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Efficienza energetica, Ron Van Erck: ecco come come funziona il supercappotto made in Holland

di Maria Chiara Voci

In Olanda, il sistema ha già permesso di riqualificare, in tre anni, oltre 100mila abitazioni. Che, da immobili energivori si sono trasformati in innovative case a consumo zero, grazie a un intervento della durata media di una decina di giorni (ma ci sono anche casi in cui è bastato un solo giorno di cantiere) e con un investimento che si ripagherà in toto con il risparmio generato dai consumi.

Il progetto si chiama Platform 31 ed è promosso dal team di sviluppo no profit e indipendente Energie Sprong dell'architetto Ron Van Erck, già consulente per il governo olandese sul piano energetico nazionale e fra i più promettenti professionisti sulla scena internazionale. L'esperienza – che vede in sostanza il gruppo impegnato su mandato del Governo nello sviluppo e nella promozione di soluzioni nuove per il deep retrofit - è stata presentata e raccontata in Italia dallo stesso protagonista a Riva del Garda, durante i lavori dell'edizione 2015 di REbuild, la convention nazionale sulla riqualificazione e gestione sostenibile dei patrimoni immobiliari, promossa da Habitech e da Riva del Garda Fierecongressi e sponsorizzata dal REbuilding Network e da un pool di società e imprese.

Ron Van Erck, da dove è partita l'idea?
Il Governo, con cui operiamo come consulenti, ci aveva chiesto un aiuto per risolvere il problema dell'efficienza energetica e per questo ci siamo mossi, iniziando a studiare l'esistente. Dopo aver esaminato alcuni casi, ci siamo resi conto che il problema non riguardava tanto la presenza di soluzioni tecniche sul mercato per il retrofit. Ma piuttosto il vero nodo era come trasformare queste soluzioni in investimenti appetibili per gli utenti. Da qui abbiamo capito che occorreva industrializzare il processo per creare un vero e proprio prodotto che oltre a rappresentare un investimento sul lungo termine, garantisse anche agli utenti tempi rapidi d'installazione e bassi costi di esecuzione. A dicembre del 2013 abbiamo dato vita al primo retrofit.

Come siete partiti?
Abbiamo innanzitutto lavorato per far si che ci fossero le condizioni per lanciare la nostra proposta, sia sotto l'aspetto normativo che sotto quello degli enti, a partire dalle banche, che erogano i finanziamenti. Una volta intessuta la trama iniziale, abbiamo lanciato alle imprese la sfida per proporre soluzioni che puntassero su qualità, rapidità e riduzione dei costi. Il risultato è che, rispetto a quando siamo partiti, il numero di aziende che hanno aderito è in costante aumento e i costi delle innovazioni proposte si sono ridotti e anche di molto.

In sostanza cosa proponete?
Attraverso la realizzazione di moduli prefabbricati, che vengono studiati per la casa e adattati alla stessa, siamo in grado di garantire una riqualificazione profonda dell'esistente. Le tipologie costruttive su cui operiamo sono anche molto differenti e si adattano a diverse forme di immobili. Al termine del recupero, la casa non solo risulta a impatto zero, consuma cioè solo ciò che produce sotto l'aspetto energetico, ma guadagna anche un notevole valore sotto l'aspetto estetico.

A quale target vi siete rivolti?
Siamo partiti con una proposta rivolta alle case di housing sociale. Ma, via via, la nostra proposta si è ampliata ed è stata allargata, di recente, anche al settore privato. L'obiettivo è creare uno standard, che sia applicabile sia al settore del social housing, ma anche più in generale all'intero mercato dell'edilizia, dove i cittadini possano acquistare direttamente dalle imprese la soluzione innovativa necessaria a riqualificare il proprio immobile.

Sotto l'aspetto dell'investimento, il meccanismo come funziona?
Per gli inquilini delle case di housing sociale è il gestore dell'immobile che vara un piano energetico e che si accolla la spesa di risanamento, sostenuta anche attraverso l'accensione di un mutuo. Il cantiere, garantito per 30 anni, si ripaga nel tempo grazie al risparmio generato dalla bolletta e a fronte di un canone di locazione che per gli utenti finali è rimasto invariato. Per quanto riguarda il mercato privato, il meccanismo è analogo: le persone non pagano la bolletta, ma una rata aggiuntiva sul prestito contratto con la banca.

A fronte della vostra proposta, il ruolo del progettista rischia di venire meno? Basta l'impresa?
No. Il ruolo del progettista resta, anche se cambia. Deve guardare più alla progettazione industriale, acquisire nuove competenze e imparare a ragionare come parte integrante di una squadra più ampia, a cui partecipano anche produttori e imprese.

Che prospettive avete?
In Olanda il nostro primo obiettivo era riqualificare 111mila immobili, piano che presto completeremo. Nel frattempo, siamo usciti anche dai confini del Paese e abbiamo iniziato a proporre il nostro sistema all'estero, in Francia e in Inghilterra, dove abbiamo ottenuto già un primo riscontro.

Il modello è dunque esportabile? Anche a contesti in cui ci sono edifici storici da riqualificare?
Siamo convinti che si tratti di un modello esportabile, anche se occorre ragionare sul come agevolare i processi, trovare le soluzioni più adatte. Intervenire in un centro storico, ad esempio, implica la necessità di sviluppare tipologie di isolamento da applicare all'interno, non più all'esterno dei fabbricati. Così come lavorare su un immobile di più piani, richiede altri ragionamenti, che abbiamo già iniziato ad affrontare con un primo prototipo lo scorso ottobre per alcune palazzine con 157 unità da ristrutturare su più piani. Ci vuole del tempo, ma credo si possa lavorare anche su questo fronte. Le regole possono e devono essere cambiate.

La vostra proposta spazzerà via il modo tradizionale di fare riqualificazione?
La vecchia filiera immobiliare resta, non è che saremo noi a cambiare il mondo. Noi siamo però alla ricerca di imprese pronte a collaborare e che possano cogliere la sfida per un nuovo modo di fare ristrutturazione.

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