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Mapei, fatturato a 2,4 miliardi: record per addetti e investimenti produttivi

di Luca Orlando

Tre miliardi? Ci vorrà ancora qualche anno ma credo che ci arriveremo». Non una “boutade” quella di Giorgio Squinzi, piuttosto un ottimismo fondato sui numeri. Che ancora una volta premiano Mapei, spingendo il gruppo a nuovi record, oltre i 2,4 miliardi di ricavi.

La voce più interessante del bilancio, quella che comunica in modo immediato la rotta strategica è però forse un’altra e riguarda servizi di trasporto e viaggi, dove i costi superano i 170 milioni di euro, il robusto fatturato di una media azienda.

Esborso in apparenza elevato eppure necessario, se il mercato di riferimento, come in questo caso, è il mondo. Le vendite del gruppo, leader negli adesivi e prodotti chimici per edilizia, sono infatti realizzate attraverso una rete capillare di società operative (82) e stabilimenti (79) sparsi ovunque, network costruito pazientemente nel tempo per poter fornire i prodotti su scala globale. «In effetti non c’è nulla di nuovo - spiega l’amministratore unico del gruppo - perché da quando nel ’78 abbiamo aperto in Canada il nostro primo stabilimento oltreconfine non ci siamo mai fermati: passo dopo passo andiamo avanti con la stessa strategia».

Il bilancio 2017, che corona 80 anni di storia del gruppo, raccoglie dunque ancora una volta i frutti di questa impostazione, una diversificazione geografica delle fonti di ricavo ( l’Italia vale il 22,7%) che consente di abbattere i rischi, bilanciando con i progressi realizzati ad esempio negli Stati Uniti o in Europa le frenate sperimentate in Asia o Africa. «Essere ovunque è un vantaggio - aggiunge Squinzi - anche perché da dieci anni è venuta a mancare la spinta di mercati importanti come Italia e Francia. E in prospettiva anche gli eventuali dazi di Trump non ci spaventano: in Nordamerica vendiamo beni per quasi un miliardo di dollari ma è tutto prodotto localmente».

Il progresso dei ricavi, penalizzato dall’andamento dei cambi, è stato del 5,4% mentre l’utile, anche se frenato dall’aumento dei prezzi delle materie prime, resta robusto e supera i 67 milioni. Risorse che ancora una volta restano all’interno del gruppo, che vede un patrimonio netto di oltre 810 milioni, grazie alla massa di quasi 600 milioni di euro di utili riportati a nuovo (che ora aumenteranno), rimasti nel perimetro della multinazionale. «Solo così - prosegue Squinzi si può sostenere la crescita in modo sano. Nel tempo non ci sono mai stati prelievi significativi di utili perché per noi è l’azienda che si deve arricchire, non la famiglia. Se vogliamo, è questo il motore della crescita».

La spinta all'internazionalizzazione si è consolidata con nuove acquisizioni ma la volontà di approfondire ancora la presenza globale è testimoniata soprattutto dal nuovo record di investimenti per l’ammodernamento o l’ampliamento degli impianti, 110 milioni distribuiti in interventi in siti in tutto il mondo e nel rafforzamento dell’attività di ricerca, realizzata in 29 laboratori diversi coordinati dalla sede centrale di Milano.

«Abbiamo sempre sul tavolo 3-4 dossier e guardiamo anche a possibili acquisizioni - aggiunge Squinzi - ma le risorse maggiori sono nelle strutture esistenti: quest’anno investiremo anche di più, credo 120-125 milioni».

Interventi accompagnati in parallelo da una crescita del personale quasi doppia rispetto al trend dei ricavi: 880 persone in più che hanno portato l’organico complessivo a superare per la prima volta lo scorso anno le 9500 unità, di cui quasi 2300 in Italia.

«A giugno abbiamo giù superato i diecimila addetti - aggiunge Squinzi - e anche le vendite stanno andando bene: cresciamo poco meno del 4%, che però sarebbe il doppio tenendo conto dei cambi. Dove vogliamo arrivare? Beh, speravo di chiudere la mia carriera a cinque miliardi, risultato certo non semplice. Però, se guardo al passato, io non ho ricordi di un solo anno in cui i nostri ricavi siano diminuiti».

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