte le novità anche per le gare, con la stretta sulle deroghe e le procedure negoziate, l'addio al massimo ribasso e la nascita dell'albo dei commissari delle commissioni giudicatrici, che sarà gestito proprio dall'Anticorruzione.

Due le strade lasciate al Governo per attuare la delega. La prima è recepire le nuove direttive entro il 18 aprile, rinviando la riforma (e l'abrogazione) dell'attuale codice a un secondo provvedimento da emanare entro il 31 luglio. La secondo è completare il quadro in un colpo solo: con recepimento e riforma da varare insieme entro aprile. La commissione di 19 esperti nominata dal ministro Delrio è già al lavoro. Ora scatta la corsa contro il tempo.

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