Fisco e contabilità

Coronavirus/3. Cassa integrazione richiesta per oltre due milioni di lavoratori

di Cristina Casadei

In principio le fermate delle aziende per l’emergenza sanitaria del Covid-19 sono state gestite con ferie, permessi, banca delle ore e altri strumenti contrattuali. Solo in parte con il ricorso alla cassa integrazione, d’intesa con i sindacati. Dalla scorsa settimana, però, c’è stata una decisa virata verso gli ammortizzatori. La conta delle richieste di attivazione di cassa con causale Covid-19 è appena all’inizio, ma già ora si può stimare che ai blocchi di partenza di questo difficile momento ci siano domande per più di due milioni di lavoratori. È una stima derivante da una prima ricognizione di quello che sta accadendo negli uffici dei sindacati di alcuni settori, dalla meccanica al tessile al commercio all’edilizia. Lo stesso presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha detto che l’istituto ha ricevuto richieste di cassa integrazione per 1,4 milioni di lavoratori a causa dell’emergenza coronavirus. Ma la situazione si evolve di ora in ora, come spiegano i sindacati di categoria.

Cominciamo dalla Fim, i meccanici della Cisl. A Taranto e Brindisi raccontano di aver ricevuto 515 richieste per 17mila addetti. A Bari 1.156 richieste per 11mila lavoratori: 100 gli accordi già sottoscritti. In Veneto, se nella prima settimana post Protocollo anti Covid tra Governo, imprese e sindacati, erano ferme il 30% delle aziende e lavoravano il 70%, adesso le percentuali si sono ribaltate. Sempre con la Fim Cisl andiamo in altre regioni: in Molise le domande sono 52, i lavoratori 3.800, in Abruzzo le domande più di mille e i lavoratori 30mila. In Emilia Romagna le richieste quasi 4mila, i lavoratori coinvolti 80mila, in Lombardia 7.541 le domande e 212mila i meccanici coinvolti, in Piemonte 3.288 le domande per 91.536 lavoratori, in Toscana oltre 400 aziende hanno fatto richiesta per poco più di 3mila addetti. È un elenco lunghissimo ma già a questo punto ci si può fare un’idea dei numeri.

Luca Trevisan che fa parte della segreteria nazionale della Fiom dice che «la situazione è in evoluzione continua ma siamo sommersi da migliaia di richieste di apertura di cassa integrazione. A mo’ di esempio cito un monitoraggio fatto in Emilia Romagna dove su un campione di 3mila aziende che hanno oltre 180mila addetti, il 70% delle imprese sono ferme, il 20% lavora a marce molto ridotte, il 10% è a ritmi normali». È una fotografia, questa, che rispecchia in larga misura quello che sta avvenendo in molti territori dove le richieste di cassa per Covid-19 si stima che potranno riguardare oltre un milione e 100mila tute blu. «La cassa per Covid-19 è un passo utile ma bisogna accelerare il più possibile i pagamenti diretti da parte dell’Inps. Negli accordi chiediamo l’anticipo del trattamento e condizioni migliorative, ma, soprattutto nelle medie e piccole imprese, ci sono grandi problemi di liquidità. In questo momento, per noi, l’obiettivo prioritario deve essere garantire un reddito ai lavoratori». Reddito che con la cassa sarà comunque più basso, al di sotto dell’80% per chi ha una retribuzione inferiore ai 1.200 euro lordi.

Anche commercio e servizi da settimane sono alle prese con migliaia di domande. Dalla Fisascat spiegano che nella sede centrale sono 3mila le richieste di cassa che arrivano ogni giorno, a cui bisogna aggiungere tutte le richieste dei territori: stiamo parlando di una platea davvero molto vasta di lavoratori. Il segretario generale della Fisascat Cisl, Davide Guarini, spiega che «oltre il 70% del comparto, stiamo parlando di quasi 5 milioni di lavoratori, è fermo. E le aziende stanno inviando le richieste di cassa integrazione, dopo una prima fase in cui, non immaginando che l’emergenza sanitaria si sarebbe protratta così a lungo, hanno fronteggiato lo stop attraverso strumenti contrattuali. Gli ammortizzatori sono una misura utile, ma le risorse stanziate sono poche, troppo poche, così come la durata è troppo breve. Per vedere il riavvio dell’attività ci vorrà tempo, il nostro obiettivo deve essere la conservazione del posto di lavoro». Fabrizio Russo della Filcams Cgil conferma che «la cassa per Covid-19 è uno strumento per fronteggiare questa situazione ma è necessario far sì che i lavoratori non rimangano scoperti. In questa fase nelle aziende, a causa dei problemi di liquidità, è davvero complicato concordare l’anticipo degli ammortizzatori, che non è obbligatoria. Ma non è pensabile che le persone rimangano scoperte per diversi mesi e su questo servono garanzie». Stefano Franzoni, segretario nazionale della Uiltucs,aggiunge che «sono già numerosi gli accordi fatti. Stiamo lavorando in maniera emergenziale, in via telematica e sulla base di accordi che contemplano scelte molto simili, dal principio della rotazione all’anticipo da parte dell’azienda. Un tema molto complesso, su cui registriamo la disponibilità, nei casi di lavoratori in maggiore difficoltà, ad anticipare alcune previsioni come la tredicesima. Dopo l’accordo tra Abi, ministero del Lavoro e sindacati confidiamo che ai lavoratori sia data la possibilità di avere l’anticipo della cassa integrazione».

Passando all’edilizia «i lavoratori interessati dalle richieste di cassa integrazione sono circa 600 mila, ossia quelli iscritti alle casse edili. Ad oggi nei cantieri non lavora più del 5% del totale degli addetti, ossia, in rapporto alle cifre fornite dalle Casse edili, circa 30 mila lavoratori», spiega Stefano Macale, segretario della Filca-Cisl nazionale. Le domande si moltiplicano di ora in ora e non ci vorrà ancora molto per raggiungere la soglia dei 570mila addetti interessati dai provvedimenti di ammortizzatori sociali. Numeri a parte, però, spiega Macale, «è bene assicurare due cose: ai lavoratori impiegati nei pochi cantieri attivi bisogna garantire la massima protezione, perché sulla loro sicurezza non tollereremo scorciatoie o distrazioni da parte delle imprese. Per i lavoratori in cassa integrazione, invece, chiediamo tempi brevissimi per l’erogazione delle somme, grazie anche all’accordo Abi e parti sociali. In questo momento complesso e delicato è necessario dare la certezza del reddito alle famiglie».

La pensa così anche Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec che, insieme alla Filctem e alla Femca rappresenta i settori di chimica, farmaceutica, gomma-plastica, moda, ceramica, energia dove lavorano oltre un milione di addetti. Anche in questi settori, dice Pirani, «stanno arrivando in tutti i territori migliaia di domande di cassa integrazione. Nel mese di marzo possiamo stimare l’apertura di richieste di cassa integrazione per circa 300mila addetti, comprendendo tutto il comparto che rappresentiamo. La chimica e la farmaceutica stanno in gran parte lavorando e sono quindi escluse da questo discorso, ma gli altri settori no». A preoccupare sono soprattutto i prossimi mesi, quelli in cui i lavoratori saranno già in cassa integrazione. «Aprile e maggio saranno molto pesanti - prevede Pirani - e proprio per questo propongo che ai lavoratori venga data la cassa integrazione al 100%. È una misura immediata che impedirebbe la caduta del reddito. Temo problemi sociali che non si può pensare di risolvere con i buoni spesa distribuiti dai Comuni con cui si trasformano i lavoratori in assistiti».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©