Appalti

Appalti, un ente su due non controlla l'esecuzione del contratto. Reputazione imprese: ok al rating

di Mauro Salerno

Una stazione appaltante su due non controlla la corretta esecuzione del contratto. E quei pochi che decidono di valutare la performance di costruttori e fornitori lo fanno basandosi più che altro su strumenti di tipo procedurale, senza entrare più di tanto nel merito. Il risultato è che nessuno traccia e tiene memoria del comportamento tenuto a valle della gara da parte delle imprese . Disperdendo informazioni che invece tornerebbero utilissime in caso di nuovi acquisti o gare per l'aggiudicazione di un cantiere.

A fotografare il comportamento delle amministrazioni è uno studio curato dalla fondazione Promo Pa, in collaborazione con Bravosolution. La ricerca è stata effettuata interrogando un campione di 250 stazioni appaltanti. Sullo sfondo la norma della delega appalti, all'ultimo giro di boa al Senato, che introduce il rating di reputazione delle imprese nella riforma del codice da varare entro la prima metà del 2016.

La ricerca
Si parte da un dato. Nel campo dei lavori pubblici quasi un ente su tre (il 27,3%) ha dovuto gestire un contenzioso scaturito da inadempimenti in corso di esecuzione dell'appalto. Nella maggiorparte dei casi il conflitto tra amministrazione e impresa ha riguardato il rispetto dei tempi di consegna o la realizzazione di opere (o fornitura di prodotti e servizi) non conformi al contratto.

Appena sufficiente il giudizio sugli attuali sistemi di qualificazione (Soa nei lavori, verifica di requisiti in gara per forniture e servizi). Ma il giudizio scende sotto la sufficienza quando si tratta di valutare la capacità di valutare ex ante la reputazione delle imprese. Anche perché, come anticipato, solo il 43,2% della Pa mette in campo strumenti di controllo delle performance. Questo significa che in oltre la metà dei casi non si controlla l'esecuzione delle opere in cantiere.

Conclusa la gara, insomma, l'interesse per l'appalto cade. Tutto il contrario di come dovrebbe essere, per valutare se la realizzazione dell'opera (o la fornitura di un materiale o di un progetto) risponde alle caratteristiche promesse in fase di aggiudicazione. Dai dati emersi dalla ricerca si scopre che solo una Pa su cinque inserisce nei capitolati gli indicatori atti a valutare con parametri oggettivi la performance degli appaltatori. «Non solo - sottolinea Annalisa Giachi, curatrice della ricerca Promo Pa - anche laddove si utilizzano strumenti di monitoraggio essi sono prevalentemente tradizionali e si basano solo su un controllo formale dei contenuti dell'appalto».

Rating di reputazione
Positive le valutazioni rispetto all'introduzione di un rating di reputazione. A patto che si tratti di un meccanismo basato su parametri oggettivi e non finisca per appesantire una macchina burocratica già piuttosto aggravata di obblighi nella gestione delle gare. Bene la scelta di affidarne la gestione a un soggetto terzo - come l'Anac - ma con la messa a punto di procedure automatiche nei bonus (o nelle esclusioni) in modo da limitare la discrezionalità dei funzionari. L'esito - per alcuni - potrebbe essere addirittura quello di un «Tripadvisor degli appalti» con un sistema pubblico e informazioni accessibili a tutti.

«La semplificazione del codice degli appalti prevede un aumento della discrezionalità delle amministrazioni nella gestione dei contratti - ha detto il consigliere delegato di Bravolustion Italia Ezio Melzi - . Il controllo da parte delle agenzie preposte, in particolare l'Anac, diventerà dunque sempre più cruciale sia in termini di presidio globale della spesa che di tutela della legalità. Un compito che, per essere svolto senza ricadute in termini di costi e di rallentamento dei processi, richiederà il supporto di tecnologie, fortunatamente già disponibili e già ampiamente utilizzate da moltissime organizzazioni pubbliche nel mondo. Guardare a queste esperienze può aiutare».

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