Imprese

Strategia energetica nazionale, piano per 9 miliardi di risparmi: 19 opere per l'alt al carbone nel 2025

di Carmine Fotina

Eliminazione anticipata del carbone dalla produzione elettrica al 2025 con un patto di ferro proposto alle amministrazioni locali: nessun veto sulle infrastrutture alternative. È uno dei punti centrali della nuova Strategia energetica nazionale (Sen) presentata ieri a Palazzo Chigi dal premier Paolo Gentiloni e dai ministri dello Sviluppo economico (Carlo Calenda) e dell’Ambiente (Gian Luca Galletti). Il piano quantifica i nuovi obiettivi di mix energetico, investimenti, prezzi.

Secondo alcune stime del ministero dello Sviluppo, elaborate a corredo del documento, le azioni della Sen consentiranno al 2030 di tagliare di 8-9 miliardi la fattura energetica, ovvero quanto paghiamo in termini di materia prima senza considerare le altre voci della bolletta. Nel 2017 la fattura energetica (elettricità e gas) peserà per circa 35 miliardi, nel 2030 salirà ad almeno 50-55 miliardi e i risparmi stimati rappresenterebbero dunque almeno il 15 per cento del totale. Il Mise ha stimato anche gli impatti sugli investimenti, 175 miliardi tra quota privata e pubblica (reti, fonti rinnovabili ed efficienza energetica). E sull’occupazione: 150mila lavoratori temporanei all’anno nei cantieri per le nuove opere e 80mila unità permanenti, tra manutenzione e, in buona parte, assunzioni che potrebbero essere liberate dal risparmio sui costi energetici.

La decarbonizzazione

Oggi la quota del carbone nel mix della produzione elettrica è pari al 16%, dovrà arrivare a zero nel 2025. Ma ci sarà bisogno di infrastrutture aggiuntive, per adeguare la rete ai nuovi livelli delle rinnovabili ad esempio, e per far crescere la quota di gas. Qui sarà indispensabile il dialogo con le amministrazioni locali. «Fugge dalla realtà chi pensa di uscire dal carbone senza fare un millimetro di nuove infrastrutture» dice il ministro Calenda. C’è una lista di opere prioritarie su cui ci saranno un passaggio in Conferenza unificata e poi un Dpcm. Secondo il ministro dello Sviluppo, «non possiamo fare scelte senza avere consapevolezza delle conseguenze. Ci sarà un piano dettagliato, infrastruttura per infrastruttura, quindi si saprà che se un Comuni o una Regione a caso fanno ricorsi, non si sta mettendo a rischio un’opera specifica ma l’obiettivo di decarbonizzazione». Le azioni minime da realizzare al 2025 sono 19, in parte già comprese nei Piani di sviluppo di Terna per il 2017 e in parte da integrare nel Piano 2018, oltre al potenziamento della Dorsale adriatica per il gas. Per sostituire 2 gigawatt di capacità a carbone da tagliare al 2025 bisogna accelerare investimenti, in parte già previsti, tra 11,6 e 12,1 miliardi. Invece, con la chiusura di tutte le centrali a carbone e non solo una parte (riduzione di 8 Gw), si dovrebbero aggiungere interventi per 3,7-4,1 miliardi (ad esempio prevedendo l’ulteriore elettrodotto per la Sardegna).

Gli obiettivi

La Sen è stata adottata con un decreto interministeriale Sviluppo-Ambiente, non richiede passaggi parlamentari e le eventuali norme che saranno necessarie su specifiche azioni arriveranno successivamente. In termini di obiettivi, spiega il titolare dell’Ambiente Gian Luca Galletti, al 2030 la quota di fonti rinnovabili su tutti i consumi rispetto all’idea iniziale è stata elevata dal 27% al 28% (saremmo al 22% senza le azioni della Sen) e quella sui consumi elettrici sarà al 55% (dal 38%). Sull’efficienza energetica si dovrebbe raggiungere la riduzione dei consumi finali da 118 a 108 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). Quanto alla mobilità sostenibile, invece, la Sen alla fine appare invece più cauta del previsto. L’Italia è penalizzata da un parco circolante abbastanza datato, con 17 milioni di veicoli tra euro 0 ed euro 3. Al 2030 si stimano circa 5 milioni di auto elettriche ma gli incentivi - anche al metano, ibrido - pur restando nelle intenzioni del governo per ora sono congelati. «È un tema complicato - spiega Calenda - perché la fonte finanziaria individuata, che poteva essere una componente della bolletta, è delicata, quindi abbiamo chiesto al Parlamento un’ampia condivisione delle forze politiche, ma finora non abbiamo avuto risposte».

La competitività

La Sen punta a ridurre i differenziali di prezzo italiani grazie tra le altre cose al cambiamento di mix generativo, alla riduzione del costo delle rinnovabili, all’aumento di liquidità nell’offerta gas. Il divario sui prezzi finali dell’elettricità rispetto alla media Ue è di 35 euro/megawattora nel 2015 per la famiglia media e del 25% per le imprese. Il gap tra il prezzo all’ingrosso del gas e quello del Nord Europa è pari a circa 2 euro/Mwh. Sull’elettricità, il ministro dello Sviluppo ricorda il via libera definitivo arrivato appena due giorni fa alle nuove agevolazioni per l’industria energivora. Nella legge concorrenza è stata già prevista la completa liberalizzazione del mercato retail sebbene, sottolinea Calenda, vada implementata con estrema delicatezza per evitare effetti opposti in termini oligopolistici. Per quanto riguarda il gas si punta molto sulle nuove asta delle capacità di rigassificazione, mentre al momento c’è una frenata sui nuovi rigassificatori a causa dei costi di sistema collegati. «Stiamo lavorando anche sul corridoio di liquidità», dice Calenda, ma su questo punto l’industria del settore è abbastanza divisa e il documento ritiene ancora eventuale l’adozione della misura, magari in forma graduale.

Tra i primi commenti alla Sen, la nota di Confindustria che esprime apprezzamento. Giudizi positivi sulla decarbonizzazione al 2025 anche dalle associazioni ambientaliste che chiedono politiche coerenti nei prossimi anni.

Il testo della Strategia energetica nazionale

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©