Appalti

Digitalizzazione Pa: più efficienza nella vigilanza antimafia sulle infrastrutture

di Massimo Frontera

Sono 200 le grandi opere i cui flussi finanziari possono oggi essere passati al setaccio con un clic. Non che prima non fosse possibile - per gli inquirenti - analizzare tutti i movimenti di denaro legati ai cantieri pubblici. Solo che oggi si può fare attraverso un terminale senza necessità di recarsi fisicamente nell'istituto di credito. Non solo, è possibile interrogare la banca dati in vari modi, partendo dal nome o dall'importo, dal territorio o altro. La norma che ha previsto tutto questo è l'articolo 36 del decreto n.90/2014 (di riforma della Pa), attuato dalla delibera n. 15/2015 del Cipe pubblicata il 7 luglio scorso in «Gazzetta». Con la delibera n.15 il Cipe ha approvato le linee guida sul monitoraggio finanziario delle grandi opere di interesse nazionale e allo stesso tempo ha fatto scattare l'obbligo di applicarle, a tutti gli appalti del Collegato Infrastrutture.

Una rivoluzione che semplifica e velocizza i controlli da parte di soggetti istituzionali e inquirenti. Una rivoluzione partita in sordina in modo sperimentale, ma che in pochi anni si è sviluppata al punto da diventare una buona pratica da diffondere in Europa, come spiega Liliana Fratini Passi, direttore generale del consorzio bancario Cbi (si veda intervista in pagina).
Il consorzio Cbi - emanazione dell'Abi - è l'infrastruttura di base che, di fatto, rende possibile lo scambio delle informazioni. Ad oggi ne fanno parte 580 istituti finanziari, per quasi il 90% del sistema bancario italiano.

Il motivo alla base della creazione del consorzio è - banalmente - quello di semplificare la vita alle imprese nei rapporti con le banche. Praticamente una necessità in un Paese dove un'impresa ha in media sette conti correnti con diversi istituti. L'idea del consorzio è quella di far dialogare tra loro le banche che hanno rapporti con l'impresa. Dal 2007 ad oggi, le imprese nella "rete" del consorzio sono passate da quasi 500mila a oltre il milione. L'idea di sfruttare questa architettura per contrastare le infiltrazioni della criminalità nelle opere pubbliche è venuta dopo.

La "prima pietra" è stata la sperimentazione del sistema di monitoraggio dei flussi finanziari sulla tratta T5 della linea C della metropolitana di Roma.
Sperimentazione concordata nel 2009 con un protocollo d'intesa siglato tra l'Abi, l'associazione bancaria italiana, il Dipe della Presidenza del Consiglio e il Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere (Ccasgo) del ministero dell'Interno. Dopo questa prima esperienza il progetto è cresciuto rapidamente allargando la sperimentazione ad altre infrastrutture puntuali (come la Variante di Cannitello o la linea M4 di Milano) o a una serie di interventi (Grande progetto Pompei). Dal luglio scorso - dopo la pubblicazione in «Gazzetta» della Delibera Cipe 15/2015 - il monitoraggio è uscito dalla fase sperimentale per diventare cogente su tutte le principali opere di interesse nazionale.

Si tratta di circa 200 opere, quelle dell'allegato Infrastrutture. Attualmente il sistema è più avanti su 32 opere considerate prioritarie. «L'obbligo - ha sottolineato Giovanni Sabatini, direttore generale dell'Abi e presidente del consorzio Cbi - si riferisce a circa 200 grandi opere pubbliche in Italia, ognuna delle quali ha circa 400 aziende collegate in filiera.
Ciò richiederà un importante sforzo da parte delle banche a fianco delle istituzioni preposte al rispetto della legalità. Inoltre il monitoraggio finanziario è un passo avanti verso la digitalizzazione del Paese, con grandi vantaggi».
Ma come funziona il sistema? Il concetto di base è semplice (l'architettura tecnologica sottostante lo è molto meno). L'idea è quella di associare la grande opera a un solo conto corrente bancario.

Questo è possibile utilizzando per i bonifici lo standard Sepa, che consente di abbinare al pagamento il Cup, il codice unico di progetto dell'opera pubblica: un solo codice per tutti i pagamenti alle imprese e tra le imprese. L'intera rete delle relazioni economiche diventa in questo modo facilmente rintracciabile e ricostruibile. La positiva sperimentazione ha spinto a partecipare a un bando europeo per la prevenzione e la lotta alla criminalità. È nata così la proposta Capaci (Creation of Automated Procedures Against Criminal Infiltration in public contracts), candidata da ministero dell'Interno, consorzio Cbi e Formez Pa. Dopo aver ottenuto finanziamenti, la delegazione italiana sta attuando la "dissemination" cioè la presentazione del progetto agli stati interessati, a cominciare da Spagna, Svizzera e Croazia.

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