Appalti

Appalti centralizzati/1. Anac: l'obbligo di aggregare non si applica alle concessioni

di Giuseppe Latour

I contratti di concessione non rientrano nel perimetro di applicazione dell'articolo 33 comma 3 bis del Codice appalti. È la conclusione alla quale arriva il comunicato datato 22 dicembre dell'Autorità anticorruzione, appena pubblicato. Le norme che impongono ai Comuni non capoluogo di passare da un soggetto aggregatore o da un'altra forma di centralizzazione delle loro committenze si applicano soltanto ai rapporti qualificabili come appalti. Le concessioni, secondo la definizione delle nuove direttive europee, sono fuori da questi vincoli. Per questo – spiega l'Authority di Raffaele Cantone – sarà decisivo verificare quando una procedura può essere qualificata come concessione, andando a controllare soprattutto la presenza del requisito del trasferimento del rischio operativo.

La questione nasce a novembre del 2015, quando l'Associazione nazionale delle aziende concessionarie di servizi entrate degli enti locali (Anacap) ha trasmesso una risoluzione con la quale "ha ritenuto non sussistente per gli enti locali l'obbligo di centralizzazione degli acquisti di cui all'articolo 33, comma 3-bis, del Codice dei contratti pubblici in relazione agli affidamenti dei servizi di accertamento e riscossione dei tributi". Il questo dell'associazione riguarda due temi: la possibilità di qualificare la riscossione dei tributi come concessione e l'obbligo per le concessioni di rispettare i vincoli dell'articolo 33.

L'Autorità premette che la nuova direttiva 23/2014/Ue in materia di appalti, affermando la natura contrattuale della concessione, specifica con chiarezza che "la differenza con l'appalto si concreta nella circostanza che il corrispettivo del servizio è costituito unicamente dal diritto di gestire lo stesso oppure da tale diritto accompagnato da un prezzo, quindi dal diritto allo sfruttamento economico del servizio offerto. Per tale ragione, il contenuto necessario del contratto di concessione è il trasferimento in capo all'operatore economico del cosiddetto "rischio operativo", inteso come rischio di esposizione alle fluttuazioni del mercato, che possono derivare da un rischio sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o contestualmente da entrambi". Il rischio operativo deve derivare – per definizione – da fattori fuori dal controllo delle parti.

Messa tra parentesi la questione relativa al servizio di riscossione dei tributi, l'Anac spiega che "laddove, per lo specifico contenuto del rapporto contrattuale, lo stesso risulti inquadrabile nel modulo concessorio, in osservanza dei principi stabiliti dall'ordinamento nazionale ed europeo e dei criteri elaborati dalla giurisprudenza, potrà ritenersi non applicabile il disposto di cui al comma 3-bis dell'articolo 33 del Codice dei contratti pubblici". In sostanza, la norma che vincola i Comuni non capoluogo a passare da una forma di centralizzazione degli appalti, come i soggetti aggregatori o gli accordi tra amministrazioni, non si utilizza per le concessioni.

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