Fisco e contabilità

Perizie tecniche/1: con la legge fallimenti taglio ai compensi dei Ctu per le stime sui beni da mettere all'asta

di Giuseppe Latour

Ennesimo colpo ai professionisti che effettuano consulenze tecniche in tribunale. La denuncia arriva dal Consiglio nazionale degli ingegneri e dal suo presidente, Armando Zambrano. Con una modifica entrata in vigore in sordina, il 21 agosto, il decreto legge n. 83/2015 in materia fallimentare (si vedano servizio e testo, e l'approfondimento normativo) rivede le regole sui compensi dei professionisti che si occupano di stimare i beni oggetto di pignoramento. Le loro parcelle saranno commisurate al prezzo di vendita effettiva (e non di stima) e potranno essere liquidate solo una volta che l'immobile sia stato effettivamente ceduto. Due clausole capestro che rischiano di penalizzare pesantemente i Ctu.

Il problema nasce dall'ultima riforma in materia di fallimenti, il decreto n. 83 del 2015, convertito dalla legge n. 132 del 6 agosto 2015. Il provvedimento, entrato in vigore lo scorso 21 agosto, all'articolo 14 integra le disposizioni attuative del Codice di procedura civile in materia di beni da pignorare e prevede che «il compenso dell'esperto o dello stimatore nominato dal giudice o dall'ufficiale giudiziario è calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita».
Inoltre, prima della vendita «non possono essere liquidati acconti in misura superiore al cinquanta per cento del compenso calcolato sulla base del valore di stima».

Quindi, la norma agisce su due elementi: l'ammontare dei compensi e il tempo del pagamento effettivo.

«Si tratta – sostiene Zambrano - di misure gravemente penalizzanti per i professionisti esperti chiamati a effettuare le valutazioni degli immobili pignorati».
Il primo motivo è che «dal momento della stima possono passare anche molti anni prima che il bene sia effettivamente venduto. Il che comporta un inaccettabile rinvio del pagamento dei compensi dovuti al professionista per la prestazione erogata».

Ma non è la sola questione. Ancora il presidente del Consiglio nazionale ingegneri: «Per molteplici ragioni, capita che i beni pignorati siano venduti a cifre più basse rispetto a quelle stimate, ciò determinerà un grave danno economico per i professionisti». Questi saranno obbligati per legge a partecipare al rischio che deriva dal processo di vendita che, secondo il Cni, dovrebbe invece restare esclusivamente a carico della società che fallisce.
Dice Zambrano: «Per fare un esempio, è come se si chiedesse a un meccanico che ha riparato un'auto di attendere la vendita della vettura per il saldo del pagamento, condizionando il suo compenso non al costo dei ricambi e della manodopera ma al prezzo dell'ipotetica vendita. Quale meccanico sarebbe così folle da accettare?».

Il meccanismo del compenso differito porta, poi, una conseguenza paradossale: «Poiché la legge prevede la possibilità di liquidare all'esperto fino al 50% delle sue spettanze sulla base del valore di stima, nel caso il cui, per mutate condizioni di mercato o per altre ragioni, il bene fosse venduto ad una cifra significativamente inferiore rispetto al valore stimato, questi si vedrebbe costretto, magari a distanza di anni, a restituire una parte del compenso ricevuto. Oltre al danno, la beffa».

La protesta degli ingegneri è partita già da qualche giorno, ma i segnali che arrivano dall'esecutivo non sono positivi. «Il Governo non mi pare intenzionato a recedere dai suoi propositi – dice Zambrano -. Noi, comunque, chiediamo un intervento del ministero dell'Economia, che sta evidentemente cercando di tutelare le banche, che oggi hanno difficoltà in fase di vendita degli immobili. Sono loro ad essere solitamente responsabili delle perizie. Anche gli interessi dei professionisti, però, vanno tenuti in considerazione». Una risposta in questo senso potrebbe arrivare dall'aggiornamento delle tariffe dei Ctu.

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