Appalti

Gli stranieri in edilizia scendono dal 19 al 16,4% - Qualifiche più basse degli italiani

di Alessandro Arona

La crisi ha ridotto il peso degli stranieri sul totale della forza lavoro nel settore delle costruzioni, dal 20 al 16,4% circa in un solo anno, tra il 2013 e il 2014, con 50mila unità in meno. Tuttavia la quota di lavoratori non italiani resta tra le più alte nei vari settori produttivi: a parte i servizi alla persona, dove si arriva al 39% di stranieri, più stranieri che in edilizia ci sono solo inalberghi e ristoranti (17,7%), seguito appunto dalle costruzioni al 16,4%, dall'agricoltura al 14,1%. Più indietro industria e magazzinaggio (9,7%), l'industria (9,3%), il commercio (6,4%), attività immobiliare e servizi alle imprese (6,2%).
Ovviamente non considerando la componente di lavoro nero, che la Fillea stima in 300mila unità in edilizia, più di quelli registrati.

È quanto emerso dal IX ° Rapporto sui «Lavoratori stranieri nelle settore delle costruzioni», presentato ieri da Fillea Cgil e Fondazione Di Vittorio all'Assemblea nazionale dei
lavoratori stranieri, al Centro Congressi Frentani di Roma.

STRANIERI IN EDILIZIA
Rielaborando i dati Istat, sottolinea la Fondazione Di Vittorio, emerge che i lavoratori stranieri occupati nel settore delle costruzioni risultano essere complessivamente oltre 264mila, con una percentuale pari a quasi il 17% del totale (16,4%). Rispetto al 2013 il dato in valore assoluto è diminuito di circa 50.000 unità e il peso percentuale è diminuito di oltre 3 punti.
Nonostante l'interminabile crisi del settore, dunque, la presenza dei lavoratori
immigrati abbia confermato la sua importanza. Anche i dati forniti delle Casse Edili evidenziano come nel corso degli anni i lavoratori stranieri siano diventati una componente assolutamente strutturale del settore. Se fino all'avvento della crisi la percentuale di stranieri iscritti in Cnce ha registrato una crescita esponenziale (soprattutto nelle aree del centro-nord), si osserva che negli ultimi cinque anni questa crescita si è sostanzialmente arrestata; nonostante ciò la presenza dei lavoratori immigrati resta pari al 30% (in particolare nelle aree del centro nord il dato si attesta tra il 35% e il 40%).

PROFESSIONI E QUALIFICHE
sebbene il settore sia fortemente caratterizzato dalla presenza straniera da almeno un decennio, «la distribuzione delle qualifiche - oserva lo studio - resta ancora molto deficitaria per quel che concerne la componente non autoctona». I dati CNCE ci mostrano come, nel corso del 2013, circa il 55% degli stranieri abbia lavorato con la qualifica di operaio comune rispetto al 28% dei lavoratori italiani, inoltre, gli operai specializzati e di IV livello rappresentano il 13% della forza lavoro straniera a fronte del 36,5% degli italiani.
«Ma la cosa particolarmente grave è che questa condizione sia addirittura peggiorata nel corso degli anni».

«Q uello delle costruzioni - commenta il segretario della Fillea Cgil Walter Schiavella - continua ad essere un mercato del lavoro duale, in cui gli immigrati sono vittime di segregazione occupazionale, discriminazione, ricatto. E poi la dequalificazione ed il sotto-inquadramento, come dimostrano i dati delle Casse Edili». «È un andamento - prosegue - che di anno in anno continua a peggiorare, confermando il sotto-inquadramento come uno degli strumenti preferiti dalle imprese per comprimere i costi del lavoro senza eccessivi rischi. Tre lavoratori inquadrati al primo livello corrispondono più o meno al costo di due operai specializzati, se facciamo due conti possiamo dire che ogni anno spariscono centinaia di milioni di euro di contributi. Otto anni di crisi, a cui si sono aggiunti gli interventi dei governi mirati solo alla deregolamentazione, hanno fatto proliferare meccanismi come questo, o come il finto part time o le false partite Iva o i distacchi comunitari».

INFORTUNI
Per quanto riguarda gli infortuni subiti dai lavoratori stranieri, i dati messi a disposizione
dall'Inail evidenziano come il settore delle costruzioni continui ad essere tra i più
rischiosi. Nel corso del 2013 gli infortuni denunciati nel comparto edile sono stati
complessivamente oltre 45 mila. Di questi, circa 8.500 sono stati denunciati da
lavoratori stranieri (circa il 19%, come la loro quota sulla forza lavoro, che nel 2013 era del 19% circa). In termini di valore assoluto, sia il dato generale che quello relativo agli stranieri è chiaramente in calo nel corso degli ultimi anni anche in virtù del forte calo occupazionale che abbiamo appena visto. «E' comunque importante - sottolinea il rapporto - segnalare il rischio di sotto-denuncia presente in un contesto in cui è molto alto il peso dell'informalità».
Nel complesso gli infortuni mortali denunciati nel settore sono stati 125 di cui 26
riguardanti lavoratori stranieri (circa il 21% degli infortuni mortali nel settore è occorso
a uno straniero, nel 2009 questa percentuale era del 17%).

RAPPORTO CON IL SINDACATO
Complessivamente i lavoratori immigrati iscritti alla Fillea sono oltre 76 mila e risultano
essere pari al 23,9% del totale degli iscritti (+0,8 p.p. rispetto al 2013). Inevitabilmente,
però, la crisi sta incidendo anche sulle quote di tesseramento: nell'ultimo anno si è
verificata una variazione negativa del 3% tra gli iscritti stranieri. In particolare hanno
sofferto un maggior calo percentuale soprattutto alcune regioni come ad esempio le
Marche, l'Umbria, la Sicilia e il Veneto. Altre regioni, invece, come Piemonte, Liguria e
Lombardia hanno fatto segnare percentuali di crescita piuttosto significative. Comunque
sia, la maggioranza dei lavoratori stranieri continua ad essere iscritta nelle regioni
centro-settentrionali; in particolare nel Lazio e in Liguria la quota di iscritti supera il
40%, mentre in molte altre supera quota 30%. La regione meridionale con il maggior
numero di iscritti stranieri è l'Abruzzo con una quota del 26,6%.

LE PROPOSTE FILLEA
Anche partendo dai suggerimenti emersi nell'inchiesta della Fondazione Di Vittorio su i funzionari della Fillea Cgil di nazionalità non italiana, la Fillea avanza alcune proposte per eliminare le discriminazioni ai danni dei lavoratori stranieri e meglio qualificarli.
Come prima cosa, infatti, viene richiesta l'abolizione della legge Bossi/Fini; in particolare è necessario svincolare il permesso di soggiorno dal contratto di lavoro per limitare la ricattabilità a cui sono sottoposti i migranti nei luoghi di lavoro e ridurre in questo modo i fenomeni di dumping sociale. Inoltre è importante favorire l'attuazione degli accordi bilaterali ai fini pensionistici per limitare l'evasione contributiva e garantire uguali diritti a tutti i lavoratori. Infine, ma non meno importante, è indispensabile dare luogo a politiche per una integrazione attiva e partecipata dei migranti affinché siano considerati cittadini a tutti gli effetti e non soltanto lavoratori.

Il rapporto Fillea-Di Vittorio

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