Fisco e contabilità

Scelta dei Ctu, punito il giudici che non rispetta l'obbligo di rotazione degli incarichi

di Patrizia Maciocchi

Perde un anno di anzianità il giudice che concentra gli incarichi su due o tre consulenti d’ufficio, senza rispettare il criterio della rotazione. Le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 10157, respingono il ricorso di una toga contro la sentenza del Consiglio superiore della magistratura che aveva punito la violazione dell’obbligo di trasparenza nella trattazione degli affari. L’accusa era di aver “selezionato” una rosa ristretta professionisti ai quali affidare numerosi incarichi in tema di controversie previdenziali. Scelte fatte malgrado la “preferenza” non fosse sfuggita al presidente del Tribunale, che aveva invitato la toga, per ben due anni, a rispettare la rotazione.

Lo stesso presidente aveva sollevato il problema anche in una nota dalla quale emergeva che più del 50% degli incarichi erano stati assegnati a due soli professionisti. Il ricorrente aveva conferito ad una consulente 105 incarichi e ad un altro 71: pari rispettivamente al 24% e al 16% del totale. Il giudice incolpato aveva sottolineato nella sua difesa che il limite del 10%, indicato come tetto di assegnazione degli incarichi, dall’articolo 23 delle disposizioni attuative del Codice civile, doveva essere riferito ai mandati conferiti dall’intero ufficio giudiziario. Una lettura corretta, ma che non serve a scongiurare l’illecito.

La norma in questione prevede che il presidente del Tribunale vigili affinché gli incarichi siano distribuiti equamente tra gli iscritti all’albo, senza danno per l’amministrazione della giustizia, «in modo tale che a nessuno dei consulenti iscritti possano essere conferiti incarichi in misura superiore al 10 per 100 di quelli affidati dall’ufficio». Sarà sempre il presidente a garantire che sia assicurata l’adeguata trasparenza nell’assegnazione degli incarichi anche attraverso gli strumenti informatici.

I giudici sottolineano che la regola fondamentale della norma esaminata è nella frase «gli incarichi siano equamente distribuiti tra gli iscritti all’albo». La successiva precisazione, relativa al limite del 10% (introdotta dall’articolo 52 della legge 69/2009), è un criterio che deve essere applicato dal presidente del Tribunale in relazione a tutti gli incarichi complessivi, conferiti da tutti i magistrati dell’ufficio ad un singolo consulente. Solo il presidente è, infatti, nella condizione di avere cognizione dell’insieme dei “lavori” attribuiti ad un consulente e, in caso di superamento del tetto, può invitare le toghe dell’ufficio ad astenersi da ulteriori nomine. In tal senso - precisa il collegio - è condivisibile l’interpretazione del ricorrente, ma questo non significa che i suoi motivi siano fondati.

Correttamente la sentenza impugnata ha escluso che il limite del 10%, nell’ipotesi esaminata, fosse applicabile agli incarichi conferiti dai singoli magistrati. È ovvio, infatti, che nei tribunali di dimensioni medio-grandi la percentuale fissata sarebbe talmente alta, che ogni giudice potrebbe concentrare gli incarichi su un unico consulente senza mai raggiungerla. Il criterio corretto è dunque nell’«equa distribuzione degli incarichi che fa in ogni caso capo ai singoli magistrati e che non è suscettibile di una predeterminazione numerica o percentuale, dovendosene di caso in caso verificare la violazione». La prova è che nel capo di incolpazione non si fa alcun rifermento al tetto del 10%, ma solo alla mancata osservazione del principio di rotazione in violazione del dovere di correttezza e diligenza.

Il problema esaminato dalla Cassazione è sentito dal Csm, che il 4 maggio scorso ha approvato le linee guida sul punto (si veda Il Sole 24 Ore del 5 maggio 2016), in base alle quali lo stesso professionista non potrà ricevere più del 10% degli incarichi. La settima sezione dell’organo di autogoverno dei giudici (relatore Francesco Cananzi) ha però chiarito che la nozione di ufficio è flessibile: se in questa rientra il Tribunale, nelle sedi più ampie è evidente che il limite è nei fatti privo di conseguenze.

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