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Ceramica, Abk sceglie la Spac per arrivare in Borsa: terza quotazione nell’industria delle piastrelle

di Ilaria Vesentini

La modenese Abk Industrie Ceramiche si prepara a debuttare alla Borsa di Milano. E lo fa per spingere gli investimenti in innovazione, che la vedono oggi protagonista di una partnership con il colosso imolese delle tecnologie ceramiche Sacmi per fare ricerca sulle materie prime e sugli impianti digitali. Un progetto da 30 milioni di euro, cofinanziato dal Mise per 7,5 milioni, con cui arrivare alla produzione di grandi lastre ceramiche a “vena passante” esteticamente non più distinguibili dal marmo naturale, con venature a tutta massa e non più solo sulla superficie smaltata, ma con prestazioni di resistenza e durevolezza superiori alla pietra.

Dopo l’antesignana Ceramiche Ricchetti, la prima società del settore a sbarcare a Piazza Affari già nel 1996, e Panariagroup, listata nel 2004, Abk è la terza realtà del distretto di Sassuolo ad avviare il percorso di quotazione, a fronte di un comparto del made in Italy ceramico che annovera 222 industrie nel Paese per oltre 6,3 miliardi di euro di fatturato. Ma dove sono ancora un’eccezione gli imprenditori che aprono il capitale all’azionariato esterno: «Tutto è partito non più di 7 mesi fa, inizialmente pensando all’Ipo, ma visto il momento borsistico non particolarmente facile abbiamo optato per la formula della Spac, più costosa ma che offre anche più garanzie», spiega Roberto Fabbri, presidente della società, tra i primi dieci top player del distretto ceramico sassolese, con 115,4 milioni di euro di produzione 2017 tra pavimenti e rivestimenti ceramici (per il 68% export), un Ebitda di 18,7 milioni di euro (+28% rispetto all’anno precedente) e un utile quasi raddoppiato nel giro di 12 mesi a 12,6 milioni di euro.

L’obiettivo è arrivare alla quotazione all’Aim entro fine anno, attraverso la business combination con la Spac milanese CFP2 (Capital for progress), veicolo di investimento che ha raccolto 65 milioni di euro tra investitori professionali italiani ed esteri. L’operazione prevede che Abk sarà fusa per incorporazione in Cfp2, che ne assumerà la denominazione diluendo la presenza dei tre soci storici – le famiglie Fortuna e Fabbri che oggi hanno il 40% a testa delle azioni e la famiglia Guidorzi con il restante 20% – a una quota di controllo del 61-70% post fusione, mantenendo gli attuali equilibri di forza.

Un terzo delle risorse di Cfp2 sarà dedicato all’acquisto di azioni dagli attuali soci di Abk (sulla base di un equity value della società di 124 milioni di euro), mentre il resto della liquidità servirà a sostenere i progetti aziendali di sviluppo, per linee sia interne che esterne, comprese possibili acquisizioni o espansioni oltreconfine. Oggi Abk non ha ancora una presenza diretta all’estero. «Siamo reduci da 45 milioni di euro di investimenti negli ultimi quattro anni – racconta il presidente – di cui una metà dedicati agli stabilimenti di Finale Emilia e di Solignano (dove abbiamo raggiunto una capacità produttiva di 7,2 milioni di metri quadrati) e altri 10 milioni nel 2016 per la linea Continua+ di Sacmi, la tecnologia per produrre grandi lastre. E abbiamo altri 30 milioni di euro di investimenti in divenire focalizzati su innovazione e ricerca».

Dopo essere entrata tre anni fa nel segmento ceramico dei legni sbaragliando la concorrenza, Abk ora punta infatti alla leadership nei marmi e pietre naturali per l’arredo. A inizio anno ha firmato un accordo di partenariato con il leader mondiale imolese dei macchinari per ceramica, in base al quale Abk si occupa di ricerca sulle materie prime e Sacmi mette a punto una stampante digitale in 3D per stampare le polveri in modo disuniforme imitando perfettamente pietre e marmi in natura: «Un progetto che il Mise cofinanzia per 7,5 milioni di euro, di cui 1,5 milioni a fondo perduto per produrre lastre di 160x320 centimetri con venature tridimensionali (la cosiddetta “full wide” la vena passante, ndr), che rendono la ceramica pari al marmo per bellezza, ma superiore per resistenza e anche per sostenibilità», sottolinea Fabbri. Ricordando che in Abk si ricicla il 40% delle materie prime e il 100% dell’acqua utilizzata nei processi.

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