Fisco e contabilità

Contributo integrativo Inarcassa: l'Oice dà l'indicazione di non pagare

di Giuseppe Latour

L'Oice dà indicazione di non pagare il contributo integrativo. L'associazione aderente a Confindustria, che riunisce le società di ingegneria e di architettura italiane, risponde con una nota alla presa di posizione delle Casse delle professioni tecniche (Inarcassa in testa), che giovedì scorso hanno chiesto al Governo di correggere la linea dettata dal Codice appalti, nella parte in cui elimina per le società l'obbligo di versare il 4 per cento. I toni sono pacati ma la sostanza sarà dura da digerire per i bilanci delle Casse: la linea è non pagare quell'obolo che vale circa 50 milioni di euro ogni anno.

«Non possiamo che prendere atto - spiega il presidente dell'Oice, Gabriele Scicolone - della scelta del legislatore delegato di non riproporre il contributo introdotto nel 1998». Tradotto: in mancanza di un obbligo di legge che costringe le società a pagare, non c'è motivo di farlo.

«Non vogliamo entrare nel merito delle ragioni che hanno spinto il Governo a muoversi in tal senso – prosegue Scicolone -. Potrebbero anche essere legate al fatto che si tratta di una contribuzione in alcuni casi riguardante quelle attività non esclusivamente professionali che spesso le nostre società rendono a committenti pubblici e privati, nonché al fatto che le società hanno al loro interno dipendenti Inps non iscritti agli albi professionali».

Il mancato versamento del contributo risolve alcune difficoltà storiche delle società. «Come è noto – dice ancora il presidente - le società di ingegneria operano praticamente come sostituto d'imposta, ricevendo dal committente il 4% e poi versandolo alla Cassa. In questi ultimi anni abbiamo dovuto risolvere problemi relativi all'applicazione all'estero (non dovuta)».

Sul punto è ormai pacifico che il contributo non va più pagato. Mentre resta il problema dei collaboratori. «Abbiamo subito la scelta di anticipare il 4% ai collaboratori delle nostre società senza potere richiedere fatture con esenzione del contributo, accollandoci quindi il rischio sul mancato pagamento da parte del committente. Per noi è essenziale la certezza delle regole e del pagamento del contributo, soprattutto quando il committente è privato, e in questo momento molto difficile per le nostre società ci sembra iniquo anche rischiare l'eventuale mancato pagamento». Quindi, in assenza di una previsione di legge, non pagare è la soluzione migliore.

Ma il presidente dell'Oice mette in evidenza un altro aspetto: «Le Casse delle professioni tecniche hanno fatto riferimento alla necessità di ipotetiche autorizzazioni ad operare come società di ingegneria e a forme di vigilanza sulle nostre attività. Ci pare che queste richieste siano innanzitutto improprie». Si tratta di una risposta al passaggio nel quale le Casse auspicano la creazione di un casellario delle società di ingegneria, per potenziare la vigilanza.

«Mi risulta – dice ancora Scicolone - che nessuno possa autorizzare una impresa ad operare sul mercato quando esiste già una norma che le consente di costituirsi e di svolgere determinate attività. Così è da 20 anni visto che le società sono iscritte al casellario Anac, rendono all'Autorità comunicazioni periodiche, sono sanzionabili se non le inviano entro i termini prescritti e se tali comunicazioni non sono rispondenti al vero. Quindi la vigilanza già c'è e l'autorizzazione non ha senso di esistere». Ma, soprattutto, «esula dalle competenze delle Casse chiedere vigilanza sul nostro settore perché già esiste l'Anac, con la quale d'altronde collaborano da anni».

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