Appalti

Consiglio di Stato: legittimi i bandi di gara con clausole più restrittive della legge

di Francesco Clemente

Se serve a garantire l’interesse pubblico, le stazioni appaltanti possono fissare un bando di gara anche con requisiti più restrittivi di quelli previsti dalla normativa di riferimento. L’ha stabilito il Consiglio di Stato nella sentenza n. 4440/2015, depositata dalla Quinta sezione il 23 settembre, bocciando il ricorso di una società di sistemi per il controllo del traffico contro le clausole di una gara comunale per la gestione delle sanzioni amministrative a veicoli con targa estera o a soggetti con residenza non italiana.

Secondo la ricorrente, il bando violava i princìpi comunitari di concorrenza e proporzionalità e le norme del Codice degli appalti sulla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale di fornitori e prestatori di servizi (articoli 41 e 42, Dlgs 163/2006) poiché ammetteva con «irragionevolezza» solo chi aveva già svolto il servizio per un numero determinato di committenti (tre Comuni, contro gli 11 della ricorrente), con una quota minima di attività in ogni città (più di 13mila verbali notificati, contro gli oltre 40mila registrati dall’interessata ma in un solo centro) e, in via autonoma, anche un servizio diverso (recupero crediti in un triennio, non effettuato dalla ricorrente).

Bocciando il ricorso, i giudici hanno chiarito che «le stazioni appaltanti possono comunque discrezionalmente fissare requisiti di partecipazione più rigorosi e restrittivi rispetto a quelli previsti dalla normativa in materia con riguardo alla peculiarità dell’appalto, nell’esercizio del potere-dovere di adottare le misure più adeguate, opportune e congrue per il perseguimento dell’interesse pubblico (…)».

Nel caso di specie, per il collegio, «il requisito di cui trattasi appare preordinato ad assicurare l'idoneità delle concorrenti allo svolgimento del peculiare servizio oggetto di gara, al fine di ottenere la necessaria garanzia qualitativa di esecuzione dell’instaurando rapporto contrattuale, e non sproporzionato» perché «ciò che era richiesto dal bando di gara non era la dimostrazione della capacità di gestione relativa solo al numero complessivo di atti trattati, ma la dimostrazione della capacità di gestione di un rilevante numero di essi per più Comuni, che richiede una ben più complessa organizzazione, considerato che nei vari Comuni si verificano flussi turistici diversi per luogo di provenienza, con relative diverse e speciali problematiche di notifica».

La sentenza ha così precisato che l’illegittimità di tali requisiti «più rigorosi e restrittivi» si ha solo dinanzi a «(…) adempimenti illogici e sproporzionati e non rispondenti a finalità di interesse pubblico, il che nel caso che occupa, tenuto conto della particolarità del servizio posto a gara, non è rilevabile». Accertato che sul requisito “estraneo” alla gara la ditta non ha provato «lesione concreta ed attuale», su quello di Pa committenti e quote di attività si è spiegato che «(…) era relativo ad un periodo triennale di svolgimento delle notifiche (…), mentre l’appalto (…) era relativo ad un servizio di durata quadriennale, sicché esso requisito era di tipo minimale e non manifestamente sproporzionato per eccesso (…), quindi non potenzialmente lesivo del principio del favor partecipationis e non idoneo a comportare una restrizione della concorrenza».

La sentenza n.4440/2015 del Consiglio di Stato

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