Appalti

Riforma appalti, le norme che limitano concorrenza e trasparenza: ecco i 10 casi più clamorosi

di Giuseppe Latour

Lavori in house ancora possibili per le concessionarie. Appalti sottosoglia basati su semplici inviti. Deroghe flessibili per gli interventi di Protezione civile. Pubblicità dei bandi depotenziata. E, ancora, nessuna rivoluzione sulla qualificazione delle imprese, rischio di abusi sul fronte delle offerte economicamente più vantaggiose, concorsi di progettazione relegati in un angolo, incertezze sui limiti agli arbitrati. La riforma appalti, nonostante il lavoro svolto in questi mesi prima dal Senato e poi dalla commissione Ambiente della Camera, non è tutta concorrenza e trasparenza. Anzi. Sono diversi i passaggi nei quali, soprattutto nel passaggio di Montecitorio, la morsa che puntava a ripulire un settore allo sbando si è decisamente allentata. Abbiamo individuato i dieci casi più clamorosi. Compresa la scelta di spacchettare il recepimento in due tempi che, a conti fatti, rischia di generare una forte confusione.

Offerta economicamente più vantaggiosa
E' uno dei principi chiave della riforma. Il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa è il modello chiave per aggiudicare gli appalti. In questo senso, all'Anac viene affidato il compito di tenere un albo nazionale dei commissari, per controllare chi andrà a giudicare le diverse offerte. Il criterio del prezzo più basso diventa residuale e sarà applicabile solo in casi predeterminati. E' stato lo stesso presidente dell'Anac Raffaele Cantone, però, a mettere più volte tutti in guardia: l'offerta economicamente più vantaggiosa lascia ampi spazi di discrezionalità. L'abuso di questo strumento potrebbe anche rappresentare un pericolo.

Lavori in house
Sulle concessionarie (tutte, ma la norma è particolarmente sensibile in ambito autostradale) va segnalato un arretramento tra il testo del Senato e quello della Camera. Nella versione uscita dalla commissione Ambiente di Montecitorio queste potranno affidare senza gara a società partecipate solo il 20% degli appalti sopra i 150mila euro, dunque l'80% dovrà andare in gara. La formula in vigore oggi è 60% in gara, 40% in house. Quindi, rispetto ad oggi è un passo avanti. Ma è un passo indietro rispetto alla soluzione del Senato, dove senza cedere a mediazioni si optava per una soluzione decisamente più radicale: tutto in gara. Le proteste delle concessionarie autostradali, ma anche dei sindacati hanno evidentemente pesato.

Appalti sottosoglia
Anche sul fronte della formula scelta per l'affidamento degli appalti sottosoglia europea il passo indietro tra Senato e Camera è evidente. Nel testo del Senato, infatti, si prevedeva per le procedure semplificate la necessità di garantire la presenza di almeno cinque offerte: quindi, imprese che materialmente accedono agli atti di gara e fanno una proposta. La Camera è passata a "cinque inviti", una soluzione che sembra meno rigorosa, dal momento che, in teoria, basta mandare una raccomandata a cinque aziende per soddisfare gli obblighi di legge. Non solo. Già oggi nelle procedure negoziate fino a 500mila euro vige l'obbligo di invitare almeno cinque imprese. Mentre tra 500mila e un milione di euro, l'obbligo è di invitare almeno dieci operatori.

Protezione civile
Altro passaggio sul quale sono state mischiate le carte rispetto al testo del Senato. Alla Camera è rimasto il divieto di deroghe rispetto alle procedure ordinarie, ma è cambiata la formula. Mentre prima le deviazioni erano ammesse solo per appalti legati a calamità naturali (un caso che pareva blindato), ora si parla più genericamente di "situazioni emergenziali". Una formulazione all'interno della quale possono essere incluse anche altre fattispecie, oltre agli eventi naturali, lasciando una porticina aperta alle deroghe in stile vecchia Protezione civile.

