Appalti

Freno ai conflitti con le Regioni: grandi opere e ambiente passano alla competenza (esclusiva) dello Stato

di Giuseppe Latour

Stop al torrenziale contenzioso tra Stato e Regioni: infrastrutture strategiche e governo del territorio entrano nel raggio d'azione del primo, uscendo dall'orbita delle seconde. Il disegno di legge di riforma del Titolo V della Costituzione si prepara a chiudere il suo percorso con il voto finale, programmato per oggi in Senato. L'assetto uscito dalla Camera è stato confermato, nella sostanza, dopo il passaggio a Palazzo Madama. E porta tre novità dal grande peso specifico, parlando di edilizia. La prima è che lo Stato scavalcherà le Regioni e avrà competenza su tutte le infrastrutture strategiche, indipendentemente dalla loro dimensione. La seconda è che lo Stato si occuperà di Protezione civile e di norme generali sul Governo del territorio, anche se alle Regioni resterà la pianificazione. Infine, passerà in blocco allo Stato anche la tutela dell'ambiente.

Stop alla competenza concorrente
L'obiettivo della riforma è quello che il Governo ha annunciato ormai da mesi. Tagliare i ponti con il vecchio sistema che prevedeva tre livelli di competenza per l'emanazione di nuove leggi: esclusiva dello Stato, esclusiva delle Regioni e concorrente tra Stato e Regioni. Proprio l'eliminazione di questa terza categoria è il cuore del disegno di legge. Negli anni, infatti, non si contano le impugnative e i ricorsi che ha prodotto. Materie come l'urbanistica o la tutela del paesaggio sono al centro di battaglie infinite davanti alla Corte costituzionale. Prima in questo calderone comparivano, tra gli altri: il governo del territorio, porti e aeroporti civili, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali.

Opere strategiche sotto l'ombrello dello Stato
Tutto questo, dal momento dell'approvazione del disegno di legge, dovrebbe finire. La novità meno contestata riguarda le grandi opere: queste passano sotto l'ombrello del Governo. Per l'esattezza, si tratta di «infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione d'interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale». Le stesse Regioni avevano definito «opportuno» un rafforzamento delle competenze statali esclusive su questa materia.
Rispetto al primo testo, proposto dall'esecutivo, non si parla più solo di grandi reti di trasporto ma anche di infrastrutture strategiche: una differenza solo apparentemente formale. Con la vecchia formulazione, infatti, si restringeva il campo, limitando l'intervento statale solo alle opere di dimensione rilevante. Adesso è sufficiente che le opere, anche se piccole, abbiano un peso strategico per il paese.

Protezione civile e governo del territorio
Diversi cambiamenti arrivano anche sul capitolo della pianificazione. Il governo del territorio, che prima faceva parte della legislazione concorrente, finisce tutto allo Stato, ma solo per quello che riguarda le sue norme generali. Allo stesso modo, esce dall'orbita regionale il sistema nazionale e di coordinamento della protezione civile: la filosofia che il nuovo Governo sta perseguendo è di rendere gli interventi di urgenza più uniformi.
Un effetto, però, le proteste delle Regioni dei mesi scorsi lo hanno ottenuto. L'urbanistica, che in una precedente bozza compariva tra le materie di competenza esclusiva dello Stato, non viene più nominata. E passa, di fatto, nella sfera di competenza residuale delle Regioni. Che, nel capitolo dedicato alle loro prerogative, incassano il riferimento alla pianificazione del territorio regionale, alla mobilità e alla dotazione infrastrutturale. Infine, la tutela dei beni paesaggistici e dell'ambiente passa anch'essa allo Stato.

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