Appalti

Riforma appalti, anche per l'Antitrust le clausole sociali non devono essere un obbligo

di Mau.S.

Dopo l'Anticorruzione anche l'Antitrust espire il proprio parere sulle clausole sociali inserite nella delega per la riforma appalti. Nella «piena consapevolezza» che le clausole sociali «rispondono all'esigenza di assicurare la continuita' dell'occupazione nel caso di continuità dell'affidatario», l'Autortità sottolinea «che il criterio generale da osservarsi è che eventuali limiti e restrizioni non possono formare oggetto di alcun obbligo e debbono in ogni caso risultare compatibili con l'organizzazione dell'impresa subentrante». «Solo in questi termini - si rileva nel dpocumento inviato al presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi - simili vincoli possono ritenersi compatibili con la libertà di concorrenza e con la libertà di iniziativa economica ex articolo 41 della Costituzione».

Nello specifico, nel parere firmato dal presidente dell'Antitrust, Giovanni Pitruzzella, si ritiene che «l'utilizzo in via prioritaria degli addetti già impiegati nel medesimo appalto deve consentire in ogni caso la scelta dei profili professionali da parte delle imprese potenziali aggiudicatarie». La «introduzione di "clausole sociali" volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato negli appalti pubblici di servizi pone dei problemi concorrenziali, posto che, pur nella genericità della formulazione, non viene prevista alcuna verifica di compatibilità con le esigenze di natura produttiva e tecnica dell'impresa entrante». Infine «analoghe valutazioni valgono per l'introduzione di clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, tra l'altro, con riguardo ai call center».

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