Appalti

Consiglio di Stato: il mancato invito per «grave negligenza» non va motivato nella gara specifica

di Francesco Clemente

Se la stazione appaltante si è già espressa sull’affidabilità del contraente uscente che ha commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione dell’appalto, lo stesso può essere escluso “implicitamente” dalla nuova gara anche con un mancato invito, essendo quest’ultimo atto ormai vincolato. Il Consiglio di Stato - sentenza 5564/2015 del 7 dicembre - ha così bocciato il ricorso di una società che contestava a un Tribunale il mancato invito alla nuova gara per il noleggio di sistemi di supporto alle intercettazioni della Procura sulla base di «disservizi e inadempimenti» nel contratto precedente per lo stesso servizio.

Secondo la ricorrente, per l’esclusione dalla nuova gara era necessario un atto formale «secondo motivata valutazione della stazione appaltante» come previsto dal Codice appalti in tema di «requisiti di ordine generale» (comma f, articolo 38, del Dlgs 163/2006) per chi ha commesso grave negligenza o malafede negli affidamenti della Pa che indice il bando. Per il Tribunale, invece, la «motivata valutazione» era in una nota di contestazioni inviata tre mesi prima della scadenza del contratto e in cui si precisava come, seppur con gravi violazioni, alla risoluzione o al recesso anticipato si fosse preferito attenderne il termine ormai vicino, e si dichiarava la volontà di non rinnovarlo «essendo venuto meno il rapporto di fiducia».

Respingendo la tesi dell’ormai ex gestore, il collegio ha chiarito che in questi casi «… non può farsi esclusivo riferimento, ai fini dell’accertamento della concreta esistenza di una determinazione di non invito e della sua motivazione, agli atti specificamente inerenti la singola procedura concorsuale, ma occorre estendere l’indagine anche a quelli che hanno caratterizzato il rapporto contrattuale in scadenza», perciò «la determinazione di mancato invito e le sue ragioni possono essere individuate anche in atti precedenti nei quali la pubblica amministrazione abbia in anticipo chiaramente palesato la propria volontà di non affidare il servizio per il futuro a tale operatore economico». Per i giudici, «tale valutazione, invero, ove esistente, esprime già le ragioni della “motivata valutazione” e va a costituire, nella nuova procedura, l’atto di mancato invito ovvero ad integrare, quanto a supporto motivazionale, l’atto implicito di mancato invito che, in assenza di espressa determinazione provvedimentale, voglia individuarsi nel nuovo procedimento di affidamento del servizio». Nel caso in esame si è spiegato che «si è, dunque, in presenza di un mancato invito consentito dalla normativa, il quale non è arbitrario né irragionevole», posto che «si palesa come atto vincolato, meramente applicativo di una scelta già in precedenza espressa dall’organo pubblico». Nella sentenza si è poi ribadito che la non “annullabilità” dell'atto adottato in violazione di legge è ammessa dalle norme sul procedimento (articolo 21-octies, articolo 241/1990) solo «qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato», ma nella fattispecie ciò vale anche se segue un’attività discrezionale che «(…) in ordine alla motivata valutazione circa la sussistenza di inadempimenti escludenti era già stata esercitata (e consumata)...».

La sentenza n. 5564/2015 del Consiglio di Stato

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