Imprese

Con il 3D l'architettura diventa «immersiva»

di Mila Fiordalisi

Dal Bim alla realtà virtuale. Da un modello progettuale collaborativo a uno «inclusivo», in cui si entra letteralmente all'interno del progetto per «navigarlo» a 360 gradi. Dallo schermo del computer ai «caschi» intelligenti. Dal mouse al joystick passando per i «guanti» hi-tech e le telecamere «sferiche».

Per i progettisti si apre ufficialmente l'era della cosiddetta «architettura immersiva» e sono già numerose le soluzioni sul mercato che consentono, a prezzi ragionevoli, complice l'evoluzione tecnologica, di progettare come mai si era visto prima. L'avvento degli wearable device (i dispositivi indossabili) ha aperto le danze. Ed è Google l'azienda che punta a prendersi una fetta importante di un mercato dalle enormi potenzialità che vede nella progettazione architettonica ed ingegneristica uno dei settori più interessati dalla rivoluzione «realtà virtuale». Non a caso il colosso di Mountain View si starebbe preparando a lanciare – secondo indiscrezioni già entro la fine di quest'anno, presumibilmente a cavallo con le festività natalizie – la nuova versione dei Google Glass (i GG1), una release specificamente dedicata a ingegneri, architetti e altri professionisti. Sempre secondo indiscrezioni da parte sua la rivale Facebook starebbe lavorando a un'applicazione video in grado di consentire la visione a 360 gradi o anche di video «sferici» direttamente sugli smartphone. Peraltro non va dimenticato che il social network di Marc Zuckerberg ha acquisito Oculus VR, l'azienda che produce gli Oculus Rift, gli «occhiali» intelligenti già oggi utilizzati per diverse applicazioni immersive nel campo della progettazione architettonica anche in Italia, dove alcune startup e neonate aziende fanno leva proprio sull'uso degli Oculus per mettere a punto soluzioni personalizzate su misura di architetti.

Fra gli altri big dell'hi-tech scesi in campo ci sono Samsung e Sony e poi Microsoft che con la tecnologia HoloLens ambisce a conquistare il mercato della realtà aumentata nell'arco di un quinquennio. Che si tratti di un business promettente lo si evince dalle previsioni delle principali società di analisi. Per Juniper Reasearch di qui al 2020 saranno venduti 30 milioni di visori VR (virtual reality), per un mercato che raggiungerà un valore di 4 miliardi di dollari in cinque anni. E Deutsche Bank rilancia addirittura a 7 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni, di cui 3 miliardi derivanti dalle vendite dei device e dei servizi e 4 dalla pubblicità.

In occasione dell'edizione 2015 dell'Ifa di Berlino, una delle più importanti fiere hi-tech al mondo, andata in scena nei giorni scorsi i riflettori si sono accesi proprio sui wearable device in abbinamento con la smart home a dimostrazione che è la casa il nuovo «regno» della tecnologia e che quindi i progettisti dovranno inevitabilmente fare sempre più i conti con il paradigma digitale e dell'Internet of things (gli oggetti connessi) anche in chiave di progettazione per azzerare gli errori e soprattutto per dotare gli ambienti di funzionalità evolute. Non solo: secondo gli esperti la realtà virtuale consentirà per la prima volta di colmare il «gap» fra architetto e cliente: grazie ai nuovi dispositivi infatti si potrà mostrare al cliente il lavoro «finito» prima ancora che lo sia. Quindi il cliente entra letteralmente all'interno del progetto e diventa anch'egli a tutti gli effetti parte della squadra di lavoro. Si pensi alle possibilità che si aprono nel campo dell'edilizia residenziale e dell'immobiliare ma anche nel caso di appalti pubblici in cui la visualizzazione dell'opera prima ancora che sia realizzata consentirebbe di apportare modifiche e di intervenire laddove il progetto non risulti conforme alle esigenze. Ma prima del mass market ci vorrà tempo: le soluzioni per quanto più "economiche" rispetto a qualche anno fa non sono ancora alla portata di tutti. I nuovi Google Glass, per fare un esempio dovrebbero costare fra i 1.500 ed i 1.700 euro (per pezzo).

Non si tratta di un costo proibitivo certo, per un fruitore professionista – come può esserlo uno studio di architettura o di ingegneria – ma non bisogna dimenticare che qualsiasi salto tecnologico comporta sempre investimenti collaterali in software e formazione delle risorse. E nel caso della realtà immersiva è necessario anche riservare degli spazi ad hoc – spesso intere stanze – per effettuare le «immersioni».

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