Società di attestazione
Le società di attestazione non saranno cancellate. Nel nuovo Codice saranno inseriti dei criteri che cercheranno di rendere il sistema di qualificazione delle società più improntato a criteri oggettivi, legate alle competenze tecniche, alle risorse umane, alle attività eseguite. Saranno anche introdotti i cosiddetti "criteri reputazionali", che guardano alla storia dell'impresa, e il rating di legalità. Il sistema delle Soa, però, resterà in piedi, anche se in una certa fase, anche a causa dei guai giudiziari, era apparso assolutamente spacciato.

Concorsi di progettazione
Il riferimento ai concorsi appare ancora molto morbido. Uno dei criteri del testo prevede che per assicurare il miglioramento della qualità architettonica nel nostro paese sia limitato l'appalto integrato e, allo stesso tempo, sia usato lo strumento dei concorsi di progettazione. In realtà, però, rispetto al Codice in vigore non ci sono grossi avanzamenti. Una mancanza che si segnala anche in chiave di trasparenza e competizione, dal momento che il concorso è l'unica forma di gara che garantisce una selezione basata sul progetto e non sul curriculum del progettista.

Arbitrati
Il testo uscito dalla commissione Ambiente della Camera ammorbidisce le previsioni del Senato, ancora una volta. Palazzo Madama aveva parlato di limitare "il ricorso alle procedure arbitrali", senza eccezioni. Montecitorio, ancora una volta, apre una porta alle deroghe e chiede di elencare "i casi specifici" nei quali sarà possibile fare ricorso agli arbitrati. Senza contare che, a un certo punto, era stato ipotizzato di lasciare in vita solo gli arbitrati amministrati.

Centrali di committenza
Cambia la formula scelta per l'obbligo di centralizzare gli appalti. Con paletti meno rigorosi nel testo della Camera. Ora si precisa che per gli appalti sopra i centomila euro l'obbligo può essere assolto facendo riferimento ad ambiti ottimali riferiti a unioni di comuni. Mentre sparisce il vincolo (inserito al Senato) di fare riferimento a una centrale di committenza di livello quantomeno regionale per gli appalti soprasoglia comunitaria. Insomma, l'ipotesi fatta da Stefano Esposito di scendere a 230 stazioni appaltanti pare tramontata. Questo sistema non si coordina con le 35 centrali regionali alle quali sta lavorando il Governo. Lasciando alto il numero di stazioni appaltanti, ovviamente, la possibilità di controllo e la trasparenza diminuiscono.

Cancellazione della pubblicità dei bandi
Altra novità che riduce la trasparenza è la cancellazione dell'obbligo di pubblicità di bandi e avvisi di gara sui giornali. Una modifica, sostenuta da deputati del Pd e del movimento Cinque Stelle, che non cambia nulla per le casse dello Stato. Visto che anche ora la pubblicazione dei bandi degli avvisi di gara e dei risultati della competizione è posta a carico del vincitore della commessa, chiamato a rimborsare (entro 60 giorni) le spese della pubblicazione anticipate dalla stazione appaltante. La novità non entrerà in vigore da subito. Fino al primo gennaio 2016 infatti continueranno ad applicarsi le regole attuali che prevedono l'obbligo di pubblicazione sui quotidiani con rimborso a carico dell'aggiudicatario.

Attuazione in due tempi
Anche questa è una scelta che potrebbe limitare la trasparenza del nuovo Codice. L'idea iniziale era fare ricorso a un nuovo Codice leggero, senza regolamento. Ci troveremo invece un primo decreto di recepimento (entro aprile 2016), un secondo decreto correttivo (entro luglio 2016) e, poi, le linee guida elaborate da Anac e ministero delle Infrastrutture che, nei fatti, rischiano di ritornare a un modello simile al vecchio regolamento. Il pericolo di questo sistema è che ci possa essere confusione nella fase transitoria, prima che tutto vada a regime. Ma anche che il nuovo assetto, così stratificato, risulti ancora una volta problematico.

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