Appalti

Appalti, il Tar Abruzzo contro le indicazioni Anac sul soccorso istruttorio

di Giuseppe Latour

La sanzione per le irregolarità gravi nelle dichiarazioni sostitutive resta in vita anche se l'impresa decide di non fare ricorso al soccorso istruttorio. E' l'indicazione che arriva dalla sentenza n. 784 del 2015 del Tar dell'Aquila. Si tratta di una pronuncia di grande importanza, perché prosegue il filone di giurisprudenza, inaugurato dal procuratore generale presso la Corte dei conti, che va contro le indicazioni inserite dall'Anac nella sua determinazione n. 1 del 2015. Sanzioni e soccorso istruttorio, quindi, viaggiano su due binari paralleli.
La questione nasce quando il Comune dell'Aquila, in una gara di inizio 2015, rileva nell'impresa aggiudicataria la mancanza del requisito tecnico riferito alla progettazione esecutiva per diverse categorie di lavori. Così, le concede il termine di dieci giorni per integrare il requisito mancante e, allo stesso tempo, attiva le sanzioni del Codice appalti collegate alle dichiarazioni sostitutive incomplete. Quindi, il soccorso istruttorio viene accompagnato alle sanzioni.
L'impresa, però, fa ricorso contro queste sanzioni, lamentando la loro irrogazione. Il motivo è che "non avendo aderito al soccorso istruttorio, anzi avendo espressamente manifestato la volontà di non aderirvi, la stazione appaltante non avrebbe potuto applicarle la sanzione di cui agli articoli 38, comma 2-bis, e 46, comma 1-ter" del Codice appalti. Quindi, se non c'è soccorso istruttorio verrebbero meno anche le sanzioni.
Il giudice, allora, è chiamato a spiegare se la sanzione sia collegata o meno all'applicazione effettiva del soccorso istruttorio. Sul punto si è pronunciata già l'Anac, che ha sostenuto nella determinazione n. 1 del 2015 l'inapplicabilità della sanzione al concorrente che non aderisce al soccorso istruttorio. La sanzione, cioè, serve solamente "al fine di poter integrare e regolarizzare le relative omissioni e/o carenze" contenute nella dichiarazione. Si conferma in tal modo – spiega la sentenza – "l'orientamento giurisprudenziale a tenore del quale occorre dare prevalenza al dato sostanziale (la sussistenza dei requisiti) rispetto a quello formale (completezza delle autodichiarazioni rese dai concorrenti)".
Esiste, però, una linea giurisprudenziale di segno opposto e la sentenza decide di seguirla. Spiegando che la sanzione può essere applicata "non solo quando il concorrente che sia incorso in un'irregolarità essenziale decida di avvalersi del soccorso istruttorio, integrando o regolarizzando la dichiarazione resa, ma anche nell'ipotesi in cui questi, non avvalendosi del soccorso istruttorio, venga escluso dalla procedura di gara".
Il Tar non condivide l'orientamento dell'Anac in primo luogo per un motivo testuale. "Il comma 2-bis dell'articolo 38 del Dgs n. 163 del 2006, infatti, chiarisce che è la mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale nelle dichiarazioni sostitutive volte ad accertare i requisiti di partecipazione alle procedure di gara, in sé per sé considerate, ad obbligare il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara". La legge, cioè, non considera in nessun modo la risposta della stazione appaltante.
In secondo luogo, "ritiene il Collegio che questa lettura ermeneutica sia avvalorata dalla ratio della disposizione esaminata". In altre parole, da un lato c'è il soccorso istruttorio che serve a evitare esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali. Dall'altro c'è la sanzione che colpisce l'irregolarità essenziale, "indipendentemente dal fatto che essa venga successivamente sanata o meno dall'impresa interessata". Un orientamento seguito anche dalla relazione del procuratore generale della Corte dei conti all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2015, secondo cui "la sanzione è dovuta anche ove il concorrente decida di non rispondere all'invito a regolarizzare".

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