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Professionisti: rilancio delle Stp e più tutele contro le inadempienze della Pa

di Giuseppe Latour

Rilanciare le società tra professionisti. Introdurre forme di tutela per gli autonomi contro le inadempienze della pubblica amministrazione. Rafforzare il ruolo delle Casse, consentendo il versamento di contributi integrativi. Sono solo tre delle richieste avanzate dalla Rete delle professioni tecniche alla commissione Lavoro del Senato. Palazzo Madama, in questi giorni, sta analizzando il cosiddetto Jobs act delle partite Iva, il disegno di legge varato dal Governo insieme alla legge di Stabilità per affrontare in maniera sistematica i problemi dei professionisti italiani.

Il giudizio della Rpt, in generale, è positivo, a partire dalle novità in materia di deducibilità dei costi di formazione. Ma servono ancora diverse limature.
«Il Jobs act degli autonomi – dice Armando Zambrano, coordinatore della Rete e presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri - è un provvedimento che per primo si occupa del lavoro autonomo nella sua specificità. Per questo lo giudichiamo positivamente. Poiché i nostri studi attestano una diminuzione media del 25% dei redditi professionali, accogliamo con grande favore tutte quelle misure che consentono la deducibilità dei costi, quali ad esempio quelli per formazione continua e certificazione delle competenze».

Se il giudizio generale è positivo, però, ci sono aspetti che vanno modificati. «Si può fare molto di più – dice ancora Zambrano -. Ad esempio introdurre parametri economici di solo riferimento per l'indicazione dei costi delle prestazioni professionali, come già previsto nell'ambito della vigente disciplina dei contratti pubblici. L'assenza di riferimenti normativi che consentano di stabilire con sufficiente chiarezza il livello delle prestazioni professionali in linea con standard qualitativi predeterminati, oltre a provocare un evidente disorientamento nella committenza, incide in modo significativo sulla stessa corretta applicazione di importanti discipline legislative, come quelle in ambito energetico».

Le certificazioni energetiche sono l'esempio di come la piena liberalizzazione dei corrispettivi abbia fallito, secondo la Rete.
Un secondo campo di azione è quello dei fondi europei. Spiega il presidente: «Si chiede, ad esempio, di far rientrare le attività svolte da Ordini e Collegi in materia di formazione continua tra le attività finanziabili col Fondo sociale europeo. Inoltre, si chiede un intervento delle Regioni per rendere effettivo l'accesso ai Fondi europei, attraverso lo studio di misure ad hoc per i professionisti, in assenza delle quali il loro accesso a queste risorse resterebbe solo sulla carta».

Un altro aspetto importante, affrontato dal Jobs act, è la tutela del professionista rispetto al committente privato, giudicata positivamente dalla Rete. Zambrano, però, lamenta il fatto che nel testo del provvedimento nulla si dica a proposito della tutela nei confronti della committenza pubblica, con particolare riferimento alla criticità rappresentata dai ritardi dei pagamenti della Pa.

Molto di più bisognerebbe fare sulla previdenza. La Rete ha chiesto di rendere possibile il versamento dei contributi integrativi presso le casse professionali e di consentire alle professioni ordinistiche sprovviste di aderire alle casse di previdenza esistenti. Infine, serve una seria azione di rilancio delle società tra professionisti, con particolare riferimento alla possibilità di scegliere il regime fiscale da adottare, dal momento che non tutti i professionisti che decidono di associarsi sono uguali e caratterizzati dalle stesse problematiche.

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