Fisco e contabilità

Cassazione: committente responsabile degli infortuni anche durante il sopralluogo

di Francesco Machina Grifeo

Il committente che non verifica l'«idoneità tecnico professionale» dell'impresa edile, risponde anche dell'infortunio occorso durante il "sopralluogo" e quindi ben prima della stipula del contratto di appalto. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza 1° marzo 2017 n. 10014, condannando alla ammenda di 4mila euro, con pena sospesa, per culpa in eligendo, il primo accomandatario di una società a seguito della morte del «preteso titolare» di una ditta edile caduto dal tetto di un capannone industriale durante un sopralluogo.
L'imprenditore si era difeso sostenendo che non era stato siglato alcun contratto di appalto con l'impresa edile e che egli non era neppure presente al momento della visita, che peraltro serviva soltanto a prendere cognizione delle eventuali riparazioni da fare. Inoltre, nessun preventivo era stato fatto, per cui gli era stato attribuita, in via preventiva, una responsabilità che non poteva avere.

Per la Suprema corte però la censura non coglie il punto in quanto il Tribunale di Novara ha fondato la responsabilità non sul supposto perfezionamento di un contratto di appalto, ma sulla «mancata verifica dell'idoneità tecnico professionale dell'impresa», dal momento che il rappresentante legale della società aveva comunque consentito ad «effettuare il sopralluogo presso la struttura danneggiata salendo sul tetto».

L'articolo 15 del Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro (Dlgs 81/2008), infatti, «pone carico del committente, sin dalla fase di progettazione dell'opera e delle conseguenti scelte tecniche, specifiche cautele prescritte, fra cui la verifica nell'ipotesi di cantieri temporanei dell'idoneità tecnico professionale dell'impresa affidataria, la quale implica l'iscrizione di quest'ultima alla Camera di Commercio e l'autocertificazione in ordine al possesso dei requisiti previsti dalla normativa di settore». Requisiti mancanti nel caso specifico dato che la ditta non era più attiva dal 2009 e l'attività di artigiano edile del supposto titolare era cessata addirittura nel 2003. Mentre, prosegue la sentenza, la verifica dei titoli di idoneità prescritti dalla legge «configura adempimento preliminare da parte del committente», da farsi dunque ancora prima della verifica sul campo delle concrete capacità di portare a compimento i lavori commissionati.

Da ciò discende, conclude la sentenza, che per far scattare la responsabilità del committente «non è affatto necessario il perfezionamento di un contratto di appalto, sia perché trattasi di adempimenti preliminari alla successiva fase della stipula, sia perché la norma in esame non contempla tale figura contrattuale ben potendo la commissione esaurirsi in una mera prestazione d'opera, quale è certamente il sopralluogo sul tetto ai fini della verifica dei lavori necessari, alla quale devono comunque presiedere le cautele previste».

La sentenza della Corte di Cassazione

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