Appalti

Grandi opere, autorizzazioni più veloci (e certe) con i decreti sulla semplificazione in arrivo a Palazzo Chigi

di Davide Colombo

Dal prossimo anno per ottenere un'autorizzazione o una licenza industriale potrebbe servire metà del tempo previsto oggi: 90 giorni anziché i 180 teorici che, quasi sempre, diventano molti di più. Soprattutto se dietro la richiesta c'è un piano per la realizzazione di un nuovo impianto giudicato strategico per il suo impatto economico e occupazionale. È questo l'obiettivo che si prefigge il Governo con il regolamento di delegificazione che dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri venerdì prossimo insieme con una prima serie di altri decreti attuativi. Un appuntamento confermato ieri dal premier Matteo Renzi (su cui si veda altro articolo a pagina 8).

Si tratta dell'attuazione dell'articolo 4 della delega per la riforma della Pa, un provvedimento con cui si trasferiscono in capo alla presidenza del Consiglio i poteri sostitutivi per accelerare procedimenti amministrativi che riguardano gli insediamenti produttivi più rilevanti, le opere di interesse generale o l'avvio di nuove attività d'impresa. In particolare i tempi dimezzati dovrebbero essere garantiti per il rilascio di autorizzazioni, concessioni, altri permessi e nulla osta vari compresi quelli che riguardano la tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o la salute pubblica. Tutte le carte, insomma, che la burocrazia italiana impone per il via libera alla localizzazione di un'opera, uno stabilimento o impianti produttivi.

Lo schema di regolamento prevede che all'inizio dell'anno ogni ente territoriale (Regioni e Comuni) stili una lista analitica dei progetti ritenuti strategici. Dopodiché la presidenza del Consiglio può aggiungere altri progetti, sempre seguendo un criterio di selezione basato sul rilevante impatto economico e occupazionale. Quindi viene pubblicato un decreto del presidente del Consiglio (Dpcm) che riduce i tempi (non più del 50% come dice la delega) dei procedimenti amministrativi dovuti per il via all'attività d'impresa o di un progetto infrastrutturale.

Il taglio dei tempi riguarda l'insieme delle procedure autorizzatorie necessarie, compreso l'eventuale svolgimento di una Conferenza dei servizi (quando cioè amministrazioni diverse devono riunirsi per dare autorizzazioni complesse che coinvolgono ambiti diversi). Se i termini ridotti non vengono rispettati Palazzo Chigi fa scattare il potere sostitutivo e fissa un nuovo termine per la conclusione del procedimento in corso. Per esercitare questo potere sostitutivo il presidente del Consiglio si avvale di un supporto tecnico-amministrativo, uno staff attivato presumibilmente a Palazzo Chigi a costo zero (come prevede la delega). Se le opere in questione avessero una rilevanza territoriale l'esercizio del potere sostitutivo per fissare i nuovi termini di chiusura della procedura amministrativa potrebbe essere delegato ai sindaci o ai presidenti delle Regioni. Anche in questo caso il regolamento fa comunque un passo avanti rispetto allo schema regolatorio previsto oggi, con la previsione di un «responsabile del procedimento» all'interno di ogni amministrazione cui ci si può rivolgere in caso di non rispetto dei termini. Un modello che non ha funzionato.

Il taglia-tempi per le grandi opere o i grandi insediamenti produttivi completa il quadro di semplificazione previsto da un altro decreto legislativo (di attuazione dell'articolo 2 della riforma Pa) pure atteso al varo venerdì prossimo e che riguarda la Conferenza servizi (si veda Il Sole 24Ore del 18 dicembre). La nuova conferenza dei servizi regolata dalla riforma Madia si svolgerà perlopiù senza riunioni fisiche ma solo con l'invio per posta elettronica dei documenti necessari per esaminare un procedimento amministrativo che vede coinvolti più soggetti pubblici. E le decisioni finali scatteranno comunque entro 60 giorni, posto che si considererà come acquisito l'assenso delle amministrazioni che non si sono espresse. Le riunioni "simultanee", ovvero quelle in forma tradizionale, si potranno effettuare anche in via telematica ma saranno limitate solo ai casi di decisioni particolarmente complesse o in cui sono richieste rilevanti modifiche progettuali che impongono alle amministrazioni coinvolte una valutazione aggiuntiva. Anche in questi casi vale la regola dei 60 giorni: chi non si esprime in conferenza del servizi è come se desse l'assenso. E ancora: alla nuova conferenza dei servizi potrà partecipare un unico rappresentante, rispettivamente per le amministrazioni statali, uno per ogni Regione e uno per ogni Comune.

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