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A Bologna apre il Cersaie, ceramica in ripresa verso quota cinque miliardi

di Luca Orlando

«Eh sì, ben spesi senz’altro: la vetrina mondiale è qui». Per Enzo Donald Mularoni, numero uno del gruppo Del Conca, non ci sono dubbi: il milione di euro che l’azienda investe per essere presente a Cersaie è un investimento necessario. In effetti, per togliersi ogni dubbio, basta un breve viaggio tra gli stand, presi d’assalto già in avvio da migliaia di visitatori, per lo più stranieri. Un viaggio indispensabile, perché la ceramica italiana, in rassegna a Bologna fino al due ottobre, è in effetti il punto di riferimento mondiale del settore. Qui si viene per valutare i trend globali, le nuove frontiere del gusto e del design, le novità di prodotto e di mercato.

Con una crescita di cinque punti nell’export del primo semestre 2015 la piastrella italiana si avvia a sfondare a fine anno quota cinque miliardi di ricavi, livello perso nel 2008 e mai più ritrovato da allora. Crescita non casuale, ma fortemente ricercata attraverso una politica di presidio della fascia alta di mercato, quella in cui il tema non è il costo di produzione ma il tasso di innovazione e creatività, «tradotto» in un prezzo medio all’export doppio o anche triplo rispetto al resto del mondo. Visibile tra gli stand in più declinazioni: nelle piastrelle antibatteriche o in quelle autopulenti e mangia-smog; nei maxi-formati fino a tre metri di lunghezza o nei mini-spessori, dove le possibilità di utilizzo si ampliano ai rivestimenti; nelle linee “griffate” da stilisti e designer (come Giugiaro, Cavalli o Starck). E poi ancora nelle moltitudini di colori e “texture”, con decorazioni in tre dimensioni in grado di imitare in modo imbarazzante legni, marmi, pietre e rivestimenti in cotto: neppure al tatto è agevole distinguere il gres dal materiale imitato.

Tasso di innovazione alimentato dal 2008 ad oggi con oltre un miliardo e mezzo di investimenti da parte delle imprese, 250 milioni solo nel 2015. «Ora apriamo una nuova linea di piastrelle sottili - spiega il presidente di Panaria Emilio Mussini - e prevediamo di arrivare a breve in Italia a saturare la nostra capacità produttiva: per ora cresciamo a doppia cifra, con segnali di parziale recupero anche in Italia». Mercato domestico che pare stabilizzarsi ma che rappresenta in effetti la vera voragine del comparto, in grado in pochi anni di far mancare ai nostri produttori un miliardo di euro di ricavi.

«Ecco perché - spiega il presidente di Confindustria Ceramica Vittorio Borelli - appoggiamo in pieno il piano del Governo di ridurre la tassazione sulla casa, un modo per far ripartire il settore edile». I nodi, per la verità, non si esauriscono nel “mattone” e le imprese, pur apprezzando l’operato dell’Esecutivo («lavora nella giusta direzione» - spiega Borelli) caldeggiano una rapida soluzione all’annosa carenza di infrastrutture locali, sbloccando definitivamente la bretella che dovrebbe collegare Sassuolo, il cuore del distretto ceramico, alla rete autostradale. Tutela del made in Italy, riproposizione dei dazi sui prodotti cinesi, riduzione della pressione fiscale sono i temi principali che le aziende pongono all’attenzione del Governo, ieri rappresentato dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio.

«Dall’inizio dell’anno - spiega Borelli - possiamo contare sulle “manna” rappresentata da euro, petrolio e tassi di interesse: occasione straordinaria, che rischiamo però di perdere se le riforme non proseguono». Le richieste rimangono, senza tensioni però. Nel giorno in cui l’Istat registra un nuovo balzo di fiducia di famiglie e imprese, mentre Cersaie trabocca di buyer stranieri che cercano di farsi largo tra gli stand. Dove parlare di made in Italy vincente non è affatto vuota retorica

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