Appalti

Il Senato vara la riforma appalti: poteri Anac, progettazione, varianti. Ecco cosa cambia

di Giuseppe Latour e Mauro Salerno

Primo semaforo verde per la riforma appalti. Il Senato ieri mattina ha approvato in prima lettura, con 184 sì, due no e 42 astensioni, il disegno di legge delega che recepisce le direttive europee in materia di contratti pubblici. Si completa, così, con un voto a larga maggioranza, un lavoro durato sei mesi , cui hanno partecipato da vicino anche le opposizioni. Il testo è stato incardinato lo scorso gennaio presso la commissione Lavori pubblici di Palazzo Madama. E, adesso, deve ancora compiere due passaggi importanti: il vaglio della Camera per la seconda lettura e l'attuazione attraverso il decreto delegato, al quale stanno già lavorando i tecnici del Governo. Per il ministero delle Infrastrutture Delrio «è il primo passo di una svolta vera per i lavori pubblici». Mentre per il viceministro Riccardo Nencini che ha seguito più da vicino il disegno di legge si tratta «di una legge che potenzia trasparenza e vigilanza».

Il testo esce radicalmente rivisitato rispetto al Ddl presentato dall'esecutivo. È entrato con 14 criteri di delega ed è uscito arrivando a quota 53. Un lavoro di aggiunte e limature condotto dal relatore Stefano Esposito (Pd), che è andato avanti fino a ieri, quando sono state portate le ultime correzioni pesanti. «Consegniamo alla Camera una legge che unisce legalità e sviluppo del mercato», ha sottolineato.

Le ultime novità
Tra le correzioni di ieri spicca il taglio delle stazioni appaltanti che oggi, secondo le stime più accreditate, sono almeno 36mila. Vengono introdotti due tetti: sopra i 100mila euro i Comuni non capoluogo dovranno aggregarsi per fare le gare, mentre sopra le soglie comunitarie (5,2 milioni per i lavori e 200mila euro per servizi e forniture) dovranno passare da centrali di committenza unificate a livello regionale o di provincia autonoma. La seconda novità di giornata riguarda il passaggio che impone alle concessionarie (autostradali e non) di mandare in gara tutti i lavori, i servizi e le forniture relativi alla loro gestione. Adesso sono obbligati a mettere sul mercato una quota del 60%.

L'emendamento votato dall'Aula prevede alcune eccezioni: le nuove regole non valgono sotto i 150mila euro, nei casi di project financing e per «le concessioni in essere affidate con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Ue». La terza novità è relativa alle autostrade. La regola generale è che non ci saranno proroghe d'ufficio per le concessioni in essere, con una eccezione: sono escluse le società nelle quali il controllo sia appannaggio di soggetti pubblici. Una formulazione che consentirà un prolungamento senza gara per Autovie venete e Autobrennero. Arriva anche una forte stretta sull'in house. Viene istituito, presso Anac, un elenco di enti controllati da pubbliche amministrazioni ai quali sarà possibile affidare i contratti senza gara.

I contenuti principali
Guardando alle novità approvate nelle scorse settimane, il cuore della riforma è l'estensione e il rafforzamento dei poteri affidati all'Anac guidata da Raffaele Cantone. Un passaggio in cui non è difficile intravedere il riflesso delle tante inchieste culla corruzione che hanno attraversato il mondo degli appalti negli ultimi mesi: dal sistema Incalza-Perotti scoperchiato dalla procura di Firenze allo scandalo Mafia Capitale. Con la riforma, Cantone sarà dotato di poteri di intervento cautelari (possibilità di bloccare in corsa gare irregolari) e potrà chiedere alle stazioni appaltanti di annullare le gare in odore di corruzione prima di attivare i commissariamenti, mentre il rispetto degli atti di indirizzo al mercato (bandi-tipo, linee guida, pareri) diventerà vincolante per amministrazioni e imprese. In questa chiave va anche letta la nascita di un albo nazionale dei commissari di gara e il divieto espresso di prevedere scorciatoie normative, bypassando o semplificando le gare, per la realizzazione di grandi eventi. Le deroghe potranno essere ammesse soltanto in risposta a fenomeni di calamità naturale. Dunque, niente nuovi casi Expo (con circa 90 deroghe).

Per frenare la deriva dei tempi infiniti dei cantieri arriva la stretta sulle varianti da cui passa l'aumento dei costi in due casi su tre nelle grandi opere, con la possibilità di rescindere il contratto oltre certe soglie di importo. Anche le infrastrutture dovranno adeguarsi a costi standard. Con progetti definiti prima di arrivare al cantiere. La delega investe sulla valorizzazione della fase progettuale, vietando le aggiudicazioni al massimo ribasso e limitando la possibilità di affidare insieme progetto e lavori solo a casi di particolare rilievo tecnologico. Inoltre le grandi opere dovranno essere capaci di guadagnarsi il consenso sul campo («débat public»). Mentre le imprese saranno valutate anche sulla base della reputazione guadagnata in cantiere (rispetto dei tempi e bassa vocazione al contenzioso) legata al rating di legalità.

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