Appalti

Grandi opere/3. Mose: lavori slittati al 2018, opere già danneggiate, nodo gestione

di Franco Tanel

Il Mose prova a scrollarsi di dosso il pesante fardello delle tangenti e del malaffare che hanno terremotato il Veneto. I tre Amministratori Straordinari del Consorzio Venezia Nuova (Luigi Magistro, Francesco Ossola e Giuseppe Fiengo) stanno lavorando per rimettere in moto il complesso meccanismo amministrativo e i cantieri che l'inchiesta penale del giugno 2014 aveva di fatto bloccato.

L'avanzamento lavori si era interrotto a metà del 2014, quando l'opera era completata per l'82%, se facciamo riferimento al valore totale dell'investimento. Blocco che ha comportato lo slittamento della data prevista per la conclusione dei lavori da giugno 2017 a giugno 2018. Ricordiamo che il Mose, il cui costo complessivo è lievitato nel tempo fino a oltre 5,4 miliardi di euro, doveva in origine essere completato per il 2012. Sarà la magistratura a dire se l'incremento dei costi e i ritardi sono giustificati, quello che i tre Amministratori Straordinari vogliono oggi assicurare è il completamento dell'opera e la sua messa in esercizio quanto prima possibile.

La questione principale è naturalmente quella dei finanziamenti. Il quadro ufficiale, aggiornato al 31 dicembre 2014, dice che a fronte di un costo complessivo di 5.493 mln di euro sono stati già stanziati attraverso varie delibere Cipe 5.272 milioni di euro. Rimangono da assegnare quindi 221 milioni di euro.

Se guardiamo invece ai finanziamenti già stanziati e utilizzati in relazione agli atti stipulati con il Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche (ex Magistrato alle Acque di Venezia) la cifra impegnata è di 4.754 milioni di euro. Sono quindi 518 i milioni che al 31 dicembre 2014 risultavano stanziati ma ancora non effettivamente disponibili. Nel corso di quest'anno la delibera Cipe 42/2014 pubblicata il 17 aprile 2015 e relativa ai fondi stanziati dalla Legge di Stabilità 2014 ha reso disponibili 285 milioni, contrattualizzati a giugno, fondi che hanno permesso di riavviare i cantieri come stabilito dall'atto integrativo n. 8690 del 14 maggio 2015, già registrato alla Corte dei Conti il 10 giugno scorso. Rimangono quindi ad oggi 233 milioni da rendere disponibili.
Vediamo come e in che tempi: 67 milioni relativi ai fondi assegnati con la delibera Cipe 67/2013 saranno attivati con un atto del Provveditorato Opere Pubbliche entro il mese di novembre di quest'anno. I residui 166 milioni assegnati dal decreto congiunto MIT/MEF n 119 del 1 aprile 2015 saranno attivati invece in due tranche. La prima di 62 milioni di euro con un ulteriore atto del Provveditorato Opere Pubbliche entro novembre prossimo, la seconda di 104 milioni, attraverso un contratto con la BEI, e quindi un finanziamento, il cui iter dovrebbe concludersi tra il dicembre di quest'anno e febbraio 2016.

E' interessante notare che il piano finanziario prevede dal 2016 una disponibilità di cassa a copertura dei lavori da completare di 433 milioni di euro ai quali vanno aggiunti circa 79 milioni di residui, a copertura in parte di attività ancora da completare e di interessi passivi. Se gli atti e il trasferimento delle somme saranno completati nei tempi previsti, non ci dovrebbero quindi essere problemi di cassa. A questo proposito, gli Amministratori Straordinari hanno deciso, diversamente dal passato, di non farsi più anticipare dalle banche gli stanziamenti del governo appena la delibera Cipe è pubblicata in Gazzetta Ufficiale, pratica che assicurava l'immediata disponibilità a fronte però di un significativo onere finanziario, ma di operare il più possibile con i fondi realmente trasferiti dalle casse statali.

I 221 milioni ancora da stanziare (mancano ancora i fondi statali e le delibere Cipe) sono invece destinati a interventi complementari al Mose, e in particolare a opere di compensazione ambientale richieste dalla Unione Europea, a infrastrutture e macchinari per la manutenzione delle paratoie e alle opere di inserimento paesaggistico e architettonico indicate dalla Commissione per la Salvaguardia di Venezia.

Ma i tre Amministratori Straordinari non si sono limitati ad assicurare il proseguimento dei lavori, hanno voluto rivedere le procedure e i costi di gestione dello stesso Consorzio Venezia Nuova. L'obiettivo è una drastica riduzione dei costi di gestione e degli oneri finanziari connessi che già a fine 2015 dovrebbero essere attorno ai 21 milioni di euro, 5 dei quali di oneri finanziari. Per dare una idea, i costi di gestione nel 2012 erano 34 milioni e 31 nel 2013. In questo quadro era stata avanzata anche la ipotesi di licenziare alcuni dei 119 dipendenti del Consorzio, prospettiva ora superata grazie ad un contratto di solidarietà sottoscritto da tutti i lavoratori. Drastico taglio invece dei dirigenti che da 15 sono passati a due.

Nelle settimane scorse però il dibattito sul Mose si è focalizzato soprattutto su due questioni. Gli incidenti e i guasti accaduti nei mesi scorsi e venuti alla luce solo ora e il tema della "governance" dell'opera, una volta completata. E' accaduto infatti che solo a settembre si sia saputo di un grave danno avvenuto mesi prima, accaduto nella fase di posa di un cassone alla bocca di porto di Chioggia. In seguito si è scoperto che la porta lato mare che chiude la conca di navigazione di Malamocco è stata danneggiata da una mareggiata, che la ha fatta ripetutamente "sbattere" sul fondo. Infine è emerso che il "jack up" lo speciale pontone che sarà utilizzato per la rimozione e lo spostamento delle paratoie per la loro manutenzione, ha dei problemi ad una delle "gambe" in acciaio. In tutti i casi problemi superabili, certamente costosi, (il solo ripristino del cassone è costato circa 12 milioni di euro) ma che non tranquillizzano, ad esempio, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, molto contrariato per non essere stato informato dei fatti, appresi solo dai giornali.

Sul fronte della gestione dell'opera una volta ultimata, i problemi sono tutti sul tappeto. Come ha ammesso anche lo stesso ministro delle infrastrutture Graziano Delrio nel corso della sua ultima visita ai cantieri del Mose, non è chiaro ancora quanto costerà, non solo la manutenzione dell'intero sistema ma neppure la gestione ordinaria. Nulla di preciso neppure su chi avrà la responsabilità di decidere quando e come far alzare le paratie. Il sindaco rivendica a sé, o meglio al Comune, questa decisione, ma già l'Autorità Portuale fa sapere che vuole poter dire la propria. In questa situazione confusa, si inserisce anche il presidente della Regione Luca Zaia, che da una parte dice di non voler metter un euro per la gestione dell'opera, dall'altra critica già il suo funzionamento. Per Zaia è incomprensibile il fatto che, a Mose operativo, la zona di Piazza San Marco continuerà ad andare sott'acqua. In realtà si tratta di decidere a quale altezza di marea sollevare le paratoie. Quella ipotizzata fino ad oggi, +110 cm, non protegge Piazza San Marco che è a +80 cm sul livello medio della laguna. D'altra parte se le paratoie si alzassero per ogni marea di 80 cm, o poco più, le giornate di chiusura delle bocche di porto sarebbero numerosissime. E intanto, a completare il quadro, c'è chi propone di continuare a far andare sott'acqua Piazza San Marco, per non compromettere quella che è vista anche come una attrazione turistica della città.

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